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Mi risvegliai la mattina seguente, avvolta nelle lenzuola di seta fredda. Il peso del corpo di Voldemort accanto al mio era rassicurante e opprimente allo stesso tempo. Sentii il suo respiro regolare e capii che era ancora addormentato. Mi girai lentamente per non svegliarlo, cercando di raccogliere i pensieri della notte precedente.

Nonostante il terrore e la confusione, mi era concesso un momento di calma. La sua lettura mi aveva calmata, ma non potevo dimenticare chi fosse e cosa rappresentasse per me. Eppure, in quel momento, sembrava un uomo come tanti altri, immerso nei suoi sogni e vulnerabile.

Decisi di alzarmi senza far rumore. Avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere da sola. Mi infilai una vestaglia e camminai verso la finestra, guardando fuori il giardino illuminato dal primo sole del mattino. Le immagini della notte precedente, le favole e la lettura, si mescolavano ai miei pensieri confusi.

"Sei già sveglia?" La voce di Voldemort mi fece sussultare. Mi voltai lentamente per incontrare il suo sguardo, ora sveglio e penetrante.

"Sì, mio Signore," risposi con un filo di voce, cercando di nascondere la mia ansia. "Non volevo disturbarti."

Lui si alzò dal letto con una fluidità inquietante, avvicinandosi a me. "Non devi nasconderti da me." Il suo tono era quasi affettuoso, ma sapevo che dietro quelle parole c'era sempre la minaccia della sua vera natura. "Vorrei solo... prendere un po' d'aria," dissi, sperando che mi permettesse di allontanarmi per qualche momento. Voldemort annuì lentamente, un sorriso sottile sul volto. "Va bene. Ma non allontanarti troppo."

Annuii e mi diressi verso il giardino, cercando di trattenere il respiro fino a quando non fui fuori dalla sua vista. L'aria fresca del mattino mi colpì il viso, portando con sé un senso di libertà temporanea. Mi sedetti su una panchina di pietra, cercando di raccogliere i pensieri e prepararmi per ciò che sarebbe venuto.

Sentii la presenza di qualcuno accanto a me e alzai lo sguardo per vedere Merope, la sua espressione preoccupata. "Stai bene, Iris?" chiese con voce bassa."Sì, Merope," risposi, anche se sapevo che la mia voce tradiva la mia vera condizione. Mi appoggiai al suo braccio e insieme guardammo il giardino, cercando conforto nella solidarietà e nella speranza di un futuro migliore.

Non passò molto tempo prima che un elfo domestico si avvicinasse a noi, visibilmente agitato. "La signora Iris deve tornare dentro. Il Signore Oscuro la cerca," disse con voce tremante. Mi scambiai uno sguardo preoccupato con Merope prima di alzarmi e seguire l'elfo dentro la villa.

Entrando nel grande salone, trovai Voldemort in piedi accanto alla finestra che dava sul giardino. La sua espressione era di pura collera. "Cos'è successo alla siepe?" chiese con voce bassa e pericolosa.

Mi fermai, cercando di mantenere la calma. "Stavo giocando a calcio con mio cugino Sirius, mio Signore. Non avevamo intenzione di causare danni," spiegai, sperando che la mia sincerità lo placasse.

"Giocare a calcio?" ripeté, la sua voce piena di disprezzo. "Mentre io ti ho dato un ruolo di responsabilità e dignità, tu ti comporti come una bambina sciocca?"

Sentii il panico crescere dentro di me. "Mi dispiace, mio Signore. Non accadrà più," promisi, abbassando lo sguardo.

Ma la sua rabbia non si placò. Con un movimento rapido, sollevò la bacchetta e la puntò verso di me. "Non tollero disobbedienza e irresponsabilità," sibilò. "Crucio!"

Il dolore esplose attraverso il mio corpo, una morsa di agonia che mi fece cadere in ginocchio. Sentivo le grida esplodere dalle mie labbra mentre il dolore mi travolgeva, lasciandomi senza fiato e incapace di pensare a qualsiasi altra cosa.

Quando finalmente il dolore cessò, rimasi a terra, tremante e distrutta. Voldemort mi guardava con una fredda indifferenza. "La prossima volta, ricorda chi sei e qual è il tuo posto," disse, girandosi poi verso l'elfo domestico. "Ripara la siepe e assicurati che nessuno dei bambini entri più nel giardino senza il mio permesso."

L'elfo annuì freneticamente e corse via. Voldemort mi gettò un ultimo sguardo gelido prima di uscire dalla stanza, lasciandomi lì, sola e dolorante.

Merope accorse verso di me, aiutandomi a rialzarmi. "Devi essere più cauta, Iris," mi sussurrò, la voce piena di preoccupazione. "Non puoi sfidarlo così."

Annuii debolmente, ancora scossa dalla punizione. "Lo so. Devo stare attenta," risposi, cercando di trovare la forza per affrontare un altro giorno in quell'inferno.

Merope mi abbracciò brevemente prima di aiutarmi a tornare nella mia stanza. Il pensiero di ribellione sembrava così lontano ora, sepolto sotto strati di paura e dolore. Ma dentro di me, una piccola scintilla di resistenza continuava a bruciare, alimentata dalla speranza che un giorno tutto questo sarebbe finito.

Sotto il Regno delle Tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora