Ora tutto mi era nuovo... La sveglia del mio Iphone non mi augurava più il buongiorno con quella voce squillante e ripetitiva, in attesa di essere placata... Ogni mattino, quando i miei occhi venivano accarezzati dai lievi raggi solari intrufolati nella stanza, trovavo Peter steso sul letto ad ammirarmi come quando un'ostrica schiude le sue valve scoprendo la sua preziosa perla... Suppongo che per Peter ero diventata quella perla, piccola, leggera, pallida... E mi teneva tra le mani, con il timore di farmi cadere...
Era da un mese che abitavo con Peter Jones, e in trenta giorni sono riuscita a pronunciare così tanti addio... Il primo, l'ho dedicato alla mia casa, nel momento in cui veniva demolita, l'ho salutata con uno sguardo... Perché gli occhi possono parlare molto di più delle labbra... Ed osservavo le mura che crollavano sotto la luce del sole, sentii il loro ultimo respiro, uno sbuffo di polvere che salì in alto come per aggrapparsi alle nuvole, come per cercare aiuto... Rividi quella bambina giocare con il padre sotto quell'albero ormai decapitato... Ascoltai le loro risate, vidi i loro sorrisi... Ma l'immagine scomparì quando l'odore delle macerie mi avvolse i polmoni, come per strozzarli, come per implorarli... Incominciai a tossire, mentre la tela del cielo si pitturava di scuro, mentre Peter mi trascinava dentro la sua macchina, mentre il mio volto veniva rigato da fredde lacrime, mentre il mondo andava avanti, senza importarsi delle richieste d'aiuto di quei ricordi distrutti.
Il secondo addio lo pronunciai al disprezzo, all'odio e all'orgoglio... In seguito perdonai Ethalyn... Mia madre.
Salutai per l'ultima volta anche il mio cognome, accogliendo quello che mi aveva forse obbligato a lasciare tutto, o forse salvato dal passato che mi avrebbe potuto distruggere.
Mi chiamo Wend Jones, e vivo con la consapevolezza che verrà un giorno in cui tutto questo verrà dimenticato, come la gomma che cancella uno scarabocchio. Vivo sapendo che vi sarà per sempre il tratto della matita marcato su quel foglio bianco. Vivo nella conoscenza che tutto quello che nasce dovrà prima o poi morire. Vivo perché so che dopo la morte vi è il ricordo. Vivo per poter essere ricordata il più possibile. Vivo perché Qualcuno l'ha voluto. Vivo perché voglio vivere. Vivo perché ho scelto di "essere".
Era il trentunesimo giorno di quella nuova me, mi trovavo davanti a quella porta di legno che portava all'interno dell'aula di psicologia. Rimasi lì davanti per una manciata di minuti, la mano serrata alla maniglia, come per paura che quest'ultima potesse scappare, riempii d'aria i polmoni ed entrai, e svuotando quest'ultimi esclamai "Buongiorno Professore". Attirai l'attenzione di tutti gli studenti, di Newin e persino degli uccellini che si erano appoggiati su un ramo davanti alla finestra. Raggiunsi il mio banco in seconda fila, e salutai Jessica. Mio Dio quanto era cambiata quella ragazza ... I suoi capelli color limone erano ormai di un rosso sangue, sul polso pallido come la neve in pieno inverno vi era tatuata una rondine in volo, e quest'uccello si era portato con se la timidezza, l'ingenuità e la semplicità di Jessy. Il suo sguardo era concentrato sullo schermo del suo telefono, mi salutò allontanando per un istante la mano dal cellulare e agitandola. Era passata una settimana da quando Michael Williams le chiese di essere la sua ragazza, passavano tutto il tempo libero insieme come incapaci di staccarsi l'uno dall'altra, e durante le ore scolastiche si scrivevano messaggi del tipo "mi manchi" o "ti amerò per sempre" oppure "sei la luce dei miei occhi". Ed è così che trascorsi quella giornata: ore ad ascoltare professori, cercare di iniziare un discorso con la ragazza innamorata e a rimanere in attesa dell'assordante ma meraviglioso suono della campanella.
Finite le lezioni, il gregge era pronto ad uscire dal recinto.
Mentre percorrevo il corridoio, con al mio fianco Jessy, sentii dei passi che si distinsero da quelli degli altri studenti, erano dei passi pesanti, veloci, e poi... Sentii la fredda mattonella a contatto con la mia guancia. Mi rimisi in piedi, a pochi centimetri da me un ragazzo dai capelli color del legno e occhi come il ghiaccio teneva in mano il mio zaino e sfoggiava un sorriso imbarazzato "Scusami, non ti avevo vista, tutto bene?" Ok, va bene che non ero della sua stessa altezza, ma non notarmi era alquanto impossibile! Mi limitai ad annuire con la testa mentre rimettevo in spalla lo zaino, e così se ne andò salutandomi con un cenno della mano "Scusami ancora!".
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Dopo un . C'è sempre un inizio
RomanceOgni essere vivente ha paura. C'è chi ha paura dei fulmini, chi dei ragni, chi del fuoco, chi del buio... Lei ha paura del suo passato. Lei ha paura delle ombre che non appartengono più a nessuno. Ombre che segretamente la perseguitano, la amano...