𝕺𝖕𝖆𝖑꧁៙Primo Capitolo៙꧂

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C'era un lato del mio inferno che non avevo mai visitato, un luogo che perfino per me nel Diamond era inaccessibile

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C'era un lato del mio inferno che non avevo mai visitato, un luogo che perfino per me nel Diamond era inaccessibile. Eppure, in quel momento, quel mondo di perdizione era solo un riverbero debole di ciò che avessi dentro.
Non solo ero scesa nel piano più profondo e scuro di quel palazzo, ma vi ero anche a capo, seduta costantemente su quel mio trono, a ridere delle mie anime dannate che si mescolavano tra loro, che urlavano il loro piacere in una bolgia infinita e che ogni istante tentavano di toccarmi i piedi, abbracciarmi le gambe, strappare da me un pezzo di quello che consideravano sacro.
Io ero ancora intoccabile, inaccessibile, inviolabile. Ero una dea degli inferi. Vivevo ormai oltre ogni limite umano e morale, il mio corpo era solo un involucro. Se mai si fosse rotto non mi sarebbe importato affatto.

Ero seduta da ore, con un abito di pelle rossa, un purino di erba tra le dita e lo sguardo sulle mie anime. Se qualcuno osava toccarmi troppo lo calciavo lontano, se si ribellava ai miei desideri lo cacciavo.
Era una notte come le altre quando improvvisamente la musica si fermò e la luce rossa fu rotta da un fascio bianco che proveniva dalla porta di servizio in alto. Era come se nell'inferno fosse caduto un raggio di sole. Le mie anime, i miei schiavi, si coprirono gli occhi.

Vidi entrare Siria come un angelo e tutti si allontanarono da lei terrorizzati. Mi alzai dal mio trono, calciando gli schiavi che mi si avvicinavano troppo e a piedi scalzi mi avviai verso l'angelo disceso all'inferno.

«Buongiorno Capo» le dissi gettandole in faccia del fumo. «Hai visto quanti soldi ti sto portando? » Siria mi rivolse uno sguardo furente che non mi toccò affatto. «Sono venuta qui per assicurarmi che tu fossi ancora viva» aveva le braccia incrociate e un lungo abito scarlatto. Era davvero molto molto bella, tralasciando la voce un po' aspra.

«Certo che sono viva» le dissi sorridendo. «Questo mondo non ti appartiene, questo tipo di bondage non ti è mai interessato» prese la mia canna con stizza e la getto a terra calpestandola con odio. «Tu non sei questa» .
«Io posso essere quello che voglio» risposi impettita, sostenendo il suo finto sguardo azzurro senza alcun problema. Portai le braccia sulle sue spalle, quasi a volerla stringere a me, ma mi limitai a diminuire la nostra distanza.
«Posso essere quello che voglio» ripetei sottovoce «proprio perché ormai non sono più niente».

Mi tolse bruscamente le mani da lei, e mi puntò un dito contro il viso. « Un'altra settimana Sara. Ti do un'altra settimana per riprenderti e smaltire questa tua apatia nefasta. Poi mi costringerai a fare qualcosa che non vorrei. La mia pazienza sta raggiungendo il limite, ti avverto».
«Qui siamo all'inferno! » le feci notare allargando le braccia. «Qui non ci sono limiti! » indietreggiai sparendo tra i corpi sudati e adoranti, tra gemiti di orge e grida di dolore. «Sara! » mi chiamò ancora Siria. Ma io mi voltai mostrandole solo il dito medio mentre tornavo sul mio trono.

Ormai ero senza controllo, ero impazzita e non provavo più niente che non fosse il piacere di infliggere dolore e umiliazione. Tuttavia sapevo anche che Siria manteneva sempre la sua parola. Avevo un'altra settimana da passare nel mio inferno.
Giurai a me stessa che sarebbero stati sette giorni leggendari.

 Giurai a me stessa che sarebbero stati sette giorni leggendari

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