Quel venerdì notte mi rifugio a casa dei miei, ho le chiavi, anche se non le ho più usate. Non ci ero più tornato a dormire, mi sono sempre e solo limitato a brevi momenti legati a pranzi o cene; mia nipote la porto sempre fuori, perché ha bisogno di divertirsi e questa casa per me non ha nulla a che vedere con il divertimento.
Devo essere davvero disperato per venire qui.
Mi addormento solo quando ormai è l'alba, Carlotta appena si rende conto che sono in casa, mi piomba addosso con tutto il suo dolce peso, strillando e ridendo come una matta. È felice di vedermi.
Meno male che qualcuno lo è.
La sua contentezza mi fa risollevare, sento la stanchezza, ma non posso negarle, né negarmi, il piacere di stare insieme. Fortunatamente la mia piccola peste riempie questi spazi e questo tempo con la sua ingenuità infantile, mi massacra di coccole e giochi, in cui io mi stanco fisicamente, lanciandola, facendola volare e prendendo un sacco di mazzate.
Rossana ha preso ulteriore tempo. Mi ha mandato un nuovo messaggio dove mi diceva che non riusciva a venire da me ed io ho assecondato la sua reticenza, dicendole di farmi sapere quando avrebbe potuto dedicarmi del tempo. Non so se ha capito che fremo dalla voglia di rivederla.
Merda, odio i messaggi. Anzi odio comunicare in generale.
Sono limitato su questo fronte. Io mi sento a mio agio con il contatto fisico: vorrei baciarla, toccarla, stringerla per farle capire come sto e cosa voglio offrirle. È un terreno in cui cammino spedito e non tentenno.
Non le ho messo fretta perché temo il momento del confronto.
Cosa cazzo le dico?
Sono venuto qui per rispondermi. Per capirmi, ho sentito il bisogno di tornare all'origine, di sentirmi vicino a lui, che non trovo da nessun'altra parte. Ho persino deciso di parlare con mia madre.
«Mamma», già con questo non mi riconosco.
Da quanto tempo non pronuncio questa parola?
«Dov'è finita Carlotta?» mi domanda con leggerezza.
«È passata Chiara un'ora fa, resta a cena da loro» le rispondo preparandomi ad affrontarla.
Chiara è la sorella minore di Aurora. Spesso Carlotta va a casa sua e trascorre giorni interi lì con i cuginetti più piccoli. Mi aspetto che da un giorno all'altro decida di adottare quella nanerottola impertinente, finora non lo ha fatto solo per non separarla dalla sua casa, affinché ne percepisca i ricordi.
Il pensiero che mia nipote non ricordi i suoi genitori è una di quelle cose che mi attanaglia la vita, che mi stringe come una morsa troppo stretta, una delle tante cose che pesano e che mi porto dentro.
Praticamente vivo in apnea. Respira Nico, ricordati di respirare.
«Voglio farti una domanda, ma ti prego di non indagare sul perché ed il per come» mi siedo davanti a lei, che sta facendo un solitario accompagnato dal consueto centrifugato che, dal colore è sicuramente imbevibile.
«Come se fosse diritto di una madre sapere qualcosa su suo figlio. Per carità!» Non si aspettava e non si aspetta tuttora di intessere un dialogo con il sottoscritto.
«Perché J. e Aurora litigavano così spesso? Ho questi ricordi di sfuriate interminabili tra di loro. Perché due persone che si dicono così innamorate l'uno dell'altra si massacrano con tanta furia?» Non sembra stupita della domanda.
«È colpa di tuo padre!» risponde senza neanche alzare lo sguardo.
Figuriamoci se non era colpa di papà! Questa volta però non capisco il nesso.
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NON SOLO NOI
RomanceRossana vive una vita apparentemente tranquilla fatta di incertezze sul futuro e amiche leali e invadenti. Una sera, senza aspettarselo, apre la porta al suo passato: un ragazzo che non vede dai tempi delle elementari, che all'epoca detestava ed evi...