6.

0 0 0
                                    

"Perché? Perché vuoi trascinarmi in questa cosa?" Chiedo a Matilde disperata.
Lei alza gli occhi al cielo con fare annoiato.
"Andiamo, è solo una festa a casa Peter. In cosa ti starei trascinando di così terribile?" Risponde.
Dalla sera del suo compleanno quel ragazzino strano ed i suoi amici sono piombati bruscamente nelle nostre vite. Nella mia vita. Nella mia camera. Nel mio letto.
È passata una settimana intera da quando Ren ha bussato alla mia porta carico di febbre e zuppo d'acqua, ed ancora non sono riuscita a smettere di pensarlo.
Non è affatto il momento di rivederlo, o non me lo toglierò più dalla mente.
"Non potremmo uscire con persone della nostra età? Non c'è nessun ragazzo della tua facoltà con cui vuoi passare il tempo?" Le propongo.
Scuote la testa.
"Non come Peter." Risponde.
Mi porto una mano alla fronte.
"Matilde, ha diciotto anni. Diciotto." Scandisco l'età di Peter lentamente di proposito.
"E io ventidue. Non mi sembra una differenza esagerata." Ribatte.
Niente, non c'è modo di convincerla.
"Va bene, fai come credi. Se proprio ti sei presa una cotta .." insinuo.
Lei subito batte una mano sul tavolo.
"Anche se fosse? Che palle Mirea, e vivi un po' la vita dai." Dice seccata.
Mi sento punta un po' nel vivo.
"Perché non vivrei la vita?" Chiedo.
"Perché non fai altro che studiare e dare esami. Punto." Risponde.
"Beh cosa dovrei fare? C'è un motivo se mi sono iscritta all'università." Ribatto.
"Si ma.. amica mia, sei giovane, sei bella, sei intelligente .. puoi fare queste cose e nel mentre divertirti." Risponde.
"Chi ti dice che non mi diverto?" Chiedo incrociando le braccia.
È vero, ho poco tempo da dedicare alle attività che di solito si fanno alla mia età, ma devo lavorare sodo.
"Beh dimostralo. Vieni sta sera con me." Risponde.
"Potremmo divertirci diversamente.." cerco di proporre.
"Mirea!" Mi riprende subito.
Sbuffo.
"Va bene andiamo a questa dannata festa." Mi arrendo.
Matilde scatta in piedi e corre ad abbracciarmi.
"Ma allora ti piace davvero questo Peter?" Le chiedo mentre è stretta a me.
Annuisce.
E allora va bene..

Quando Matilde passa a prendermi rimango a bocca aperta. È bellissima. I suoi riccioli biondi le ricadono morbidi attorno al viso, truccato delicatamente per l'occasione.
Indossa un vestitino rosa corto fin la coscia che la fa sembrare una bambolina.
Io ho optato per una cosa più semplice: corpetto nero, un jeans largo e degli stivaletti sempre neri con un accenno di tacco.
"Sei bellissima Mirea." Mi dice sorridendo.
"Anche tu lo sei." Le rispondo sinceramente.
Il viaggio in macchina è tranquillo. Casa di Peter sorprendentemente dista appena dieci minuti da casa mia.
Quando arriviamo però l'agitazione mi assale.
Cosa sono venuta a fare? Non mi piacciono questi contesti; eppure non riesco a dire di no.
Matilde mi afferra per mano e mi trascina fino alla porta d'ingresso di questa lussuosa villa con piscina. Il Liceo Narai è una scuola privata, perciò avrei dovuto immaginare che la famiglia di Peter fosse ricca, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi dentro una villa in pieno stile hollywoodiano.
Tra l'altro è pieno di adolescenti ovunque io mi giri a guardare.
"Stiamo poco, vero?" Chiedo a Matilde.
La musica che proviene da dentro l'abitazione copre un po' la mia voce tremante.
Matilde non mi risponde nemmeno; mi trascina dentro senza darmi modo di oppormi.
L'ambiente interno è assolutamente lussuoso; ci sono pezzi d'arte e d'arredo ovunque, e tutto sembra costare più del mio intero appartamento.
"Ehi." Sento la voce di Matilde quando la sua corsa si arresta.
Di fronte a lei un poco sobrio Peter la osserva sognante.
"Matilde! Sei venuta allora." Dice, e sembra sinceramente contento.
La mi amica lascia la mia mano e si fionda ad abbracciarlo.
Ma davvero si piacciono così tanto questi due?!
Rimango impalata e in imbarazzo.
Gli occhi di Peter poi mi vedono. Mi sorride e staccandosi da Matilde si avvicina a me.
Quando è ad un centimetro dal mio orecchio, parla.
"Grazie per l'altra sera." Dice senza farsi sentire da nessun altro.
E so che si riferisce alla febbre di Ren.
"Figurati. Lo avrei fatto per chiunque." Dico sminuendo la cosa.
Peter mi guarda con una strana espressione, un misto tra il divertito e l' incuriosito.
Poi sorridendo mi da le spalle e torna da Matilde.
Lui ci sarà?
