Capitolo 24 "anche un demone piange."

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Passai un'ora a togliere le schegge di vetro dalle mani di Dylan.
Peter ogni tanto si affacciava sul bagno e se ne andava in camera sua sbuffando.
Dylan per tutto il tempo non aveva accennato una sola parola, neanche un lamento per il dolore. Teneva lo sguardo fisso sulle ferite, come se si aspettasse che da un momento all'altro potessero scomparire.

Era mercoledì, e, per colpa dell'incidente dello specchio, riuscii ad entrare in classe alla seconda ora, ricevendo una ramanzina dalla professoressa Harrison.

Io e Jessica stavamo chiacchierando in cortile quando ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse osservando.

Accanto al palo della luce, al quale un tempo legavo la mia bici, un ragazzo con le mani fasciate mi fissava.

"Dylan?" Lo chiamai ad alta voce. Lui non si mosse.

Quando mi avvicinai notai i suoi occhi arrossati "Dylan stai bene? Ti fanno male le ferite?" Lui in risposta scosse la testa e in uno scatto fulmineo contornò il mio viso con le sue mani e mi baciò.
Non lo fermai.

La garza sulle sue mani mi pizzicava le guance.
Non cercai di allontanarmi e lui intensificò il bacio.
"Sono un codardo..." Disse, riprendendo fiato e appoggiando delicatamente la sua fronte sulla mia "Dovresti odiarmi..." Liberò il mio volto dalle sue mani e fece un passo indietro, puntando lo sguardo oltre le mie spalle.
Mi voltai, e vidi Peter con i pugni serrati lungo i fianchi.

"DIGLIELO." Urlò. "DIGLI QUANTO È MALATA LA TUA MENTE."
Portai l'attenzione su Dylan. Le lacrime avevano ricominciato a scivolare via dai suoi occhi. "Di che sta parlando?" Lui rimase a fissarmi. Notai la vena pulsante sul suo collo. Cercava di trattenere i singhiozzi.
"Se non lo farai tu, lo farò io!" Minacciò il ragazzo biondo, tenendosi ad una certa distanza da me e suo fratello.
"Sai perché non ti ho mai parlato di lui, Wendy? Perché lui è la foglia marcia dell'albero genealogico della famiglia Jones." Disse puntando il dito contro Dylan. "Mio padre l'ha spedito in manicomio dopo aver saputo che il suo adorato figlio aveva ucciso un uomo!" "È stato un incidente!" Ribatté Dylan. "Che cosa?" Esclamai io. "E poi quando questo assassino è uscito, ha ucciso Evan Jenkins. Ma mio padre lo ha sempre protetto. E tu, Wendy" "ZITTO." Sbraitò Dylan "Tu sei il suo giocattolo preferito." "Ti ho detto si stare zitto!" Dylan annullò la distanza che ci separava e sferrò un pugno in faccia al fratello.
Peter si accasciò a terra. Corsi istintivamente verso di lui, ma quando cercai di aiutarlo a rialzarsi, lui mi allontanò con il braccio "Non toccarmi. Vi meritate a vicenda."
Dylan portò le mani tra i capelli e le chiuse in due pugni.
Quando voltò la testa verso di me cercò di studiare la mia espressione "Odiami." Disse con tono implorante "È la più lieve delle punizioni che so di non meritarmi, ma che desidero."
"Io sarei il tuo giocattolo?" La mia voce tremava. "No... Cioè si... Voglio dire che..." Si avvicinò a me, ma lo respinsi con le poche forze che avevo. "Peter ha ragione, Wend. Sono un pazzo. E so che non vuoi sentire le mie giustificazioni. Non ci sono scuse per ciò che ho fatto.
Il mio più grande errore è stato piombare nella tua vita."
"Smettila con le smancerie! Prendi quel briciolo di dignità che ti rimane e vattene!" Urlò Peter.
Dylan non fece caso a ciò che continuava a sbraitare il fratello. Teneva gli occhi ancorati ai miei, come un cane che aspetta l'ordine dal suo adorato padrone.
"In pochi giorni sei riuscito a scombussolare la mia vita." Sussurrai.
"No Wend, ho iniziato a scombussolarti la vita dal primo momento che ti ho visto."

Non ci fu un addio. Lui si voltò semplicemente e se ne andò.

Io non lo seguii.

Dopo un . C'è sempre un inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora