𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Decimo capitolo៙꧂

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Siria stava cercando ogni modo per sviare la mia ricerca della verità

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Siria stava cercando ogni modo per sviare la mia ricerca della verità. Eppure questo non faceva che alimentare il mio bisogno di dare davvero giustizia a ciò che mi era successo.
Se il mio stupro aveva alimentato quel circolo che da anni girava attorno alla violenza, io dovevo saperlo.

Avevo abbandonato il Diamond e il mio lavoro da Mistress. Il mio rancore adesso poteva essere incanalato verso i veri responsabili.

Ero a casa, Elia sarebbe tornato tra alcune ore. Gli avevo chiesto di stare da me ancora qualche giorno, il tempo di capire almeno cosa fare della mia vita.

Orso dormiva, tutti i miei amici avevano già attaccato a lavoro e io non sapevo cosa fare.
Quell'ozio prima o poi mi avrebbe fatto esplodere.
Ero stata contattata da Francesca per alcuni set fotografici della nuova linea primavera; avevo accettato senza batter ciglio. Non mi interessava sapere neanche per quale stilista.

"Perché non ti apri almeno un canale instagram? Inizi avere dei follower e lavori nel campo social" questo era stato il consiglio di Olimpia.
"Mi ci vedi a parlare con la gente senza fucilarla?" alzai un sopracciglio.
E lei si era limitata a sbuffare sconsolata.

Come faceva certe gente a vivere con i riflettori puntati addosso?
Elia per un determinato periodo di tempo lo aveva fatto, sia per via della sua breve avventura come modello che a causa della relazione con quella donna. Quella Alheit Kramer.

Ebbi voglia di cercare quella donna sui social. Fu facilissimo, a quanto pare era seguitissima da un gruppo smisurato di fan.
Fan che erano in subbuglio per le riprese di un film sulla seconda guerra mondiale (sorrisi per l'originalità) in cui lei era coprotagonista.
Scorsi le foto del set, i suoi capelli biondi spiccavano falsi come il suo sorriso.
Fu solo dopo alcune immagini che vidi qualcosa che mi lasciò alquanto perplessa. Con Alheit, brindando con dei drink dal colore alquanto discutibile, vi era Anastasia.
Mi strozzai quasi con la mia stessa aria.

Era da molti mesi che non la vedevo, da quell'ultimo lavoro svolto insieme, quando poi lei mi aveva drogata per potermi possedere. Mi amava da vari anni, e da vari anni avevo rifiutato le sue avances. Era stata mia cliente al Diamond, ma consapevole che oltre quello tra noi non poteva esserci altro.
Però Ana non si era mai arresa, neanche scoprendo la mia relazione con Elia che aveva accentuato, nonostante sembrasse impossibile, la sua ossessione nei miei confronti.

Le due donne che probabilmente mi volevano morta, erano insieme. Vederlo come un qualcosa su cui prestare attenzione non mi avrebbe fatto sembrare paranoica, giusto?

Affrontarle non mi spaventava affatto. Anzi, le avrei mandate a cagare senza problemi.

Attesi che Elia tornasse a casa, annoiata e sciolta sul divano. A svegliarmi fu la sensazione di qualcosa di freddo sui polsi.

«Amore, ma cosa fai?» domandai ancora intontita dal sonno.
Il suo sorriso dolce si trasformò in fretta in predatorio, un qualcosa che mi fece fremere il bassoventre.
Era sopra di me, mi aveva chiuso le mani con delle manette. Il "click" era inconfondibile.
«A lavoro non ho fatto altro che pensarti tutto il giorno» sussurrò sulla mia bocca. Il suo profumo e le sue intenzioni mi svegliarono completamente.

«Lo sento da come i tuoi pantaloni siano così gonfi...»
Mi strusciai sotto di lui, per quanto il suo peso mi permettesse. Sentirlo così audace e autoritario mi faceva impazzire. E la cosa mi stupiva ogni volta: ero stata una mistress, ero io a comandare. Eppure Elia mi dominava senza problemi.

«Voglio provare qualcosa di un po' diverso oggi...»
«Ovvero?»
Si sollevò da me e si sedette, tirando fuori una mascherina nera da una busta di carta. Si era fermato in un sexy shop? Chissà cosa aveva comprato oltre quelle cose... Tuttavia rimasi ferma, con le braccia sopra la testa, in attesa che lui mi bendasse gli occhi.

Non vedere nulla rese ancora più eccitante la situazione, era la prima volta che qualcuno riuscisse a fare una cosa del genere. Ero cieca e inerme, completamente esposta al suo volere.
Già ansimavo, concentrata sui movimenti che percepivo appena del suo corpo.

Sentii i suoi respiri sul mio viso, le sue labbra vicino le mie, vicine, ma non a sufficienza per poterlo baciare. Cercai di voltarmi per poterlo fare, ma mi tenne ferma.
I suoi baci scesero sul collo, mentre la maglia mi venne sollevata. Non indossavo il reggiseno e questo gli permise di scendere e succhiarmeli senza problemi.
Il suo accenno di barbetta mi stuzzicava da impazzire...

«Questo è il tuo modo di torturarmi?» sussurrai inarcandomi.
«Davvero la ricerca del piacere la chiami tortura?»
Non riuscii a rispondere, la sua bocca sui seni mi distraeva troppo.

Elia era sempre una scoperta, in pubblico sembrava il ragazzo più timido e posato che potesse esistere, nel provato si rivelava un seduttore pericoloso. E dalle abilità sorprendenti.

In fretta persi i pantaloni della tuta, ritrovandomi nuda, sotto le sue mani e i suoi soffi caldi sulla pelle.
Desideravano ardentemente che posasse le labbra fra le mie gambe, ma niente. Continua a torturarmi passandoci appena le dita, tocchi leggeri che non davano alcuna soddisfazione.

Dovetti aspettare svariato tempo prima che le sue dita si decidessero a darmi sollievo, entrando e muovendosi su quei punti che sapevano essere sensibili.
Persi la testa in pochissimo tempo, sentendomi piena e stordita.
Ed Elia non era intenzionato a smettere, trattenendomi dal collo per farmi stare ferma sul divano.

Venni di gettito, le mani di Elia ancora piantonate dentro di me per estrarre tutto ciò che l'orgasmo stava tirando fuori.
Bagnai tutto il divano.
Elia era riuscito a farmi squietare, qualcosa in cui nessuno era stato vincitore.

Mi tolse la benda e mi baciò. Era sudato, ansimante. L'avermi fatto venire in quel modo aveva stancato anche lui.
«Devo dire che questa pratica da i suoi frutti...» mi disse lascivo.
«Eh, cazzo...» riuscii solo a rispondere.

Però non era intenzionato a farmi riprendere. Si tolse in fretta i pantaloni, la sua eccitazione svettava prepotente.
Avrei voluto assaggiarla, ma Elia non sembrava volermelo permettere.
Che padrone maleducato...

«Ehi, ehi» mi disse non appena cercai di sollevare le braccia «anche se le manette non sono attaccate a niente fa finta che lo siano».
«Sì, padrone». Quell'epiteto sembrò farlo impazzire.
Mi sollevò le gambe portandomele all'altezza delle spalle e si infilò dentro di me con una facilità assurda.

Iniziai ad ansimare, poi a gridare non appena le sue spinte divennero più prepotenti.
Nessuno era in grado di farmi impazzire in questo modo...
Venni ancora, irrigidendomi sotto il suo peso.
«Se tu non fossi così sexy io non ti penserei costantemente ogni volta che non ci sei...»

Quando finimmo di fare l'amore, Elia si accoccolò sul divano con me. Eravamo entrambi sudati e sfiniti, ma soddisfatti. Il suo profumo era inebriante e caldo, un pilastro a cui mi stavo aggrappando con anima e corpo.

«Ho fatto la spesa mentre tornavo. Oggi ti va una cenetta a base di pesce?»
Mi stava accarezzando la schiena dolcemente.
«In altri tempi ti avrei detto di no, ma visto che cucini da Dio, ogni cosa è ben accetta».
«Perfetto» sospirò «Poi pensavo di prendere un letto matrimoniale anche per casa mia, così ogni tanto possiamo andare a dormire la».

La sua proposta mi fece sorridere.
«Per me non ci sono problemi, mi basta solo averti accanto...»
Mi baciò con dolcezza. «Posso tenerti con me?»
Quella frase mi fece commuovere. Non sarei mai sopravvissuta senza il mio Casper.

 Non sarei mai sopravvissuta senza il mio Casper

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