Scomode verità

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"Tom... tu cosa sai della camera dei segreti?"

Tom si aspettava che prima o poi questa domanda sarebbe ritornata.

E si stava preparando ad affrontarla.

Solo che non credeva che sarebbe arrivata così in fretta.

Davvero Harry era riuscito a connettere le informazioni ricevute così rapidamente?! Che Tom lo avesse sottovalutato a tal punto?

No, probabilmente non era stato Harry.

In ogni caso, Tom doveva rispondere, ma non poteva dare per scontato che Harry avesse effettivamente scoperto il suo coinvolgimento.

Magari poneva la domanda per altri motivi.

Meglio non mettere tutte le carte in tavola.

"Perché mi poni questa domanda?" chiese, facendo il vago.

Nel dubbio sempre fare il vago.

E si rese conto troppo tardi che fare il vago, in quella precisa circostanza, non era stata l'idea migliore del mondo.

Infatti, pochi istanti dopo aver rigirato appena la domanda, per prendere tempo e valutare quanto dire, sentì una sgradevole sensazione, come se il filo indissolubile che lo collegava a Harry da mesi e che ormai stava diventando una certezza sempre più spessa, gli venisse strappato via dalle mani, all'improvviso, lasciandolo a vagare da solo nel vuoto senza un faro che gli indicasse la via.

Fu una sensazione disorientante e anche particolarmente sgradevole.

Davvero bastava un attimo di esitazione per perdere la connessione con Harry.

Il ragazzo gli rispose dopo qualche secondo.

"Ogni volta che cerchi di evitare una domanda rispondi sempre così. Cosa mi stai nascondendo, Tom? Cosa sai della Camera dei Segreti che non mi hai detto?" c'era una certa pressione della penna, e qualche macchia di inchiostro.

Secondo l'analisi di Tom, che aveva imparato a discernere il significato di ogni lettera scritta da Harry, al momento il dodicenne era nervoso, arrabbiato, possibilmente ferito e chiaramente agitato.

Ma Tom non sapeva cosa rispondere.

Per la prima volta, forse in tutta la sua vita, non aveva la minima idea di cosa fare.

Si era preparato a quel momento, l'aveva temuto, l'aveva aspettato, aveva creduto che non sarebbe mai arrivato perché Harry non sarebbe stato abbastanza sveglio da fare alcun collegamento, ma ora che lo affrontava, si sentiva in balia delle onde, perché qualsiasi cosa avrebbe detto in quel momento, avrebbe cambiato la concezione che Harry aveva di lui.

No, anzi, in realtà la concezione che Harry aveva di lui era già cambiata parecchio, vista l'improvvisa chiusura della porta che dava su di lui.

Tom non rispose.

Non riusciva a pensare.

Si sentiva soffocare nuovamente da quel nero che aveva sperato di non rivedere mai più.

Come poteva una persona che pochi giorni prima gli aveva detto che gli voleva bene, voltargli le spalle così facilmente?! Aveva ragione a non volersi fidare di nessuno! Nessuno, neanche Harry, era alla sua altezza.

Così, Tom, non rispose.

Lasciò Harry in attesa, in silenzio.

Per minuti, o forse ore, o forse anche settimane, chissà.

Non riusciva a capirlo.

Tom sperò che Harry lo gettasse via da qualche parte, così da non essere più costretto a provare quelle sgradevoli sensazioni.

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