Sono passate altre settimane e di Niccolò nessuna traccia. Abbiamo trascorso un fine settimana talmente bello che non abbiamo avuto il coraggio di lasciarci concordando un qualsiasi dopo.
Ho sperato con tutta me stessa che mi scrivesse o mi chiamasse: un segno, un piccolissimo input che mi desse la scusa per chiedergli di rivederci ancora.
Nulla, non ho avuto nulla. Oppure, come dice Sofia, ho avuto una risposta chiara ed urlata in faccia: non mi piaci abbastanza.
Se ci becchiamo bene, se no amen, ecco come avrebbe voluto salutarmi lui.
Effettivamente sarebbe stato poco carino, meglio sparire nel silenzio.
Ho anche altre cose a cui pensare ora, ho finalmente trovato lavoro in una grande società, una multinazionale: cento dipendenti tra i venti e i trentacinque anni, una sede bellissima nel centro di Milano, ottimo stipendio, orari decenti e flessibili, contratto a termine.
Non sto nella pelle da quando lavoro qui.
Anche se questo tempo determinato non mi fa dormire la notte; devo, con tutte le mie energie, trasformarlo in futuro indeterminato.
Lavoro molto, senza sembrare una stacanovista, perché il work-life balance lì dentro, a quanto pare, è un valore importante. Organizzano spesso attività di socializzazione: aperitivi, cene, serate a tema, partecipo spesso ma non intrattengo ancora relazioni personali con i colleghi, che stanno diventando sempre più simpatici, ma non possono ancora diventare amici.
La spada di Damocle che incombe su di me non mi fa vivere serenamente il tempo speso con loro.
Ci sono un paio di ragazzi davvero carini, un pensierino inizio a farcelo, poi mi ricordo che tengo troppo a questo lavoro e niente o nessuno mi fermerà.
Questa opportunità, oltre a salvarmi le tasche, mi ha aiutata a non sprofondare nell'apatia: mi sento viva, discretamente incazzata, stranamente combattiva.
Questa sera vado a cena con le ragazze, sono stata convocata. Consapevole del fatto che dovrò faticare un po' per divertirmi.
La leggerezza è venuta a mancare nel momento in cui è mancato lui. Nell'ordine del giorno c'è anche un aggiornamento sulla mia situazione e il mio stato interiore, per cui sarà ancora più complicato, poi, tentare di svoltare la serata.
Subito dopo esserci accomodate al nostro solito tavolo ed aver esaurito i baci di rito, le mie amiche si girano verso di me, come in un'ola programmata.
Ok, sarò la prima a parlare stasera!
Sviluppo il racconto delle ultime esperienze lavorative, spiego sensazioni ed emozioni del mio nuovo ruolo e in tutta risposta le mie due migliori amiche mi prendono per il culo: «tutta questa determinazione da dove esce?»
«Cos'è successo alla nostra piccola, dolce, Rossana?» continuano simpaticamente.
«Le delusioni fortificano!», e Cami si pompa il bicipite a mostrare un muscolino duro e secco.
«Ok, avete rotto abbastanza le palle! Questo lavoro mi piace e devo riuscire a tenermelo» sbotto.
«Lo vuoi, prenditelo! Cazzuta ci piaci assai» continua lei, che percepisco davvero orgogliosa di come sto affrontando questo periodo.
Una dura che non scappa e mi torna in mente lui. Non so neanche perché si è comportato così. Non ho avuto il coraggio di affrontarlo. Ma per dire cosa poi?
«È sabato sera, se mi portate ancora all'Alcatraz, giuro che mi butto dalla finestra!» Sedute al solito tavolo, dopo un pomeriggio dedicato allo shopping, Camilla ci sta letteralmente pregando con mani giunte.
STAI LEGGENDO
NON SOLO NOI
RomanceRossana vive una vita apparentemente tranquilla fatta di incertezze sul futuro e amiche leali e invadenti. Una sera, senza aspettarselo, apre la porta al suo passato: un ragazzo che non vede dai tempi delle elementari, che all'epoca detestava ed evi...