꧁𖢻Ottavo capitolo 𖢻꧂

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I miei giorni liberi erano il lunedì e il mercoledì, e in genere li passavo a fare quasi le stesse cose che facevo nei miei orari lavorativi

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I miei giorni liberi erano il lunedì e il mercoledì, e in genere li passavo a fare quasi le stesse cose che facevo nei miei orari lavorativi. Tranne che potevo andare al cinema, fare la spesa, andare dall'estetista e dal parrucchiere.

E quel mio lunedì di riposo ero proprio dal parrucchiere, con i capelli pieni di crema colorante. Odiavo il biondo ereditato da mia madre, non lo sopportavo affatto e non appena la ricrescita era troppo evidente correvo a ricolorarli.

Stavo leggendo un libro quando il telefono squillò. Pensai fosse Nyx che mi domandava come fosse andata con Anastasia. Come avevo previsto le sue strilla erano giunte anche fuori dalla camera insonorizzata e sicuramente erano in tanti a chiedersi cosa fosse successo.
Il giorno prima eravamo state troppo impegnate per poterne parlare. Mi avrebbe dovuto chiamare tra una sessione e l'altra. Non sapevo se le avrei confessato di aver baciato Anastasia, lo avevo fatto solo per zittirla e non volevo che soffrisse per un gesto totalmente pragmatico.

Presi l'Iphone in mano e sul display non lessi il nome di Nyx, ma di Siria. Tolsi la suoneria e lo lasciai squillare: erano brutte notizie sicuramente. Ero conscia che la mia trans preferita fosse il mio capo prima di essere una mia amica, ma quando mi cercava erano problemi. Tuttavia quella era la mia giornata libera. Mi sarei goduta le terme e sarei tornata a casa. Quella era la mia giornata di totale riposo. Totale e incontaminato.

Sperai di essere salva finché, qualche minuto dopo, giunse la mia parrucchiera con il cordless del negozio in mano. Siria era riuscita a scovarmi.

«Sì, Siria. Dimmi» dissi subito.

«Oh, tesoro. Ti ho disturbata? »

«Noooo» la sbeffeggia.

«Perfetto. Ho da farti una proposta». Sbuffai e lasciai che continuasse a parlare. O«Devo partecipare ad un galà tra tre ore e vorrei che tu venissi con me in qualità di mia nipote».

«Spiegati meglio».

«Conosci Giuseppe Sarassi? Grande imprenditore?»

«E tuo cliente esclusivo» aggiunsi. Esclusivo perché chiedeva solo il pene, ehm volevo dire i servigi, di Siria.

La sentii annuire. Mi raccontò che al suo miglior cliente gli era stato detto di essersi perso un figlio scopate facendo e l'esame del DNA aveva confermato la cosa. Voleva presentarlo al galà, e dopo fare sesso con il mio capo senza che il figlio notasse troppo la sua assenza dal momento che la notte l'avremmo passata nella villa.

«Quindi vuole che io faccia la puttana personale del bamboccio? »

Lo sapevo che non dovevo accettare di fare sesso con il mio schiavo Fabio. Accettare una volta avrebbe significato dover accettare sempre, aver dato un prezzo a ciò che per me era infattibile.

«No, no, no. Assolutamente» mi corresse. «Anzi. Suo figlio è totalmente all'oscuro dell'inclinazione del padre e perfino di cosa sia realmente il Diamond. Tu dovresti solo conversare con lui e cercare di tenerlo occupato durante la notte. E non con il sadomaso e neanche con il sesso. Cerca di sembrare l'angelo più innocente dei cieli».

Alzai un sopracciglio. «Io? Un angelo? Ho le fiamme dell'inferno che mi escono perfino dal culo».

«Sarai pagata con tremila euro. Tremila euro per parlare solo con un ragazzo di ventisei anni».

La cosa sembrava fattibile, tranne per il sembrare un angelo disceso dal paradiso.Perché chiedere a me e non ad una delle donne di compagnia sue dipendenti? In genere portava loro ai galà, non me.

«La verità è che è stato proprio Giuseppe a dirmi di portarti. Pare che suo figlio sia già stato nel nostro ristorante di lusso al piano terra e ti abbia vista. È convinto che tu sia una cameriera del ristorante, nonché mia nipote».

Il volto di quel ragazzo biondo senza nome mi tornò in mente, ma non osai chiedere se fosse lui. Ascoltai solo ciò che ancora avesse da dirmi: c'era un abito nella mia suite all'hotel e una limousine sarebbe arrivata a prendermi.

Il vestito che indossai quella sera era blu, aderente, luminoso e aperto sulla schiena. Certamente costava tantissimo, come anche il fermaglio pieno di brillanti e i bracciali in oro bianco e lapislazzuli. Non ero abituata a quel tipo di lusso e mi sentivo scomoda. Tanto scomoda, troppo scomoda.

Seduta sul sedile bianco della limousine guardavo il cielo scuro dal finestrino. Nei miei viaggi fuori dal mondo monopolizzato dagli uomini il cielo era sempre così ricco di stelle, ricco di rumori curativi, di armonia.

Il progresso e i soldi avevano rovinato tutto, dove regnavano i soldi c'era sempre dolore e odio. E io vivevo con la costante paura che i soldi un giorno avrebbero ferito mortalmente anche me.

Il mio body guard mi aprì lo sportello quando giungemmo alla villa Sarassi, un'enorme dimora antica, piena di fontane, alte palme, salici piangenti, e alberi costellati di luci. Non badai a nessuno sfarzo e a nessuno degli invitati che si erano appartati per chiacchierare in giardino.

Continuai a camminare sul viale ghiaiato sentendo sulla pelle la calda serata di inizio estate, avevo poche occasioni per godermele con le mie due sole giornate libere a settimana; almeno finché non fosse incominciato il mio mese di vacanza a Settembre.

Quando entrai nella sala avvertii subito l'odore dolce della vaniglia, e solo dopo notai tutte le persone e il loro mormorio pacato, tanti gruppetti di gente straricca e di camerieri che li interrompevano per proporre loro bicchieri di champagne. Notai molti conduttori, ballerine di programmi televisivi, ereditiere e soprattutto tanti, tantissimi clienti di Siria, clienti miei. Quanto sembravano carini e carine nei loro abitini super costosi e nei loro atteggiamenti così altezzosi. Tanto erano sempre le prostitute a conoscere i retroscena.

Continuai a guardarmi intorno finché non trovai Siria e il Signor Sarassi, e un ragazzo davanti a loro che mi dava le spalle. Il suo viso era nascosto e il non poterlo vedere mi faceva sudare freddo. Iniziai a torturarmi le mani, a calmare il cuore che ormai mi era impazzito nel petto.
Lo avevo riconosciuto dai capelli; il ragazzo senza nome aveva finalmente un'identità: era il figlio della persona più depravata che conoscessi, che amava quel tipo di sesso che a me faceva vomitare. Quello senza alcun senso di decenza. E per dirlo io che sono una dominatrice, vuol dire che era davvero feccia.

Siria mi indicò e i due uomini mi guardarono. Il ragazzo rimase a fissarmi, ovviamente ero bellissima, con i miei lunghi capelli rosso scuro tirati all'indietro con quell'effetto bagnato che mi faceva apparire una sirena, con un fisico perfetto e movenze sensuali. Non mi elogiavo per vanità, ma con obbiettività. Siria spendeva molte migliaia di euro l'anno per rendere perfetti i suoi dipendenti, con palestre, dietologi, creme e diavolerie simili.

Mi avvicinai a loro mostrando il mio sorriso più sensuale e Giuseppe mi presentò suo figlio. Quel ragazzo si chiamava Elia Sarassi. Elia...

Credo che suo padre stesse continuando a raccontarmi qualcosa, ma io non lo stavo ascoltando minimamente, avevo gli occhi scuri di Elia che mi guardavano senza lasciarmi un attimo. Lui attendeva qualcosa, io cercavo un ricordo.

Poi improvvisamente fece qualcosa che mi spiazzò: agganciò il suo mignolo al mio e lo alzò. «Posso tenerti con me? »

Rimasi sconcertata. Casper, il primo film che vidi con un ragazzo. Con il mio primo migliore amico: Elia.

 Con il mio primo migliore amico: Elia

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