6. Infedeltà

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In questi ultimi giorni ho smesso di aprire l'ufficio. Ho già abbastanza lavoro, non ho bisogno di ricevere altre richieste: devo chiudere due pratiche facili, un dipendente e una moglie, sospettati infedeli entrambi.

La cosa che mi incuriosisce è che sono giovani, molto giovani. La ragazza è sposata da qualche mese e l'impiegato è stato assunto da meno di un anno da una società di sviluppo software.
Ma non sto a chiedermi il perché la gente fa le cose, piuttosto devo trovarne le prove.

È ora di pranzo, da un paio di settimane vengo a mangiare in un baretto d'angolo di un quartiere d'uffici. Prendo un panino e vado a sedermi su un trespolo in fondo al bancone: qualche minuto dopo arrivano a gruppetti i dipendenti in pausa pranzo.
Eccolo, il ragazzo biondo entra e si siede a un tavolo qua vicino. I suoi colleghi vanno da tutt'altra parte, lui viene qua da solo.

Sto sfogliando i social della giovane donna appena sposata. Devo riuscire a capire chi è e chi sono i suoi amici: è ancora giovane, quindi userà Instagram oltre al Facebook ufficiale. Magari con un nickname di fantasia, ma non l'ha dichiarato nelle sue info. Allora identifico alcune amiche che mettono sempre un like sotto i suoi post su fb, per vedere di tracciarle anche nell'altro social.

Il ragazzo fa già per andarsene senza passare dalla cassa: mi alzo e vado vicino al suo tavolo. C'è un piattino con un biglietto da dieci euro tenuto fermo da una chiavetta usb. La cameriera passa e ritira tutto, sotto i miei occhi che continuano a seguirla mentre torna dietro al bancone.

Riprendo il mio posto e continuo a cercare fra le amiche della novella sposa. Trovo finalmente qualche foto del matrimonio e taggato scopro l'alias di lei. Sul suo profilo Instagram ci sono molte foto, soprattutto di piatti e di gatti, ma le sfoglio una per una.

Pazienza, mi dicevo quando ero infiltrato e non riuscivo a raccogliere prove sufficienti: Caccamo era contento che prevenissimo i reati più pesanti, tipo le vendette con chi si rifiutava di pagare il pizzo o le consegne più grosse di roba in arrivo dal mare. Tutto veniva organizzato come se fossero colpi di fortuna delle forze dell'ordine e nessuno sospettava e il tempo passava.

Mentre guardo le singole foto dell'account Instagram ne individuo alcune prese in zona piazzale Maciachini, almeno così sembra da alcuni gazebo marroni caratteristici sullo sfondo. Sarei dovuto andare a fare un giro, ma intanto la chiavetta dell'informatico è nelle mani della cameriera. Speriamo di non dover attendere la fine del turno.

Le lunghe attese: quando ero a Palermo mi toccava spesso fare il palo all'angolo del quartiere, e a passare lì i pomeriggi interi e a volte le nottate, soprattutto i primi tempi. Mi ricordo che nonostante facessi il burbero e non dessi confidenza a nessuno, c'era una banda di ragazzini che continuava a prendermi di mira. All'inizio pensavo fosse una prova dei capicosca, ma erano troppo dei lazzaroni, ragazzi di strada per essere importanti, quindi li lasciavo stare per i fatti loro. Attendevo e aspettavo, quando arrivava una volante o la solita auto civetta facevo uno squillo e poi riattendevo.

I ragazzetti ridevano e facevano come al solito capannello nel marciapiede di fronte. Un giorno che venivano su a prendermi uno dei due scese dalla macchina, un po' a fatica perché il tipo in questione era grande e grosso, e mi guardò male:
- Ti fai pigghiari po culu?
Io non feci in tempo a rispondere: lui incredibilmente per la sua massa, si mosse velocemente e in due passi si trovò addosso ai ragazzetti. Poi con la sua mano dalle dimensioni di un prosciutto fece segno di dare una sberla a uno di loro, che sparì all'istante per non rischiare di volare per diversi metri.

Era Santino, detto 'a muntagna.

Il patto del BorsalinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora