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"So I drown it out like I always do, dancing through our house with the ghost of you"

- 5 Seconds Of Summer

"Cazzo! Dove sono le chiavi della macchina?" Si lamentò Juanjo dal parcheggio di casa sua.

Era un disastro, un ufficiale disastro.

Sarebbe dovuto partire quasi due ore fa, ma tra le valigie fatte all'ultimo, un aperitivo per salutare i suoi amici e la sua skincare, Juanjo Bona si trovava ancora davanti alla sua casa di famiglia.

L'università sarebbe cominciata in meno di due settimane e aveva assolutamente bisogno di arrivare a Madrid per riuscire a sistemare tutta la questione "vitto e alloggio", come gli piaceva chiamarla. Nell'ultimo mese non aveva fatto altro che chiamare agenzie immobiliari in ogni dove per trovare il suo appartamento, e finalmente ci era riuscito, i tempi erano tirati ed era al ridosso dell'inizio dei corsi, ma ci era riuscito.

Era stato un parto gemellare, se chiedete a lui, ma sperava ne fosse valsa la pena. Dalle foto l'appartamento sembrava accogliente e carino, anche se le recensioni l'avevano lasciato lievemente perplesso.

from: Utente097
"L'appartamento è molto confortevole, entra tanta luce naturale e c'è una bellissima vista. Peccato che la soffitta sia un tantino rumorosa."

from: Anonymous
"NON ENTRATE CI SONO GLI SPIRITI!"

from: NonSoChiSono04
"Il prezzo è buono ma credo che ci sia un problema con la soffitta"

Inizialmente non aveva fatto troppo caso al problema della soffitta, soprattutto perché il prezzo dell'affitto era veramente molto conveniente e non poteva permettersi di rimanere senza una casa per il primo semestre.

In fin dei conti non era di certo un problema così grande se c'era qualche rumore proveniente dalla soffitta, no?

Mentre fissava il vuoto qualcuno gli mise gentilmente una mano sulla spalla risvegliandolo dai suoi pensieri, era suo padre.

"Hai lasciato le chiavi all'ingresso, tieni"

Il ragazzo allungò la mano per afferrarle e venne immediatamente sommerso da un abbraccio carico di emozione.

Se ne stava davvero andando da casa. Il pensiero lo colpì dritto in faccia come un treno a mille chilometri orari.

Le ultime settimane erano state così frenetiche che non aveva avuto il tempo di metabolizzare il fatto che avrebbe cominciato l'università a Madrid e che avrebbe dovuto sopravvivere da solo senza l'aiuto dei suoi genitori, solo al pensiero gli si chiudeva lo stomaco.

Sapeva benissimo che questo era un passaggio che la maggior parte degli studenti affronta e che prima o poi nella vita avrebbe dovuto staccarsi dalla sua famiglia per seguire la sua strada, ma non si era ben reso conto che questo era il momento.

Seguire la sua strada.

Non aveva nemmeno ben chiaro cosa volesse fare nella vita. Però da qualche parte doveva pur cominciare e l'università era il trampolino di lancio migliore in modo da avere ancora tempo per pensare al suo futuro.

Ciò di cui si riteneva abbastanza sicuro era che la facoltà che aveva scelto era decisamente quella giusta. Non aveva avuto molti dubbi al momento dell'iscrizione, Matematica. L'opzione perfetta per uno come lui, amante dei numeri e dei calcoli complicati.

Si sarebbe divertito. Tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Juanjo aveva un disperato bisogno di questo tipo di certezze, soprattutto in quest'ultimo periodo.

Si trovava in un momento alquanto peculiare della sua vita, e la cosa lo spaventava in maniera decisamente eccessiva. Ultimamente si sentiva strano, forse un po' fuori luogo; inizialmente aveva cercato più volte di convincersi che quella sensazione fosse causata dal timore e dall'ansia provocati dall'inizio dell'università lontano da casa, ma dentro di sé sapeva benissimo che non era quello il problema.

Solo pensarci gli metteva paura. Anzi, terrore. Terrore di non essere accettato da nessuno, dalla sua famiglia e dai suoi amici in maniera particolare.

Non riusciva nemmeno a dirlo ad alta voce, o a pensarlo del resto.

"Ci mancherai, figliolo. Chiamaci spesso, d'accordo?"

"Certo papà" prese un respiro profondo "Ti voglio bene."

Si diedero un altro abbraccio e Juanjo passò a salutare anche sua madre allo stesso modo. Mi mancheranno un sacco, pensò.

Non aveva più scuse, doveva partire, era già abbastanza in ritardo. Chiuse la portiera dell'auto, respirò profondamente e mise in moto la macchina.

Stava per dirigersi verso la sua nuova vita.

──✩₊⁺⋆☾⋆⁺₊✧──

Era il giorno, pensandoci bene si era aspettato sarebbe arrivato molto più tardi e invece no, era giunto il momento. Martin era sempre stato un grande fanatico dei cambiamenti, una minima differenza nella loro soffitta lo mandava sempre su di giri, e questa cosa non era mai andata giù a sua madre, la quale invece era amante della staticità e della routine.

"Sei proprio sicuro di essere pronto, tesoro?"

"Sì sì, tu non ti devi preoccupare"

"Certo che mi preoccupo, sono qui apposta" rispose sua madre rivolgendogli un sorriso carico di affetto.

"Beh, non è necessario" cercò di congedarla velocemente Martin, sapeva già dove voleva andare a parare quella donna, e infatti la sentì dire: "Ricordati quello che ti ho detto, so quanto ti appassionino gli umani, ma ci terrei a farti rimanere tra noi", fece una pausa riflessiva e aggiunse, "Magari trovi qualche fantasmina carina"

"Mamma!"

"Fantasmino?"

"D'accordo meglio che me ne vada, non voglio parlare con te di queste cose"

Era una caratteristica tipica di sua madre, provare ad indagare nella sua vita sentimentale e sperare che lui trovasse qualcuno con cui potesse stabilirsi in una vecchia soffitta. Martin sapeva benissimo perché lo faceva, sin da piccolo aveva sempre provato una grandissima attrazione per il mondo umano, ma purtroppo per i fantasmi era off-limits. O almeno tecnicamente. Nulla avrebbe impedito ad un uomo di vedere un fantasma se gli si fosse presentato davanti, semplicemente erano quest'ultimi a tentare che non accadesse.

Secondo Martin era quasi impossibile che nessun fantasma almeno una volta non abbia parlato con un umano, insomma vivevano letteralmente nella soffitta di un essere vivente e potevano attraversare le pareti, di sicuro sarà capitato che uno di loro abbia socializzato con qualcuno.

Fin da piccolo era sempre stato messo in guardia dal parlare con degli umani, se non per qualche occasionale scherzetto la notte di Halloween, principalmente a causa di quella vecchia leggenda che girava tra di loro "Il fantasma che diventò uomo a causa dell'amore per un umano". Martin non ci credeva più di tanto, ma sua madre sì.

"Non mi metterò a socializzare con l'umano che vivrà sotto la mia soffitta, mamma, se è questo quello di cui ti preoccupi... "

"Grazie al cielo", la donna tirò un sospiro di sollievo, "al solo pensiero di perderti per qualcuno che nemmeno conosci... non so cosa farei".

Martin sbuffò, dentro di sé sapeva che anche se un giorno avesse deciso di parlare, per pura casualità, con qualche umano, di sicuro non avrebbe avverato nessuna leggenda, era impossibile. Sua madre non aveva nulla da temere, ma decise di non dire niente al riguardo.

"Meglio che tu vada, oggi c'è la luna piena e hai tutto il giorno per spostarti"

"Sì, hai ragione" rispose il ragazzo schioccandole un bacio sulla guancia "Sia mai che durante il trasloco mi tocchi tornare indietro" aggiunse ridacchiando.

Detto questo Martin Urrutia si diresse verso la sua nuova vita.

Luna Piena || Juanjo e MartinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora