꧁𖢻Trentacinquesimo capitolo𖢻꧂

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Il concerto di mia sorella era a sfondo punk, trovare abiti adatti da indossare fu difficile

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Il concerto di mia sorella era a sfondo punk, trovare abiti adatti da indossare fu difficile. Dovevo essere comoda e scegliere qualcosa che non mi intralciasse in nessun modo.

Leggings, anfibi, maglietta nera e borsa. Mi presentai così nel locale, con i miei capelli mogano lisci che colavano sulla schiena e uno smoky eyes che mi rendeva vagamente seducente.

Arrivai poco prima che mia sorella iniziasse a cantare con la sua band. Ordinai un un cicchetto di vodka liscia e guardai mia sorella cantare e scatenarsi sul palco. Aveva dei pantaloni larghi scuri, una maglia militare e una cravatta troppo lunga nera e rossa. Al polso tantissimi bracciali in pelle e al collo un collarino. Per fortuna era una ragazza molto bella e la sua bellezza eclissava quegli abiti totalmente osceni.

Vedendola mi ricordò molto Avril Lavigne nei suoi primi album.

Anche Teresa era cambiata rispetto alla ragazzina timida che ricordavo. Con la chitarra elettrica tra le mani sembrava quasi un'altra persona.

Quando Olympia mi rintracciò tra le persone sembrò bloccarsi un attimo,illuminarsi e sorridermi. Le alzai il mio bicchierino in segno di saluto.

Tornò a cantare con più grinta ed esibizionismo. Era proprio mia sorella.

Tuttavia cercai di concentrarmi subito su ciò che dovevo fare. Cercai con lo sguardo Vincenzo. Era sicuramente lì, avevo il controllo gps del suo telefono.

Il cuore mi batté all'impazzata quando lo vidi. Era con i suoi amici.

Mi alzai dal tavolino, la musica era fortissima ma non riusciva a coprire i battiti del mio cuore. Misi una mano nella borsa e afferrai una delle mie pistole saldamente, posando il dito tremante sul grilletto.

Non dovevo tremare, me lo imposi. Riesumai il mio essere dominatrice, la mia rabbia e la mia freddezza. E ad ogni passo verso di lui lasciai dietro di me le mie paure.

Quando gli fui vicino stava ridendo con i suoi compagni, estrassi la pistola dalla borsa e la infilai con cautela sotto il suo giubbotto di pelle.I suoi amici mi guardarono e io sorrisi loro, Vincenzo si era irrigidito, aveva riconosciuto al tatto la pistola e la cosa mi aveva dato una carica incredibile.

«Ciao Vincenzo! Non ci vediamo da tanto! » gridai per sovrastare la musica, premendo sempre di più la bocca della pistola contro la sua schiena perché fosse una minaccia concreta.

«Vi dispiace se lo porto via? » domandai loro lasciva. Li vidi sorridergli e dargli una pacca sulla spalla. Ma lui non osava parlava, mi guardava ammutolito. Mi aveva riconosciuta.

Con la mano libera gli portai il viso alla mia altezza e gli sussurrai un semplice «Seguimi».

Senza ulteriori indugi lo portai fuori dal locale, nessuno aveva fatto caso al suo nervosismo e io mi fingevo la sua ragazza da compagnia.

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