Mi guardo un po' intorno cercando la sua figura. È così alto che se ci fosse spiccherebbe tra tutti.
"Vado in bagno." Annuncio alla mia amica che sta già chiacchierando fittamente con la sua cotta.
Peter mi da indicazioni su dove trovarlo, così mi dileguo lasciandoli alla loro intimità.
Mi incammino sulle scale che portano al piano di sopra, dove nessuno si sta azzardando a salire.
Evidentemente Peter avrà proibito agli altri di gironzolare per il resto della casa.
E dando un'occhiata rapida agli oggetti che l' arredano capisco il perché.
Trovo la terza porta a sinistra, come ha detto lui, e busso.
Nessuno risponde, ottimo, allora spingo la maniglia ed entro.
Mi chiudo la porta a chiave alle spalle.
Emetto un sospiro e mi rivolgo verso lo specchio.
Posso farcela. Devo farcela. Devo socializzare. Devo essere più estroversa.
Ripeto queste parole come un mantra mentre mi sciacquo le mani con acqua fredda.
Perché sento già il bisogno di andare via? Di scappare? Cosa c'è di sbagliato in me?
Mi guardo allo specchio.
Ho i capelli lunghi e scuri. Sono talmente lisci e sottili da sembrare pochi, invece sono parecchi.
I miei occhi sono grandi grandi, se paragonati al mio nasino, ed anche loro sono scuri.
Mai quanto i suoi.
Gli occhi di Ren mi ritornano in mente all'improvviso. Quanto sono belli.
Sarà venuto anche lui?
Che m'importa poi?
Sospiro e facendomi coraggio torno al piano di sotto.
Non appena scendo l'ultimo gradino, in lontananza, lo noto subito.
La sua figura alta si staglia in lontananza mentre fa il suo ingresso.
Ha una semplice t-shirt scura e dei pantaloni di jeans, eppure sta monopolizzando l'attenzione della stanza.
Delle ragazze si fiondano subito su di lui per salutarlo, ma lui non le ascolta nemmeno. È troppo impegnato a guardarsi intorno.
Poi i suoi occhi mi trovano, ancora ferma sull'ultimo gradino, immobile.
Mi fissano. Tanto, troppo.
Distolgo lo sguardo arrossendo.
Lo vedo farsi largo tra la folla e dirigersi verso di me. Oh no. Perché?
Magari cambierà strada all'ultimo.
Invece no.
Mi raggiunge e si ferma di fronte a me. Vicinissimo, solo un gradino ci separa.
Tra i tacchi ed il gradino riesco a guardarlo negli occhi.
Ancora più belli di come li ricordassi.
"Ciao." Dico imbarazzata.
Siamo davvero troppo vicini.
"Cosa ci fai tu qui?" Mi chiede.
Perché ero eccitata all'idea di incontrarlo? A lui sembra dare addirittura fastidio la mia presenza.
Senza rispondere, con il dito gli indico Matilde e Peter in lontananza che stanno parlando ad un filo di distanza. Credo che manchi poco al bacio.
Gli occhi di Ren seguono il mio dito ed annuisce.
"Vieni, andiamo in cucina." Dice poi.
Non faccio in tempo a rispondere perché Ren afferra la mia mano, e stringendola nella sua, mi fa spazio tra la folla.
Sento il cuore battere all' impazzata. E solo perché la sua mano sta stringendo la mia.
Quando svoltiamo l'angolo ed entriamo nella cucina Ren mi fa poggiare al tavolo che fa da isola.
"Cosa vuoi bere?" Mi chiede.
Faccio spallucce.
"Quello che bevi tu". Rispondo poi.
Lo vedo prendere due bottiglie e venire verso di me.
Me ne porge una.
Fanta.
Una per me ed una per lui.
Lo guardo e poi guardo la Fanta.
"Non bevi?" Chiedo curiosa.
"Non mi piace." Risponde soltanto.
Annuisco. E sono in imbarazzo.
"Sei molto gettonato tra le tue compagne.." mi lascio sfuggire.
I suoi occhi mi stanno scrutando affondo.
"Gettonato?" Mi chiede alzando un sopracciglio.
"Si insomma. Piaci molto." Rispondo in imbarazzo.
Lui poggia un braccio accanto a me e si protende verso il mio viso torreggiando dall'alto.
Siamo di nuovo troppo vicini.
"Tu dici?" Mi chiede.
Il suo sguardo così intenso mi sta mettendo in soggezione.
Arrossisco mentre annuisco.
Sono sicura di quello che dico. So riconoscere il comportamento delle ragazze quando c'è intorno un bel ragazzo.
Lui ride, o meglio, sorride.
Poi si avvicina pericolosamente al mio orecchio, così mi ritrovo il suo collo davanti al viso.
Che profumo meraviglioso che ha.
"E a te, Mirea?" Mi chiede sussurrando.
"Cosa?" Chiedo.
"A te io piaccio?" Continua.
Che imbarazzo.
"Sei di bell'aspetto. È innegabile." Rispondo.
Lui poggia la Fanta sul tavolo e porta l'altra mano dall'altra parte del mio corpo, incastrandomi completamente contro il bancone.
La tensione è altissima, sto addirittura trattenendo il respiro.
Lui sorride appena, e sento lo stomaco andarmi in subbuglio.
"Ren." Sentiamo dire entrambi all'improvviso.
Qualcuno dalla porta lo sta chiamando, ma Ren non accenna nemmeno a voltarsi.
Gli poggio le mani sul petto e lo spingo appena.
Con fatica stacca gli occhi da me, e senza allontanarsi di una virgola gira solo la testa verso la porta.
Un ragazzo lo sta osservando, anzi , ci sta osservando, con espressione seria.
"Sto uscendo a comprare dell'altro alcool. Mi accompagni?" Chiede.
Ren rimane in silenzio, poi mi afferra dalla mano ed inizia a trascinarmi verso il corridoio.
Ma cosa sono una bambola?
"No." Dice soltanto superando il ragazzo.
Attraversiamo lo spazio che divide la cucina dal salone, e mentre la musica diventa sempre più forte, Ren si ferma e mi sbatte contro la parete.
Sobbalzo.
Poi si poggia al muro dietro di me con un braccio, e mi osserva dall'alto.
"Ren.." dico soltanto.
Quando le mie labbra pronunciano il suo nome, nei suoi occhi vedo una scintilla.
Si passa rapido la lingua sulle labbra e poi si avvicina impercettibilmente a me.
Le sue labbra sfiorano le mie, e prima che possa ritrarsi lo afferro dalla maglia e lo attraggo a me.
Le nostre labbra si scontrano, mentre il suo respiro si fa pesante.
Mi passa una mano dietro la schiena, mentre intanto il bacio inizia a diventare più profondo.
Baciarlo è ancora più bello di quanto immaginassi.
La sua bocca sa di Fanta, misto a menta.
Le sue labbra sono morbide e gentili, ma allo stesso tempo esigenti.
Esige un ritmo, ed io cerco di stargli dietro.
Sento il mio corpo sciogliersi mentre gli porto le mani ai capelli.
Infilo le dita tra le sue ciocche scure, mentre lui emette uno strano suono molto profondo, come se gli venisse dal petto.
Si stacca un istante da me per prendere fiato.
Ma non appena lo fa, io lo chiamo per nome.
"Ren." Dico soltanto.
E lui è di nuovo su di me, attraendomi completamente al suo corpo, che mi rifiuto credere essere quello di un liceale.
Ad un tratto abbandona le mie labbra e scende lungo il mio collo piegandosi su di me.
Mi lascia una scia di morbidi baci su tutta la spalla, poi risale fino al mio orecchio.
Mi passa la lingua in un punto particolarmente delicato per me. Come fa a conoscere questa mia debolezza?
"Avevi detto che non avevamo fatto sesso." Lo rimprovero ansimando.
"Ed è vero. Ma ho detto anche che avremmo voluto." Risponde.
Sto ansimando mentre lui torna a baciarmi il collo.
"Cosa intendi?" Chiedo.
Arriva sull'orlo del mio corsetto e mi lascia una scia di baci più casti.
"Che è stato difficile... trattenersi." Risponde.
"Tu o io?" Chiedo cercando di rimanere concentrata.
Lui ride contro la mia pelle.
"Direi entrambi allo stesso modo." Risponde frettolosamente.
E gli credo, perché sento quest'attrazione assurda nei suoi confronti.
Ren si allontana un attimo per guardarmi negli occhi, poi si rituffa a capofitto sulle mie labbra.
Il tempo sembra fermarsi, o solo scorrere più lentamente.
Non so quanti minuti siano passati quando Ren porta anche l'altra mano alla mia schiena e inverte le posizioni.
Si mette con le spalle al muro ed attrae il mio corpo minuto contro il suo.
Mentre ci scambiamo le posizioni, vedo un sacco di gente guardarci. Per la maggior parte ragazze. Ci guardano decisamente scontente.
Mi allontano da lui mettendogli le mani sulle spalle.
"Ok.. forse.. dovremmo fermarci." Suggerisco mentre i miei occhi corrono ad osservare il nostro pubblico poco discreto.
Ren è spettinato, ha le labbra gonfie e rosse e l'espressione beata. Quanto avrei voglia di chiuderlo in una stanza al piano di sopra e continuare a baciarlo.
"Come vuoi." Risponde soltanto.
Annuisco facendo un passo indietro.
Lui stacca le spalle dalla parete, ma nemmeno per una volta si guarda intorno.
I suoi occhi sono concentrati su di me.
"Mi dispiace.. aver dato spettacolo davanti ai tuoi compagni." Dico arrossendo.
Solo ora lui gira la testa a destra e sinistra guardandosi intorno.
Poi sorride. Sorride e arrossisce anche lui.
"Vieni." Mi dice infine afferrandomi dalla mano.
Le sue dita scivolano tra le mie con estrema familiarità, come se stessimo insieme da sempre. Come se fossimo abituati a farlo.
Io non posso fare che seguirlo.

Blu scuro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora