Capitolo 23 "conversazione con l'anima."

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Dylan's p.o.v.
Non aveva risposto alla sua domanda, se n'era semplicemente andata via, senza commentare su quello che aveva origliato, e Dylan rimase lì sul pavimento, a ridere della preoccupazione della ragazza per la macchia sul muro. Era ironico. L'unica cosa che il ragazzo avrebbe potuto lasciare in ricordo di se stesso in quella casa era una macchia di sangue sulla parete. Non sarebbe mai riuscito a cambiare per lei, non l'avrebbe mai conquistata.

Lui non era importante, era solo una misera e fastidiosa macchia sul muro.

Tutto il suo sforzo si sarebbe presto rivelato vano. L'ultima possibilità era la partita di venerdì. Lì le avrebbe rivelato tutto. Non sarebbe riuscito a fare altrimenti.

Il suo piano iniziale era quello di disintegrare il mondo intorno a lei, spegnere ogni stella dell'universo, così da obbligarla a nascondersi tra le sue braccia, incapace di affrontare il buio con il quale lui aveva preso dimestichezza.

Sarebbe arrivato fino in fondo a questa faccenda, ma con ogni secondo che passava, le stelle che per il momento era riuscito a spegnere si stavano riaccendendo una ad una, e la loro luce stava attraversando le sue palpebre chiuse, ed egli stava strisciando lentamente in un buco nero per allontanarsi da quell'oceano luminoso.

A poco a poco, i ruoli si stavano invertendo... Dylan prima o poi avrebbe cercato il conforto delle braccia di Wend.

Il ragazzo si alzò dal pavimento e si chiuse in bagno, posò i palmi delle mani sul lavandino e liberò un profondo respiro. Alzò lo sguardo e si trovò davanti due occhi tenebrosi che lo stavano scrutando.
"Dov'è finita la tua passione per quella ragazza?"
Dylan balzò sbigottito.
Era passato tanto tempo dall'ultima volta che il suo demone gli aveva parlato.
"Non è passione, è ossessione. Lo sai." Dylan cercò di distogliere lo sguardo.
"Non dovresti essere qui." Diceva il riflesso.
"Lo so." Sibilò il ragazzo, stringendo i bordi del lavandino.
"Vuoi lasciare tutto? Proprio adesso che siamo vicini al traguardo?"
"Non siamo vicini a niente! Wendy non potrebbe capire tutte le mie azioni... Sinceramente non le comprendo neanch'io..."
"Stupido!" Sillabò il mostro che era la sua anima "Noi agiamo per amore." Putrida, disgustosa anima continuava a pensare Dylan "Perché non vogliamo stare soli, abbiamo vissuto sempre nella solitudine, ora possiamo farci amare..." "BASTA." Tirò un pugno sullo specchio, frantumandolo in mille pezzi che si sparsero sul pavimento. Continuava a vederlo in ogni scheggia, poteva vedere il suo ghigno, i suoi occhi infossati... Dylan iniziò a calpestare quello che restava dello specchio, ignorando il dolore pungente che il vetro gli provocava graffiandogli i piedi nudi. Lacrime ardenti gli attraversavano le guance mentre lui si buttava di peso sulle ginocchia.
Sentì la voce di Wendy urlare il suo nome da dietro la porta. La maniglia saltava su e giù ma la chiave rimaneva ferma, in attesa di aprire la serratura. Dylan non aveva le forze per avvicinarsi a quella chiave... Abbassò lo sguardo sulle sue mani, dalle quali spiccavano delle schegge che davano il libero passaggio al sangue.
Wendy tirava pugni sull'anta della porta e continuava a chiamarlo, ma Dylan non aveva il coraggio di alzarsi, o di rispondere, dalla sua bocca fuoriuscivano solo singhiozzi.
Come poteva definire quello amore? I demoni non conoscono neanche il significato di questa parola. Anche Dylan non la conosceva, ma sapeva che tutto quello che aveva fatto non era amore... E si vergognava... Si vergognava di nascondere quel mostro dentro di sé, si vergognava di esistere... Dylan era solo un errore... Lo era sempre stato...

La porta si spalancò, e non si sentì più la voce della ragazza. Dylan non aveva il coraggio di guardarle il volto. Codardo. Sentì di nuovo il suo demone, e le lacrime ricominciarono a scendere.
Delle braccia esili avvolsero il suo corpo immobile. Non poteva ricambiare l'abbraccio, le avrebbe sporcato il pigiama azzurro... Avrebbe macchiato la sua anima candida. Dylan non aveva intenzione di perdere l'ultimo briciolo di purezza che era riuscito a trovare in quel mondo. Voleva egoisticamente tenerlo per sé.

"Scusa." Riuscì a sussurrare lentamente.
"Non ti preoccupare, era solo uno specchio." Rispose lei.
Ma Dylan non si riferiva a quello, il quale era fiero di aver distrutto, ma a tutto ciò che avrebbe travolto quella ragazza. Doveva scusarsi per ciò che sarebbe ben presto arrivato, perché dopo non ci sarebbe stato il tempo per farlo.

Dopo un . C'è sempre un inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora