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"Aspetta, cosa? Matilde, stai scherzando?" Chiedo per niente divertita.
La mia migliore amica scuote la testa dopo di che si sistema meglio gli occhiali sul naso.
"Mi avete lasciata andare via con uno sconosciuto e non avete battuto ciglio?" Sbraito. Qualcuno si gira verso di noi.
"Shhhhh". Matilde mi fa subito cenno di abbassare la voce.
La mensa della sua facoltà, dove l'ho raggiunta per farmi spiegare cos'è successo ieri, è davvero caotica.
"Che razza di amica sei?" Le dico arrabbiata.
"Avrebbe potuto stuprarmi.. o che ne so, uccidermi." Continuo.
"Oh beh.. diciamo che temevamo succedesse il contrario." Risponde ridendo.
Si porta la cannuccia del succo alla bocca.
"Il contrario?" Chiedo confusa.
Sono abbastanza nervosa, e Matilde non mi sta aiutando.
"Si, nel senso che ieri sera eri un po.. come dire.. molesta." Risponde.
"Cooooosa?" Urlo di nuovo.
"Shhh, vuoi smetterla di urlare?" Mi riprende ancora.
Qualcuno ci lancia occhiatacce che ignoro.
"In che senso sarei stata molesta? Lui era nel mio letto, mezzo nudo. E la molesta sarei io?" Chiedo arrabbiata.
Matilde ride.
"Diciamo che non gli hai lasciato molta scelta." Risponde.
La guardo interrogativa.
Lei alza gli occhi al cielo.
"Si insomma, dopo che si sono seduti al nostro tavolo ti sei appiccicata a lui e non ti sei più mossa." Continua.
"Io appicciata a lui? Ma se era lui che.. che.." non so cosa dire. Non ricordo niente di niente.
"Eri tu. Non lo hai mollato un secondo. Ti sei addirittura piazzata in braccio a lui e addormentata." Racconta.
"Non è possibile. Non è quello che ricordo." Rispondo.
"E cosa ricordi?" Chiede subito lei.
"Beh.. nulla." Rispondo.
"Esatto. Nulla. Allora fidati di chi c'era." Dice.
Sposto lo sguardo verso il fondo della mensa, dove decine di persone sono accalcate al banco dei dolci.
"Non è possibile. Avevi bevuto anche tu. Ti starai sbagliando. Non ci sono dei filmati delle telecamere?" Chiedo senza guardarla.
"Si, e credi che li daranno a noi?" Risponde seria.
Faccio spallucce.
Che situazione.
"Ascolta, fossi in te, andrei solo a scusarmi con lui. E basta. Poi chiuderei il capitolo. Tra qualche giorno non se ne ricorderà nemmeno." Continua seria.
"Scusarmi? E lui? Lui non dovrebbe scusarsi per aver dormito nel mio letto?" Chiedo.
Intanto infilo in bocca un pezzo di pane.
Matilde ride.
"È stato un gentiluomo! Ti ha tenuta al sicuro da tutti gli sbronzi del locale e poi ti ha accompagnata a casa. Non so come sia finito nel tuo letto, ma almeno per questo dovresti ringraziarlo." Dice seria.
Mi mordo l'interno della guancia.
Ha ragione; non ho ricordi di ieri sera, ma ho memoria di questa sensazione di protezione, di tranquillità.
Mi sarei potuta svegliare con un cinquantenne delinquente sta mattina, invece che con lui.
Forse anche lui avrebbe voluto trascorrere la serata in maniera diversa, ed io ho rovinato i suoi piani.
"E va bene. Ma come lo trovo per scusarmi?" Chiedo arresa.
Gli occhi di Matilde si illuminano mentre sorride e batte le mani davanti a se.
"Facile. A scuola, no? Manca mezz'ora alla fine delle lezioni, se partiamo ora dovremmo incontrarli." Risponde.
Cazzo. Il Liceo, certo.
Nononononono. Perché sono finita in questa storia.
"Ma come si chiama?" Le chiedo sentendo l'ansia aumentare.
Intanto Matilde si è alzata e si sta infilando il giubbotto.
Estrae dalla borsa le chiavi della macchina e mi guarda confusa.
"Ed io cosa ne so?" Mi risponde.
Andiamo bene.

"Questa è una pessima, pessima, idea." Dico mentre lei mi sta trascinando dal braccio verso il cancello del Liceo Narai.
Quanti ricordi abbiamo qui.
"In fondo, credo che sopravvivrà anche senza le mie scuse. Andiamo, sono una sconosciuta per lui. Chi se ne frega." Continuo a lamentarmi.
