PIECE OF MY HEART (Niccolò)

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--Stasera vengo da te? -- Mi scrive Elena.

Guardo queste quattro parole e per la prima volta non so cosa rispondere per cui metto via il telefono.

--???-- ancora lei, dopo circa un paio di ore.

A breve la vedrò in palestra, e non potrò più risponderle, per cui insiste.

-- Questa sera no principessa. Devo risolvere una cosa -- e non alludo a prendere appuntamenti in seguito, perché oggi ho proprio la testa da un'altra parte.

Spengo il pc, percorro il lungo corridoio dell'ufficio al secondo piano, passo davanti alla sala meeting dove mio padre è intento a negoziare un nuovo accordo commerciale e vado verso l'uscita.

La sua segretaria mi ferma appena prima di prendere la porta.

«Signorino?...» mi chiama come al solito.

«No! No! NO! Per favore Costanza, mi chiami Niccolò, non siamo mica i Savoia cazzo!» Mi irrita profondamente il suo modo di parlarmi, è servile e rigida. Pare uscita da un film anni Venti. Con lei l'emancipazione femminile va a farsi fottere.

«Niccolò!» sento la voce dirompente di mio padre che mi rimprovera e la sua figura maestosa che entra in scena.

«Porta rispetto per la sig.ra Cosimo e chiedi scusa immediatamente!» dice, come se avessi sette anni.

Quando la combo lavorativa, "papà – assistente di papà", si unisce, io torno praticamente alle elementari e non so perché ma acquisto anche un titolo desueto.

Mi sento come il protagonista di uno di quei film tristi, dove il principino è solo, incompreso, vessato continuamente. Poi, mi ricordo che io non sono affatto uno sfigato, che ho una "famiglia" tutta mia, un appartamento grande come il bagno dei miei genitori ed una ragazza che sembra uscita da un porno giapponese. In pochi attimi torno a sentirmi un re e quello che mi devono dire mi scivola via, come la mia moto sull'asfalto della tangenziale.

«Domani mattina abbiamo una visita ispettiva. Ti voglio pulito, elegante e puntuale. Anzi, meglio in anticipo, così Costanza ha il tempo di rimediare al tuo naturale stile trasandato» dice storcendo il naso, mentre mi osserva dall'alto in basso. Arriccia il naso, insoddisfatto di quanto ha esaminato e se ne va a passi lunghi.

«Io volevo avvisarla, ma il Direttore mi ha anticipato. Ha bisogno che le porti una camicia stirata? Di che colore la preferisce? Ho un kit per queste situazioni acquistato da sua madre. Si assicuri di fare una doccia e metta dei calzini di cotone sottile, magari blu notte.»

L'ascolto rassegnato al fatto che mi considerano davvero un coglione. Mi piacerebbe poter dire di essere stupito da tutto ciò, ma è quanto mi aspetta ogni volta che qualcosa di importante sta per accadere in azienda.

Non si fidano di me, neanche per quanto riguarda l'outfit, figuriamoci se potrò mai avere un minimo di credibilità sul lavoro che svolgo!

La verità è che non me ne frega un cazzo di quello che pensa mio padre. È un uomo cresciuto in collegio in un'altra epoca. Un imprenditore convinto che per avere successo nella vita devi sacrificare tutto, anche la tua felicità, per sino il tuo dolore.

Voglio essere anni luce lontano da lui.

Non crescerò mai così.

Io sono libero e sono vivo.

Lavoro nell'impresa di famiglia per comodità e perché non sono così stronzo da abbandonarli completamente. Essere qui mi aiuta a non dover andare a casa. Essere qui placa in parte i miei sensi di colpa. Se questo lavoro deve essere la mia punizione, l'accetto.

«Costanza, faccia come sempre quello che deve...» le rispondo con serenità. La mia testa è andata già a preparare il borsone.

«Non ho né auto, né moto, per cui dica a mio padre di lasciarmi le chiavi di un'auto. Grazie»

Sto andando in giro in bici, rafforzo le cosce e libero la mente, ma se arrivo in ufficio sudato e puzzolente mio padre mi licenzia. Costanza non può anche farmi il bagnetto.

Chissà se ha un uomo e se fa i pompini... Na... Il sesso orale sarà robaccia da satanisti.

Non ho risentimento nei confronti dei miei genitori, anzi. So che mio padre avrebbe bisogno di vedermi più presente e impegnato, so che mia madre vorrebbe vedermi semplicemente di più. Faccio quel che posso per tenere in equilibrio i loro bisogni e la mia sanità mentale, ma ultimamente mi riesce male e mi sto concentrando per lo più su me stesso.

Sono stanco.

Vorrei poter voltare pagina. Chiudere la storia della mia vita ed iniziarne un'altra, altrove. Riscrivermi completamente il personaggio: vivere con una donna, per una donna, quasi sempre dentro ad una donna. Una sola, la MIA.

Avere il mare davanti alla mattina appena sveglio, le note di Janis Joplin che riecheggiano nell'aria, un Longboard che mi aspetta sull'uscio e Lei che mi ha salvato e portato via da chi ero.

Non avevo mai desiderato nulla di tutto ciò prima di qualche mese fa. O meglio, il mare e la tavola ci sono sempre stati, la musica anche..., ma questo bisogno di una donna accanto che plachi i miei demoni no. Forse perché ero fidanzato, forse perché per un po' è davvero servito a non impazzire. Poi l'amore mi ha abbandonato ed è rimasta solo la rabbia.

Da quando ho iniziato a capire che la mia storia era morta ho faticato molto a trovare un bilanciamento. Sono ricorso come al solito allo sport, ho la mia bella gatta da pelare con Elena, ma non mi sento quieto, anzi, mi sembra di scalpitare. Più vado in giro e mi muovo e più combino casini.

Mi sto rompendo il cazzo di me stesso!

Perché non dovrebbe essersi rotto il cazzo mio padre?!

Stasera, però, risolvo l'ultima questione aperta con lei e poi metto le cose in chiaro anche con le altre, così iniziamo a dare forma al progetto di una nuova vita.

Sei tu che mi rompi le palle con queste fantasie vero? Abbandono le braccia dal manubrio, alzo il busto e mi faccio investire dal vento gelido di questa strada provinciale semi deserta.

Cosa vuoi dirmi fratello?

Troverò mai la pace?

Un faro luminoso mi colpisce completamente e il clacson di un furgone mi fa sbandare. Mi blocco al lato della strada asfaltata, quasi sull'argine del piccolo fosso, e respiro profondamente per ritrovare la calma, dopo lo spavento che mi è preso per il Ducato che per poco non mi centra.

«Non quella pace, stronzo!» dico tra i denti, mentre un sorriso mi affiora sulle labbra.

Non so perché, ma stasera mi sento meglio del solito, nonostante tutto, nonostante quello a cui sto andando in contro.

Ce la farò! Ce la faccio sempre alla fine...

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