꧁𖢻Nono capitolo𖢻꧂

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Spalancai gli occhi

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Spalancai gli occhi.

«Non ci possocredere...» sussurrai.

«A quanto pare sono cambiato anche io».

Senza dividere i nostri mignoli mi sporsi verso le sue spalle per poterlo osservare meglio e lo squadrai sconcertata. Alto, muscoli, capelli lunghi... L'ultima volta che lo vidi era totalmente opposto. Più basso di me, magro come un ramoscello, con dei capelli cortissimi e un ingombrante apparecchio in bocca, il mio piccolo e tenero Casper.

«Non ci posso credere!» esclamai con un'euforia giovanile che credevo di aver perso. Gli saltai al collo, abbracciandolo.
«Piano, mi fai male!».
Per un secondo era come essere tornati bambini. Fu Siria a chiedermi gentilmente di tornare "composta", visibilmente sconcertata dal mio atteggiamento.

Era stata una gioia rivederlo e avrei voluto sommergerlo di domande. Erano dodici anni che non ci vedevamo e avevo dodici anni di vuoto che avrei voluto colmare, perché io ed Elia eravamo stati come fratelli.

Purtroppo prima dovevamo affrontare quella serata mondana, dove tutti gli invitati erano curiosi di conoscere Elia e anche me dal momento che nessuno sapeva che Siria avesse una nipote.

Fu tutto noioso e le tartine disgustose. Ma almeno io ed Elia riuscimmo a parlare tra una presentazione e l'altra. Mi raccontò di quei suoi dodici anni passati lontano quando, prima che iniziasse le superiori, la sua famiglia aveva traslocato a Regensburg in Germania, dividendo la nostra amicizia.

Scoprii che sua madre era morta di tumore e me ne dispiacque molto. Era una donna fantastica e molto buona. Questo avvalorava il fatto che erano semprei migliori ad andarsene, forse la morte semplicemente voleva salvarlida questa nostra esistenza disgustosa.

Prima di morire gli aveva confessato chi era il suo vero padre, dicendogli che si era trattato di un amore clandestino e che lei non aveva mai informato Sarassi di un figlio. Conoscendo quell'uomo ero più propensa a credere che l'avesse violentata, ma non volevo parlarne con Elia. Aveva perso una madre, non potevo sfatare anche il mito del padre ritrovato.

«Come ti è sembrato tuo padre? » gli domandai a bassa voce. Intanto al nostro gruppo si era unita anche la moglie dell'uomo, una donna tutta curve, con il sedere più tondo e grosso che avessi mai visto. Probabilmente se si fosse mai punta con un ago sarebbe scoppiato come un palloncino.

«A dir la verità non è che abbiamo parlato molto. Mi ha detto di essere felice di avermi trovato e di sapere che la sua azienda e il suo ospedale un giorno andranno nelle mani del sangue del suo sangue».

La sua azienda farmaceutica, nata su cose terribili come la sperimentazione sugli animali, ma ero pronta a scommettere che Elia non lo sapesse, o che semplicemente non potesse ancora farci nulla.

L'ultima affermazione del mio amico però mi fece sorridere. Chissà se sapeva anche che i suoi due fratellastri non avevano alcun legame di sangue né con lui né con suo padre. La cara moglie li aveva concepiti con altre persone ignote, ma Sarassi li aveva riconosciuti comunque. Aveva le mani legate.

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