Intanto numerosi ragazzi e ragazze iniziano ad inondare l'uscita principale; riconosco subito la divisa femminile, che ancora tengo conservata gelosamente nell'armadio.
Alcuni si fermano in gruppetti; altri sfrecciano sulle auto dei genitori che li stanno aspettando.
Ricordo la tranquillità della vita da liceale con nostalgia.
Poi vengo scossa bruscamente dalla mano di Matilde.
"Eccoli, eccoli." Dice eccitata.
"Perché parli al plurale?" Le chiedo confusa.
Poi un'illuminazione.
"Aspetta. Mi hai trascinata in questa storia assurda, perché ti piace qualcuno dei suoi amici, giusto?" Le dico spalancando gli occhi.
Matilde cerca di ricomporsi.
Si sistema i pantaloni e mi guarda con sguardo innocente.
Non ci credo.
"Matilde non ci credo. Mi hai fatta venire qui.. per un tuo tornaconto. Tu.." Mi mancano le parole.
Matilde si aggrappa al mio braccio.
"Scusa scusa scusa scusa. Ma non saresti mai venuta altrimenti." Dice lagnandosi.
Alcune ragazze ci passano affianco lanciandoci occhiate sospette.
"Mi hai manipolata Mati. Che brutta cosa." La rimprovero mettendomi braccia conserte.
Lei poggia la testa sulla mia spalla.
"Eddai scusami. Non sapevo come altro convincerti." Risponde.
"Ma almeno, tutto quello che mi hai detto è vero?" Le chiedo.
Annuisce.
Perché le perdono sempre tutto?
"Dovresti scusarti con lui." Risponde.
Annuisco.
Sono una donna matura, posso farcela.
Allora perché ho l'ansia?
Matilde inizia a sbracciarsi in direzione di un gruppetto di ragazzi.
In tanti, molti, forse tutti, si girano a guardarci.
Che vergogna. Voglio solo andare via al più presto.
Stringo l'orlo della manica forte tra le dita, quando i miei occhi incontrano i suoi.
Il respiro mi muore nel petto.
È.. veramente bello.
Cerco di guardare ovunque tranne che in quelle pozze scure, ma è difficile.
Quando i ragazzi arrivano a pochi metri da noi, uno di loro accelera il passo e ci raggiunge correndo.
"Ragazze che bello vedervi." Dice rivolgendo il suo sguardo solo alla mia amica, che intanto sta andando in brodo di giuggiole per lui.
Ma cosa mi sono persa ieri?
"Ciao Peter." La sento dire con voce flebile.
"Come stai Mirea?" Mi chiede.
Conosce il mio nome??
Abbiamo confidenza noi?
Annuisco sorridendo, sono spiazzata. Non so cosa cazzo dire.
La sua chioma scura è sempre più vicina intanto, fin quando non me lo trovo di fronte.
Il suo sguardo è divertito. Non dovrebbe essere arrabbiato con me?
"Senti.." dico facendo un passo verso di lui.
Ma subito vengo distratta da un vociare che si alza dalla mia destra.
Un gruppetto di una decina di ragazze ci sta osservando intensamente.
Lui non mi toglie gli occhi di dosso.
Mi schiarisco la gola, chiaramente in imbarazzo.
"Sono venuta per scusarmi per ieri. E per sta mattina. Mi dispiace. Matilde mi ha raccontato come sono andate le cose. Scusa per averti dato del maniaco". Dico tutto d'un fiato.
Lui incrina un sorriso malizioso, ed emette una piccola risata.
Dio, che vergogna. Mi sto scusando con uno scolaretto, per cose che nemmeno ricordo.
"... e scusa per averti.. importunato." Dico tossendo a bassa voce.
Lui mette entrambe le mani in tasca e sorride.
"Non mi hai importunato." Risponde finalmente.
La sua voce è divertita. Cosa ci trova di divertente in tutto ciò?
"Io non ricordo nulla.. ma Matilde mi ha detto.." inizio ma lui mi blocca subito.
"Non ricordi proprio nulla?" Mi chiede interrompendomi.
Scuoto la testa.
Lui annuisce abbassando lo sguardo.
Gli sguardi delle ragazze alla nostra destra stanno diventando pungenti. E le parole che mi pare di sentire pure. Che problemi hanno?
"Senti, possiamo spostarci di qualche metro?" Gli chiedo gentilmente.
Lui lancia un'occhiata di rimprovero al gruppetto, e poi annuendo mi fa cenno di seguirlo.
Ci allontaniamo di una ventina di metri dagli altri e dal cancello della scuola, quando lui si ferma sotto un salice.
Si poggia alla panchina che è semi nascosta dai suoi rami e mi guarda con le mani congiunte.
Perché gli ho proposto di appartarci? Sono proprio una deficiente. Che impressione gli starò dando?
"C'erano.. troppi occhi ed orecchie li." Sento di dovermi giustificare.
Lui annuisce.
È davvero di poche parole.
"Perché hai dormito a casa mia?" Chiedo all'improvviso.
Lui mi guarda abbassando un sopracciglio.
"Io mi sono scusata, dovresti farlo anche tu visto che potevi lasciarmi li ed andartene. Invece hai deciso di spogliarti e dormire con me. Mentre ero incosciente." Dico a braccia conserte.
Ecco l'ho detto. Non è tutta colpa mia.
Lui ride.
"Non mi sono spogliato. Mi hai spogliato tu." Risponde semplicemente.
Il suo tono è pacato, non tradisce nessuna emozione.
Spalanco la bocca incapace di parlare.
Cosa ha detto?
"Io?" Riesco a chiedere.
"Si, tu." Risponde.
"Ma .. ma .. tu avevi detto che noi non abbiamo.." balbetto in preda al panico.
"Non abbiamo fatto niente. È vero." Risponde.
"Allora perché ti avrei spogliato se non abbiamo fatto sesso?" Ribatto.
Mi pento subito di aver pronunciato la parola sesso. Come se fosse un tabù. Ma lui non l'ha mai pronunciata fino ad ora. Ne sta mattina, ne adesso. Mi sento una pervertita.
"Ho detto che non lo abbiamo fatto. Ma non che non avremmo voluto." Risponde semplicemente.
Il suo tono tranquillo inizia a darmi sui nervi.
"Che significa?" Chiedo preoccupandomi seriamente.
Cosa cazzo è successo ieri?
Lui mi osserva dalla testa ai piedi, poi torna a guardare all'orizzonte.
Ha l'aria stanca. Avrà dormito poco, ed io lo sto trattenendo qui a parlare di cose che probabilmente nemmeno gli interessano.
"Significa che non è successo niente proprio perché eri ubriaca. Ma mi hai chiaramente detto di volerlo fare." Risponde.
"Senti, ma cosa cazzo racconti? Ti avrei detto di voler fare sesso con te, e ti avrei spogliato? Ma ti rendi conto che sono più bassa di te di dieci centimetri? Con che forza ti avrei spogliato? Ti stai inventando tutto." Sbraito.
Non ci capisco più niente.
Lui mi osserva corrugando la fronte.
"Non permetterti di accusarmi di cose delle quali non ricordi nulla. Se stai pensando che ho approfittato di te, toglitelo dalla testa. Eri ubriaca, non ti ho toccata con un dito." Dice alzandosi e mettendosi di fronte a me.
Troppo vicino.
I suoi occhi mi ipnotizzano.
"Vuoi delle scuse? Scusa. Scusa se mi sono assicurato che nessun maiale presente nel locale ti mettesse le mani addosso per tutta la sera. E scusa se non ho opposto resistenza quando mi hai spogliato. So perfettamente che avrei dovuto.. ma ero stanco. E.." inizia ma non conclude.
"E?" Lo incalzo.
Lui si ricompone. Rimette le mani in tasca e guarda lontano; oltre me, oltre la mia figura. Superandomi.
"E stavo bene con te." Conclude.
Poi mi da le spalle e si incammina verso i suoi amici a passo svelto.
Lo raggiungo quasi correndo.
"Aspetta." Dico con un accenno di fiatone.
L'intera scuola ci sta osservando.
Lui mi guarda.
"Come.. come ti chiami?" Chiedo deglutendo.
La mia mano aggrappata al suo braccio che lo trattiene.
I suoi occhi corrono nel punto dove la nostra pelle si incontra; poi passano ai miei occhi.
"Te l'ho detto ieri, Mirea."Risponde soltanto.
Lascio andare la presa quando lui pronuncia il mio nome.
Com'è bello detto dalla sua voce.
Annuisco e lo supero sbattendo contro la sua spalla.
Mi avvio verso Matilde per avvisarla che sto andando via, quando la sua figura mi affianca.
È così alto che è impossibile non notarlo.
"Ren." Dice soltanto.
Poi mi supera e raggiunge i suoi amici.
Io mi fermo e rimango bloccata.
Ren.
Si chiama Ren.

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