21. C'è sempre una fine

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È finita, inutile rimuginare sul perché delle cose, niente dura per sempre, anche le più belle finiscono

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È finita, inutile rimuginare sul perché delle cose, niente dura per sempre, anche le più belle finiscono. Così penso mentre metto a testa in giù la bottiglia tonda dello Zacapa XO, ma a parte qualche ultima goccia il bicchiere di rum resta solo a metà.

Ma posso comunque considerarlo mezzo pieno, mi dico, mentre faccio dei piccoli movimenti circolari per provare a sentire meglio il profumo, l'aroma del liquore prima di portarlo alla bocca.

Oggi l'ispettore Visconti si è mostrato sconvolto non tanto dalla notizia riportata, quando dal fatto che il figlio non si fosse fidato di lui.
- È maggiorenne, ha reagito come un adulto - gli ho detto per confortarlo.
- Ma se fino all'altro ieri passava le giornate in camera a giocare alla play.

- In fondo dovrebbe essere contento, nel momento della difficoltà non si è perso d'animo - mi sentivo convincente.
- Si, ma poteva chiamare anche solo per confidarsi. Sua madre è sconvolta che non le abbia detto niente, lei non lo aveva mai lasciato solo, neanche nei momenti più difficili - in realtà avevo l'impressione che l'ispettore parlasse di sé stesso.

- Lo so, sono momenti di cambiamento in cui i ragazzi decidono da soli sulla loro vita, e diventano adulti.
- Se sopravvivono - la sua risposta era troppo caustica per ribattere.

- Cambiando argomento, ho ricevuto la comunicazione dal detective di New York.
Allargai le braccia, non sapevo quanto nei dettagli fossero entrati.

Quella mattina, l'ultima passata a Brooklyn, ci siamo alzati presto e con due donut per colazione, il mio ricoperto di glassa al cioccolato e un sacco di puntini colorati, quello di Tina integrale e senza nessuna traccia di zuccheri, abbiamo fatto una passeggiata fra gli sbuffi di vapore che scappava dai tombini, fino a raggiungere il punto concordato. Da lì avevamo chiamato la polizia dicendo di aver trovato la moto usata nella sparatoria e chiedendo espressamente di McCoy.

Lui è arrivato subito con la sua vettura d'ordinanza, tutto rosso in viso e la divisa stazzonata come non mai. Teneva un bicchierone da asporto in mano, e da come lo agitava schizzava caffè dal beccuccio tutto intorno. Evidentemente l'avevamo svegliato presto, ma quello era il suo quartiere e gli toccava.

La moto era sistemata in un angolo un po' nascosto di un parcheggio multi piano in centro.
- Come fate a dire che è quella giusta? - ci ha detto dubbioso. Ci è girato attorno, senza vedere niente di interessante, allargando le braccia.
Tina ha risposto, con un sorriso di convenienza:
- Perché l'ho vista, aveva questo sbrego sotto il serbatoio e l'adesivo rosso sul frontalino.
Al che ho aggiunto:
- Basterà guardare gli ingressi del parcheggio per scoprire i killer, qua è pieno di telecamere.

Lui ha soppesato le parole. Poi, anche se si vedeva fosse un po' nervoso, aveva finto calma e fatto una chiamata col telefono. Solo uno squillo, senza parlare: evidentemente aveva già preavvisato qualcuno.
- Adesso arriveranno gli altri agenti e vedremo cosa fare.

Si è messo a gambe larghe dicendo, con un tono mellifluo:
- Spiegatemi. Non mi sembra possibile che lei abbia visto quei particolari in un tempo così breve. Ne è proprio sicura?
Tina non aveva risposto, così lui aveva ripreso a parlare:
- Testimoniare non è una cosa da prendere alla leggera. Soprattutto se non si è proprio sicuri. Potrebbe far male alla salute.

Il patto del BorsalinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora