꧁𖢻Diciassettesimo capitolo𖢻꧂

1.6K 29 2
                                    

Quando tornai a lavoro cercai di evitare Elia

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Quando tornai a lavoro cercai di evitare Elia. Ero certa che mi credesse bipolare, ma non riuscivo ad affrontarlo. Spensi il telefono e lo lasciai nella mia suite. Era il modo di proteggerlo dal mio mondo.

Cercai di evitarlo anche i giorni seguenti, dicendogli che con l'arrivo della calda stagione il lavoro stava aumentando e non avevo molto tempo da dedicargli. Cercai di essere fredda e distaccata, tuffandomi nel lavoro per annullare i miei pensieri e sensi di colpa. Era difficile e inutile, il viso di Elia e la promessa che gli avevo fatto continuavano a vorticarmi nella mente.

Ero nella mia suite. Avevo deciso di dormire al Diamond perché il ritmo soffocante del sabato mi aveva sfinita. Tornare a casa sarebbe stato solo più stancante.

Mi ero alzata e avevo chiamato il servizio in camera, mi fu portato un pranzo che sarebbe dovuto essere una cena e del caffè amaro.

Erano le cinque di pomeriggio e avevo già voglia di non fare un cazzo. Elia mi aveva ancora chiesto cosa mi fosse preso e io gli avevo risposto con un semplice "Nulla, tutto al solito." che sperai chiudesse il dialogo fra noi. Parlargli sarebbe stato più doloroso di dirgli la verità, di confessargli che ero stata a letto con Pier per cancellare la debolezza che lui mi stava infondendo.

Incrociai le gambe sul tavolo e mi accesi una sigaretta, la terza da quando mi ero alzata. Dovevo decidere cosa fare con Elia e con me stessa.

Sentii bussare alla porta quando la sigaretta era ormai finita. La pigiai nel posacenere già decisa ad infuriarmi con chiunque avesse osato disturbarmi.

«Sara, posso entrare? » era la voce di Siria. Le dissi di entrare tanto non c'erano donne nude nella stanza. La sentii strisciare la tessera magnetica e la porta si aprì.

«Cosa succede tesoro? » mi domandò avvicinandosi.

«Nulla, tutto come sempre» dissi anche a lei. La sentii sospirare e dirigersi in bagno. Non le chiesi neanche perché volesse usare il mio; ero a tal punto apatica che se mi avessero sparato avrei reagito con una semplice alzata di spalle. Pensai di accendermi un'altra sigaretta,non avevo mai fumato così tanto considerato che me ne accendevo una ad ogni concilio papale.

Il fumo aveva ripreso ad uscirmi dalla bocca, ma Siria mi tolse la sigaretta e la spense. «Basta. C'è più fumo qui dentro che nebbia in inverno».

Aveva una spazzola in mano e mi guardò con un sorriso amorevole. «Lascia che ti sistemi i capelli» mi sussurrò e io la lasciai fare.

«Cosa sta succedendo? » mi domandò ancora, iniziando a districare i nodi sulla mia testa; peccato che non potesse raggiungere anche quelli dentro la mia testa.

«Non lo so neanche io».

«Deve essere grave se non sei tornata neanche a casa. No che non mi faccia piacere averti qui» continuava a pettinarmi i capelli con una dolcezza che mia madre non mi aveva mai riservato. Restammo in silenzio finché il mio Iphon non suonò: Elia.

DiamondDove le storie prendono vita. Scoprilo ora