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Sono seduta sul divano a gambe incrociate.
Indosso il mio pigiama preferito, a strisce blu e bianche, morbido e comodo.
Mi serve una serata nella mia confort zone per scaricare tutta la tensione della giornata.
Prendo il mio calice di vino e ne bevo due sorsi abbondanti mentre in tv va uno dei tanti quiz che mi piace guardare la sera.
Da fuori la finestra il rumore della pioggia mi giunge ovattato, creando un sottofondo rilassante.
Mi sento già meglio.
Ren.
Non riesco a non pensarlo. È come se il suo nome fosse impresso a fuoco nella mia mente.
Abbiamo dormito insieme, e a detta sua non abbiamo fatto niente. Anche se avremmo voluto, a quanto ho capito.
Non so come dovrei sentirmi. Non so se posso credergli. Alla fine è uno sconosciuto.
Tutta questa storia sembra una telenovela.
Il campanello di casa mi riporta alla realtà bruscamente.
Guardo istintivamente l'orologio appeso alla parete, sono le 22:35. Chi sarà mai a quest'ora?
Poggio il calice di vino sul tavolino davanti il divano, e mi dirigo verso l'ingresso.
"Chi è?" Chiedo con voce ferma.
Quando mi deciderò ad installare un videocitofono?
Nessuna risposta, ma un altro suono al campanello.
"Chi è?" Insisto con voce più alta.
"Io." Sento rispondere flebilmente.
Ma non riesco a riconoscere la voce, particolarmente bassa e flebile.
Mi innervosisco. Che razza di scherzi sono questi?
Spalanco la porta per dirne quattro a chiunque si sia messo in testa di farmi perdere la pazienza questa sera, incurante del pericolo.
Quando i miei occhi incontrano i suoi, mi paralizzo.
Sto sognando?
Ren è di fronte a me, zuppo d'acqua, che si regge con un braccio alla mia porta.
I capelli bagnati gli ricadono sulla fronte selvaggiamente.
Sento il cuore accelerare.
"Che ci fai qui?" Chiedo mente il vento e l'acqua imperversano alle sue spalle.
Cazzo che imbarazzo. Mi stringo nel mio pigiama.
"Io.. ho dimenticato una cosa qui." Biascica.
Non sta bene?
"Cosa?" Chiedo a voce alta per sovrastare il rumore del temporale.
Guardo alle sue spalle, e la tempesta inizia a diventare pericolosa.
Guardo poi i suoi vestiti fradici. Avrà camminato sotto la pioggia?
Si prenderà un malanno così.
Lo afferro dalla felpa e lo tiro dentro casa, chiudendogli poi la porta alle spalle.
"Sono tutto bagnato.. scusa.." farfuglia.
"Ren hai bevuto?" Gli chiedo subito mettendomi di fronte a lui.
Scuote la testa deciso.
"Cosa hai allora?" Insisto.
È strano, non è in se come sta mattina.
Le sue guance sono rosse, gli occhi socchiusi..
Non è che...
Gli poggio subito una mano sulla fronte.
Cazzo, è bollente.
"Dov'eri?" Gli chiedo mentre gli abbasso la zip della felpa.
Deve assolutamente togliersi questi vestiti bagnati.
Sono sicura che la febbre sia troppo alta.
Non protesta mentre gli sfilo le maniche e lo lascio in t-shirt.
"In campo." Risponde vago.
"Ascoltami. Adesso ti toglierò i vestiti. Non ho cattive intenzioni. Ma non stai bene e non puoi rimanere in queste condizioni." Cerco di dirgli chiaramente.
Lui annuisce e basta.
Gli sfilo la t-shirt dalla testa con la sua collaborazione, e con mani tremanti mi avvio verso i bottoni dei jeans.
Che tensione.
Lui lo intuisce, perché porta le dita sulle mie, si sbottona i jeans e li fa scendere lungo le gambe.
Nel suo sguardo nessuna malizia.
"Vieni, seguimi." Gli dico mentre con le dita afferro la sua mano.
Me lo trascino dietro fino a raggiungere i riscaldamenti.
Posiziono li la poltrona e lo invito a sedersi.
Corro a recuperare un paio di coperte e torno da lui.
Prima cerco di asciugarlo bene, poi lo copro mentre lui si poggia con la testa allo schienale.
Recupero anche il phon dal bagno e gli asciugo i capelli.
Ok Mirea, respira. Mi dico.
Quando ho finito lui è avvolto da due coperte, le gambe muscolose che escono fuori posto e lo sguardo ancora perso.
I suoi capelli sono scompigliati ora che li ho asciugati velocemente. Ma lui è bellissimo.
"Adesso devi misurare la febbre, chiaro?" Chiedo porgendogli il termometro.
Annuisce collaborativo, senza dire nulla.
Ci guardiamo negli occhi, mentre la pioggia ci fa da sottofondo.
Perché è venuto qui? Cosa deve prendere? E poi perché è in questo stato?
Ha detto che era in campo. Si stava allenando con questo tempo? Non avrà una famiglia in pensiero per lui?
Il suono del termometro mi riporta alla realtà.
39, come immaginavo.
"Adesso ti porto una medicina ok? Ren, sei allergico a qualcosa?" Chiedo seria.
Scuote la testa.
"Sei sicuro? È importante." Insisto.
"Sicuro." Risponde soltanto.
Recupero un medicinale per la febbre e torno da lui di fretta.
La manda giù rapidamente e rimane fermo ad osservarmi.
"Che ci fai qui?" Gli chiedo di nuovo.
"Ho lasciato qui.. il mio orologio. Nel cassetto vicino al letto." Risponde a fatica.
Sta davvero male.
"C'era bisogno di venirlo a prendere sotto la pioggia con la febbre?" Chiedo ancora.
Forse sto forzando troppo la mano.
Comunque lui non risponde.
Allungo una mano titubante, e gli sfioro una ciocca di capelli fuori posto.
"Vuoi fare una doccia?" Gli chiedo gentilmente.
Probabilmente averlo asciugato frettolosamente non gli avrà tolto la sensazione di umido addosso.
Scuote la testa.
"Scusa, se mi dai il mio orologio.. vado.." farfuglia.
Gli poggio una mano sulla fronte e mi avvicino a lui spingendolo di nuovo a poggiarsi sullo schienale della poltrona.
"Scordatelo Ren. Non ti faccio uscire sotto quella tempesta in queste condizioni." Dico senza ammettere repliche.
Non risponde; rimane con lo sguardo perso nel vuoto.
Decido di mettermi a sedere sul divano accanto a lui. E tendo una mano a toccargli il braccio.
Lo accarezzo gentilmente con movimenti verticali.
"Dove sono i tuoi genitori? Se vuoi li chiamo così vengono a prenderti." Dico gentilmente.
Una risata nervosa gli parte dal petto e raggiunge la sua gola.
"Non credo possano venire". Risponde soltanto.
"Allora se mi dici dove abiti ti ci porto in macchina." Continuo.
Alza subito lo sguardo e lo rivolge a me; duro e severo.
"Dicevi che non potevi lasciarmi andare sotto la tempesta, ed ora vuoi già sbattermi fuori di casa?" Chiede.
Parla meglio, credo che la medicina stia facendo effetto piano piano.
"Mi preoccupavo solo per te, stupido." Dico mentre le mie dita scivolano dal suo braccio alla sua mano.
Gli accarezzo il palmo aperto che ha mollamente poggiato sul bracciolo della poltrona.
La sua pelle è liscia.
"Hai fame? Ti preparo qualcosa?" Chiedo.
Scuote la testa.
"Andiamo a letto?" Mi chiede poi all'improvviso.
Cosa?
Mi spiazza.
Non credo di aver sentito bene.
O forse si.
"Va bene. Prendi pure il letto. Io dormo qui." Rispondo indicando il divano.
Senza proferire parola si alza lasciando cadere le coperte che aveva addosso.
La sua pelle si riempie di brividi; ha freddo.
Il suo corpo muscoloso è di fronte a me, leggermente illuminato dalle luci del temporale.
Mi sento.. eccitata? È impossibile.
Lo vedo avvicinarsi troppo, e troppo in fretta.
Mi poggia un braccio dietro la schiena ed uno sotto le cosce. Poi mi solleva con facilità.
Non protesto. Sono talmente sorpresa che non so cosa dire o cosa fare.
Raggiunge la mia camera da letto, ovviamente senza perdersi. Ha dormito qui giusto ieri.
Poi con gentilezza mi poggia sulle coperte.
Si stende accanto a me senza dire una parola.
E nonostante il cuore stia per uscirmi dal petto, rimango in silenzio anche io.
Prima di stendermi mi assicuro che sia coperto.
Poi mi sdraio dove lui mi ha posizionata.
Non so cosa dire, cosa fare.. siamo .. estranei.
Non conosco questo ragazzo, eppure non trovo la forza di oppormi.
Dovrei essere turbata dalla sua presenza nel mio letto, eppure non lo sono.
Sento le sue dita sfiorare le mie, così gli permetto di intrecciarle.
E l'ultima cosa che ricordo è la sua stretta gentile. Salda, ma premurosa.



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