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Una mattina, mentre ero seduta sul bordo del letto, osservando la luce fioca filtrare attraverso le tende pesanti, Merope entrò nella stanza. Portava un vassoio con del tè caldo e qualche biscotto, cercando di offrirmi un po' di normalità in mezzo al caos.

"Iris, devi mangiare qualcosa," disse dolcemente, posando il vassoio accanto a me. "Non puoi continuare così."

La guardai, i miei occhi vuoti e stanchi. "Non ho fame," risposi, la mia voce un sussurro spento. La verità era che il pensiero del cibo mi nauseava; il mio corpo e la mia mente erano troppo occupati a combattere il ricordo dell'ultima punizione di Voldemort.

Merope si sedette accanto a me, il suo sguardo colmo di preoccupazione. "Iris, ti prego," insistette. "So che è difficile, ma devi prenderti cura di te stessa. Non possiamo permettere che lui ci distrugga."

Mentre cercavo di trovare la forza per alzarmi, un elfo domestico apparve davanti a me. Era una creatura piccola e dall'aspetto misero, con occhi grandi e tristi. Mi guardò con un misto di timore e compassione. "Padrona Iris," disse con una voce tremante. "Il Signore Oscuro desidera vederti."

Sentii il cuore sprofondare nel petto. La paura mi attanagliò, ma non c'era possibilità di rifiutare. Mi alzai lentamente, ogni passo un peso insopportabile. Seguii l'elfo lungo i corridoi oscuri e freddi della villa, il terrore che aumentava ad ogni passo.

Arrivammo davanti a una porta che non avevo mai notato prima. L'elfo aprì con una leggera spinta e mi indicò di entrare. "Il Signore Oscuro è nel bagno," sussurrò, quasi scusandosi per ciò che stava per accadere.

Varcai la soglia con riluttanza, il cuore martellante nel petto. La stanza era illuminata da candele sparse, e il vapore riempiva l'aria. Voldemort era immerso in una grande vasca, la sua figura pallida e magra parzialmente nascosta dall'acqua. Mi guardò con occhi freddi e inespressivi. "Vieni qui, Iris," ordinò, la sua voce come un veleno che si infiltrava nella mia mente.

Mi fermai, il corpo rigido per la paura e il disgusto. "Mio Signore..." cominciai, ma lui mi interruppe con un gesto impaziente della mano. "Entra nella vasca."disse con voce tagliente.

Con mani tremanti, iniziai a togliere i vestiti, ogni pezzo che cadeva a terra era un altro frammento della mia dignità che veniva distrutto. Entrai nella vasca, l'acqua calda che contrastava con il freddo del terrore che provavo.

Voldemort mi guardò con disprezzo. "Avvicinati," comandò, e io obbedii, avvicinandomi a lui con riluttanza. Sentii la sua mano afferrarmi per il braccio, tirandomi più vicino fino a che i nostri corpi non si toccarono sotto l'acqua.

Con un gesto brusco, mi fece poggiare la testa sul suo petto. L'odore di incenso e di sapone si intrecciava nell'aria, mescolandosi con il mio terrore. Sentii il battito del suo cuore, un ritmo freddo e regolare, e il contatto della sua pelle sulla mia mi fece rabbrividire.

"Devi imparare a fidarti di me, Iris," sussurrò, la sua voce un sibilo nel mio orecchio. "Solo allora potremo essere veramente uniti."

Chiuse gli occhi, eppure potevo sentire la sua tensione, il suo controllo assoluto su di me. Ero come una marionetta nelle sue mani, impotente e vulnerabile.

Quando Voldemort finalmente uscì dalla vasca, lasciandomi sola nell'acqua, un senso di sollievo misto a disgusto mi pervase. Mi affrettai a uscire, sentendo l'acqua scorrere via dal mio corpo come se fosse contaminata dal suo tocco. Con mano tremante, mi avvolsi in un accappatoio e mi avventurai fuori dal bagno, desiderando solo di allontanarmi da quell'atmosfera opprimente.

Decisi di prendere il controllo della mia vita, almeno per quella sera. Con passo deciso, mi diressi verso il salotto di Villa Riddle, desiderando un po' di normalità in mezzo a tutto il caos. Quando entrai, Merope mi guardò sorpresa, ma il suo viso si illuminò all'idea di trascorrere del tempo insieme. "Che cosa stai facendo qui?" chiese, gli occhi pieni di curiosità. "Voglio dimenticare tutto per una notte," risposi con voce ferma. "Voglio ballare, ridere, essere libera."

Merope sorrise, comprendendo il mio desiderio. "Allora facciamolo," disse, alzandosi e accendendo la musica. Le luci soffuse e la musica vibrante crearono un'atmosfera di festa nel salotto deserto. Prendemmo delle bottiglie di vino dalle credenze, versando il liquido rubino nei bicchieri. "Alle nostre libertà," disse Merope, alzando il bicchiere. "Alle nostre libertà," ripetei, brindando con lei.

Le note frenetiche della musica riempirono l'aria mentre ballavamo, lasciandoci trasportare dal ritmo. Per un attimo, dimenticai tutto il dolore e la paura, concentrata solo sul momento presente. Ridemmo insieme, scherzando e raccontandoci storie di tempi migliori. Era come se per una notte, fossimo solo due ragazze normali, libere da ogni peso e responsabilità.

Mentre ballavamo nel salotto, immersi nella nostra piccola fuga dalla realtà, un brivido di paura mi attraversò la schiena quando sentii un rumore provenire dall'ingresso. Voltandomi, vidi Voldemort, il suo volto contorto dalla rabbia e dalla sorpresa.

Il cuore mi si fermò, e un gelo di terrore mi paralizzò mentre lo guardavo avvicinarsi con passo deciso. Merope si fermò di colpo, gli occhi spalancati dalla paura. "Che cosa pensate di fare qui?" sibilò Voldemort, la sua voce tagliente come un coltello affilato. La sua presenza riempiva l'intero salotto, soffocante e opprimente.

Riuscii a balbettare una scusa, cercando di nascondere il mio terrore dietro un sorriso falso. "Stavamo solo cercando di rilassarci un po'," dissi, cercando di suonare il più naturale possibile. Ma il suo sguardo freddo e implacabile mi penetrava, leggendo ogni mio pensiero, ogni mia paura. "Non ti ho ordinato di restare nella nostra stanza?" ringhiò, la sua voce risuonava come un tuono nell'aria. Sentii le mie gambe cedere sotto il peso del suo sguardo. "Mi dispiace, Signore," balbettai, abbassando lo sguardo di fronte alla sua furia.

Poi, con un gesto brusco, si avvicinò a me, il suo volto a pochi centimetri dal mio. Il suo respiro era come un'onda di gelo, facendomi rabbrividire di terrore. "Sei mia," sibilò. Con un cenno della mano, i suoi Mangiamorte si avvicinarono, pronti ad obbedire ai suoi ordini senza esitazione. "Portate la ragazza nelle segrete," comandò Voldemort con voce tagliente, indicando Merope con un gesto del mento.

Merope tremava di paura, il terrore dipinto sul suo volto pallido. Cercai di dire qualcosa, di protestare, ma le parole morirono sulla mia bocca mentre i Mangiamorte la afferravano e la trascinavano via, scomparendo nelle profondità oscure della villa.

Poi, il suo sguardo tornò su di me, bruciando come il fuoco. "Tu, vieni con me," disse, indicando la camera matrimoniale con un cenno della mano.

Il cuore mi si strinse nel petto, il terrore si riversava dentro di me come un fiume in piena. Sapevo cosa aspettarmi, sapevo cosa mi attendeva dietro quelle porte chiuse.

Ma non c'era modo di sfuggire al suo comando, non c'era scampo dalla sua volontà implacabile. Ero sua, completamente e irrevocabilmente.

Con passo incerto, mi avvicinai alla porta della camera matrimoniale, il terrore stringendomi il cuore. Mentre varcavo la soglia, sapevo che quella notte sarebbe stata come tutte le altre: un'agonia di paura e disperazione, sotto il dominio di un uomo che era diventato il mio carceriere e il mio torturatore.

La porta si richiuse dietro di me con un tonfo sordo, isolandomi nella stanza oscura e opprimente. Voldemort si avvicinò lentamente, il suo sguardo freddo e implacabile penetrava nel mio animo, leggendo ogni mia paura, ogni mia debolezza. "Vieni qui," ordinò, la sua voce tagliente come un rasoio.

Con le gambe che tremavano, mi avvicinai a lui, ogni passo come un peso insopportabile. "Mio Signore," balbettai, cercando di nascondere la paura dietro un velo di rassegnazione.

Mi afferrò per il braccio con una presa ferma e mi tirò verso di lui, il suo respiro gelido sul mio viso.
Mi spinse con forza contro il letto, la sua figura alta e minacciosa sovrastandomi. "Sei mia, e io farò di te ciò che voglio."

Chiuse le mani intorno al mio collo con una presa ferrea, bloccando il mio respiro. L'aria si fece rarefatta, il terrore si diffuse in ogni fibra del mio essere mentre lottavo per respirare, per sopravvivere. "La tua vita mi appartiene, e tu mi appartieni."

La sua presa si allentò, lasciandomi a singhiozzare sul letto, il terrore ancora intrecciato dentro di me come un serpente avvelenato. Ero sua prigioniera, intrappolata in un mondo di oscurità e disperazione, senza via di fuga. E mentre il buio della notte avvolgeva la stanza, sapevo che non c'era speranza per me, solo il vuoto e il terrore della sua dominazione implacabile.

Sotto il Regno delle Tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora