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Canzoni per il capitolo: My Father's Daughter-
Eddie Vedder

Sapendo chi era, non potetti evitare di prendermi il mio tempo per studiarlo nei minimi dettagli. I suoi capelli erano neri come quelli di Lauren, corti e tenuti in ordine dal gel. Dal momento in cui le guardie si erano allontanate, il suo corpo sembrava essersi rilassato, dunque quando sorrise, notai delle rughe ai lati degli occhi chiari. Il volto era ben curato, avrei osato dire che utilizzasse delle creme per rallentare il processo di invecchiamento. Indossava un completo elegante completamente bianco, in netto contrasto con il vestito nero che portava sua figlia. Infine, compresi che, forse, l'ossessione per il rosso era una cosa di famiglia, dato che intorno al suo collo c'era un foulard proprio di quel colore.

<<Lavoro? Ti prego, non dirmi che hai deciso di seguire la retta via. Cosa ci fai qui?>>, volle sapere Lauren, riprendendo la conversazione che aveva iniziato lui alcuni minuti prima.
Sembrava divertita e forse anche colpita.

<<Uh, cosa succede?>>, chiesi con insicurezza.
Mi lanciò un'occhiata, sorridendo con fare tranquillo.

<<Camila, permettimi di presentarti ad una persona. Non avere paura. Questo è mio padre;
possiamo fidarci di lui> >, mormorò lei.
Potevamo fidarci? Non sapevo se era seria o se era una frase di circostanza.

<<E' un piacere conoscerla, signor Jauregui>>, dissi.

<<Solo Mike, va benissimo. Niente "signor". Il mio cognome è cambiato spesso nel tempo...non è che posso rubare il tuo, eh, ragazzina?>>, rispose, rivolgendo l'ultima domanda a Lauren.

<<Vorrei che le mie cose rimanessero mie>>, disse lei. Fu inquietante il modo in cui lui mosse le mani per metterle nelle tasche, mentre lei le mosse per stenderle lungo i propri fianchi. In quel modo, uno accanto all'altro, era impossibile non notare le somiglianze. C'era qualcosa nei loro occhi, nelle linee della bocca, persino nel modo in cui prendevano il controllo di una stanza...nessuno avrebbe mai potuto essere così cieco da non notare che erano imparentati.

<<Non hai risposto alla sua domanda, comunque. E' un caso che lavori qui?>>, chiesi, incrociando le braccia al petto.

<<Dritta al punto. Nutri dei sospetti. Mi piace>>, esclamò lui, inarcando un sopracciglio e poi accarezzandosi il labbro inferiore con il pollice.

<<Sono qui da un mese, ho dovuto creare una nuova identità e tutto. Facevo solo un controllo delle stanze, come sempre, e ho visto mia figlia mettersi nei guai...come sempre. Il che mi ricorda>>, mormorò, prendendo un piccolo telecomando nero dalla tasca dei pantaloni.
Premendo il singolo pulsante presente, spense le telecamere su di noi.

<<Adesso la vostra faccia non sarà sulle riprese.
Posso avere un "grazie", piccola ingrata?>>, chiese con divertimento, posando la mano aperta contro l'orecchio con fare teatrale.

<<Puoi farci uscire di qui>>, fu l'unica cosa che concesse Vivienne. Dean annuì, iniziando a camminare.

<<L'ingresso principale non è sicuro e l'ala est è quasi completamente svuotata. Qualcuno teme che ci sia un ladro in circolazione›>, spiegò così l'improvviso cambiamento di direzione.

<<Chissà perché>>, commentò con ironia la donna. Lui rise, fermandosi poi davanti ad una teca di vetro. Prese una chiave che pendeva dalla propria cintura, aprì la teca, prese l'oggetto che conteneva e lo sostituì con un cartellino bianco. Anche se non potevo leggerlo, compresi di cosa si trattava: "l'oggetto non è disponibile al momento".

<<Non avevo intenzione di rubarlo, ma se siete qui per fare guai, forse è meglio cogliere l'attimo>>, disse.

<<Davvero? E quando si chiederanno dov'è?>>, domandai.

Queen of thieves [camren]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora