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Le cose imprevedibili
Sono sempre quelle che
In realtà abbiamo sempre
Saputo sarebbero
Accadute.

LA CASA DI ELIA

Prendo il biglietto senza farmi vedere da Chloe e usciamo insieme da scuola.

Le nuvole oscurano il cielo e l'aria si è fatta più fredda.
«Oggi vieni alla festa con noi?»chiede lei cogliendomi di sorpresa.
«Non sapevo ci fosse una festa»ammetto.
Lei mi sorride e poi mi prende le mani nelle sue.
Ha la pelle molto calda.
«Bene,ora lo sai,ci verrai?»chiede ancora,speranzosa.
«Innanzitutto chi l'ha programmata la festa e dove si fa»chiedo.
Lei scruta tutto intorno,come ad aver paura di essere ascoltata.
«Di Elia»abbassa un po' la voce,«lui è il re delle feste»ammette con il suo solito  luccichio di dolcezza negli occhi.
«Quello già mi odia»dico,«poi se vado pure alle sue feste sono morta»rido.
Lei alza gli occhi al cielo.
«Eddai,che ti frega»mette il broncio,«Elia mica si mette a perlustrare tutte le persone che entrano in casa sua durante una festa»dice in modo ovvio.
«Chiederò a mio padre»dico per accontentarla.
Lei salta di gioia e saluto gli altri.
Mi salutano tutti,tranne Shana.
Pazienza,non sono in cerca dell'approvazione di nessuno.
Me ne vado a piedi.
Cammino lentamente,godendomi il paesaggio.
In lontananza si vede il tramonto e il mare illuminato da esso.
È bellissimo.
Mi fermo davanti alla ringhiera che permette di non cadere in acqua,e prendo il biglietto.
Le mani mi tremano un po',ma è colpa del vento.
Lo apro e leggo.
C'è un numero scritto sopra e sotto delle parole scritte con uno stampatello minuscolo molto frettoloso e disordinato.
Il numero lo lascio da parte e leggo ciò che ha scritto sopra.
Questo è il mio numero,scrivimi per organizzarci per il lavoro.
Lo facciamo a casa mia.
E c'ha anche disegnato sopra una faccina con l'occhiolino.
Oh,ma che scostumato!
Mi salvo subito il suo numero in rubrica e mi avvio finalmente verso casa mentre il vento mi spettina i capelli.
Quando entro in casa tremo tutta,ma il calore del camino mi riscalda.
Vedo mio padre cucinare la cena.
Di mia madre non c'è traccia.
«Hey papà!»esordisco.
Lui mi guarda e mi sorride.
«Ciao amore,come è andata?»chiede.
«Bene»rispondo velocemente.
Lo guardo,un attimo intimorita.
«Cosa c'è amore?»mi domanda,intuendo che c'è qualcosa che non va.
«Bhe,ecco...»inizio,«c'è questa festa...»,non so come continuare.
Lui intuisce e sorride.
«Certo che ci puoi andare amore».
Gli regalo un sorriso di gratitudine e mangiamo solo noi.
Di mamma ancora niente.
Vado a letto dopo che mi sono cambiata e lavata e chiudo gli occhi sperando che riesca a dormire un sonno tranquillo.
                                ***
Finalmente sabato.
Faccio colazione e mi cambio.
Metto dei jeans cargo e una maglia bianca attillata.
Poi mi metto a studiare un po' mangiando cereali e ascoltando musica.
Prendo il telefono per bloccare la musica e apro Wathsapp.
Il numero di Elia mi compare sopra tutti gli altri numeri e le mie dita si muovono in automatico.
Aprono la chat e scrivono.

Iris:oggi sei libero per il lavoro?

Poi mi accorgo di aver scritto al ragazzo senza cuore più crudele che sia mai esistito,ma non cancello il messaggio.
Rimango a fissarlo inebetita,finché sopra non esce 'sta scrivendo'.
Solo allora mi rendo conto del mio grandissimo errore.
Ma ancora non me ne pento.
Aspetto che finisca di scrivere e poi leggo il messaggio.

Numero sconosciuto:si,oggi sono libero.
A che ora?

Per uno come lui è strano che prenda il lavoro così seriamente.
C'è qualcosa sotto.
Lo sento,lo so.
Cerco di ignorare tutti i campanellini d'allarme che si accendono nella mia testa e poi gli rispondo.

Iris:per le 4 va bene?

Finisco di digitare e lo mando.
La sua risposta è immediata.

Numero sconosciuto:si sono libero.
Poi ti mando la via di casa mia.

Gli mando l'emoji del pollice in su e,impossibile ma vero,aspetto con ansia le 4.
Il pomeriggio lo passo a cazzeggiare,o sul telefono o sui libri.
Mi preparo tutto il materiale da portare da Elia e aspetto altri 10 minuti per partire da casa.
Andrò a piedi perché abitiamo vicini.
È praticamente affianco casa mia.
Prendo il giubbotto ed esco,salutando mio padre.
Porto con me anche le chiavi,non si sa mai.
Il sole è lato nel cielo,ma l'aria è ancora pungente.
Mi incammino e dopo dieci minuti sto già davanti casa sua.
Sono un po' in imbarazzo.
Cosa dovrei aspettarmi?
Non ci voglio neanche pensare.
Facendomi coraggio suono il campanello e sento dei passi pesanti avvicinarsi alla porta.
E più sono vicini,più il mio cuore aumenta il battito.
La porta si spalanca e mi ritrovo davanti gli occhi rari,se non unici,di Elia.
Lo fisso un attimo stordita,poi mi riprendo.
«Ciao»sono la prima che prende la parola,anche se con un broncio sulle labbra.
Lui mi squadra da capo a piedi e si mette da parte per farmi entrare.
Faccio dei piccoli passi,e subito mi ritrovo dentro casa sua.
Non è tanto grande.
La struttura è uguale a quella di casa mia.
Solamente che è fatta interamente o di marmo o di un materiale di un bianco così lucido da fare male agli occhi.
Lui chiude di botto la porta e noto che non c'è nessun altro a casa.
Bene.
Mi potrebbe anche assassinare e non ci sarebbe nessuno che mi potrebbe aiutare.
Che pessima idea è stata andare a casa sua.
«Andiamo di sopra»dice con voce roca.
È inquietante.
Indossa una tuta grigia che gli calza alla perfezione e delle Nike bianche e nere.
Io porto le mie solite Converse.
Salgo le scale,guidata da lui e mi ritrovo in camera sua.
Una stanza abbastanza grande,con un bagno privato,un letto,un sacco da boxe,una scrivania e un armadio.
Entro e lui si stravacca sulla sedia posta davanti alla sua scrivania.
Mi avvicino e poggio la mia roba su di esso e guardo lo sfaticato davanti a me.
Non si può negare che è di una bellezza accecante.
Lui intercetta il mio sguardo,ma io non lo distolgo.
Lui mi indica un'altra sedia.
La prendo e la sposto accanto a lui,ma abbastanza lontana da riuscire a sopravvivere ad un intero pomeriggio.
«Allora»comincio,«abbiamo detto che facciamo un Power Point».
Neanche il tempo di finire la frase che sento la sua mano sulla mia sedia e uno spostamento d'aria.
Un secondo dopo mi ritrovo con la sua bocca appiccicata al mio orecchio.
Rimango immobile con lo sguardo gelato.
Ho il respiro accelerato e i battiti cardiaci non battono alla frequenza giusta.
Mando giù un groppo di saliva e ascolto ciò che ha da dirmi.
«So che hai intenzione di venire alla mia festa»sussurra con voce roca nel mio orecchio.
Sono un attimo sbalordita,ma mi riprendo.
Annuisco e lui sorride compiaciuto.
Che problemi ha questo tizio?
Ok,forse non li voglio sapere.
Ma sono sicura che sono molti di più di quelli che penso.
Sospiro e mi allontano di nuovo.
«Si,come fai a saperlo?»chiedo ritrovando la voce.
Lui sorride.
È più un ghigno di derisione.
«Un mago non rivela mai i suoi trucchi,mon bijou»dice.
Iniziamo con il lavoro.
Io preparo le slide e lui intanto cerca gli argomenti.
Per fare la prima parte ci mettiamo una quindicina di minuti,e dopo mezz'ora abbiamo già fatto metà lavoro.
Decido di tornare a casa.
Per fortuna non è tanto distante.
Decido di andare a prendere un gelato.
Per mangiarlo quasi mi sporco tutta la maglietta,ma riesco a finire di mangiare in modo decente.
Quando arrivo a casa mia madre è tornata.
Mio padre è più nervoso.
Lo percepisco.
Non ci faccio caso e salgo in cameretta.
È stata una giornata pesante ma intensa.
Finisco la giornata mangiando e leggendo per tutta la notte.
La mattina quasi non mi reggo in piedi.

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