𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Undicedimo capitolo៙꧂

869 17 2
                                    

Ero davanti ad un calice di vino rosso, il cristallo risplendeva sul tavolo lucido creando giochi di luci affascinanti

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Ero davanti ad un calice di vino rosso, il cristallo risplendeva sul tavolo lucido creando giochi di luci affascinanti.
Di fronte a me Nyx.
Mi guardava incazzata, corrisposta però dal mio sguardo apatico.
Aver lasciato il Diamond aveva spento quel demone che mi teneva viva. Ma avevo dovuto compiere una scelta: o Elia, o il mio lavoro. E il calore del ragazzo che amavo era per me vita e sopravvivenza.

«Ti stai spegnendo per un uomo. Io davvero non posso crederci».
Le parole giunsero come una lama alle mie orecchie.
Buttai giù tutto il vino e me ne vedrai altro, sperando, anzi, pregando, che facesse effetto l'alcol.
«Invece sto cercando di capire cosa voglio. E io voglio Elia».
E giù un altro calice, così. Alla goccia.

«E rinunciare alla lussuria che ti ha sempre animata è ciò che vuoi?».

Ecco lo sguardo che mi aveva sempre fatto cedere. Il suo. Quel maledetto sguardo profondo che mi infiammava.
Sebbene amassi profondamente Elia, Nyx sapeva bene come e dove colpire con quei suoi occhi.

Sbuffai ancora. Per quanto sarei riuscita a resistere? La verità era che quel mostro dentro di me sperava di uscire da molto tempo. E Nyx era l'incantatrice perfetta per penetrare oltre le mie difese.

Avevo finito il viso e, in un certo senso, anche il tempo che mi di vedeva da quello che volevo farle.
Forse fu questa consapevolezza a farmi ritrovare all'improvviso vicino a lei, con le labbra pericolosamente vicine alle sue.

Potevo sentire il suo profumo e questo mi fece delirare. Era da tanto tempo che quella situazione non si ripeteva.
«Vediamo se sei ancora quella di un tempo?» mi provocó.
E io ho sempre amato quel tipo di provocazioni.

«Certo che lo sono e ho molti arretrati da scontare».
Sicuramente l'alcol mi stava aiutando, come aveva sempre fatto d'altronde.
La vecchia me stava sgisciando fuori come un serpente, e non provavo alcun senso di colpa.

La baciai con foga, spogliandola in fretta. Infondo aveva solo una camicetta e una gonna chiara. Le calze restavano su con l'autoreggente e il perizoma era talmente fino che sembrava quasi non esserci.
«Questo corpicino non viene toccato da me da troppo tempo...»

Presi la bottiglia, c'era ormai solo qualche dito di vino, e gliela versati piano sulla pancia.
Il contatto con la bevanda fredda la fece sussultare, irrigidirdi sulla sedia, ma anche eccitarti. Quel respiro così affannoso lo avrei riconosciuto ad occhi chiusi.

Mi inchinai e poggia la bocca sulla stoffa del suo perizoma. Era pregno di vino rosso, un profumo che si era mescolato al suo.
Succhiai via il liquido e questo le fece inarcare la schiena, assecondando ed invogliano i miei movimenti.

Il vino macchió anche il pavimento e la sedia, ma non me ne curai.
Continuai a bere e a muovere la lingua la dove sapevo di farla impazzire.

Le sfilai il tanga. Le sue gambe sembrarono nuotare nell'aria in quell'operazione.
Le spalancai le gambe, la bottiglia cadde a terra senza con un scintillante tintinnio.
Immersi la lingua nel suo fiore, sentendo dopo tanto tempo tempo il suo sapore dolce e acidulo allo stesso tempo.

DiamondDove le storie prendono vita. Scoprilo ora