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Nel cuore del sontuoso salone da ballo, circondati da una moltitudine di Mangiamorte e alleati, Voldemort e io ci trovavamo al centro dell'attenzione. Le pareti scintillavano sotto la luce calda di centinaia di candele sospese, mentre l'elegante orchestra faceva vibrare l'aria con una melodia maestosa. I pavimenti di marmo riflettevano gli abiti scuri, le maschere raffinate, i brindisi sommessi: ogni dettaglio contribuiva a creare un'atmosfera tanto incantevole quanto inquietante.

Voldemort alzò il calice d'argento e la musica si spense gradualmente, lasciando spazio alla sua voce che si levò decisa e inconfondibile, riverberando sotto le alte arcate.
«Ho una notizia da condividere con tutti voi,» annunciò, lo sguardo freddo e penetrante che attraversava la sala con autorità assoluta. «La nostra famiglia si prepara ad accogliere una nuova vita. Mia moglie, Iris, è di nuovo incinta.»

Un brusio si levò tra gli ospiti. Alcuni si affrettarono ad applaudire, altri si scambiarono sguardi di sorpresa o approvazione. Le congratulazioni si susseguirono, sussurrate o ostentate, e io sentii la mia mano avvolta da quella di mio marito. Il suo tocco era freddo come sempre, ma in quel gesto c'era una sorta di riconoscimento, una forma d'orgoglio oscuro che mi diede forza. Lo guardai con un sorriso velato ma sincero, e per un istante la mia gratitudine superò la paura.

Quando la musica riprese e ci muovemmo tra le note del valzer, vidi Bellatrix Lestrange farsi strada tra gli invitati, il suo volto illuminato da un sorriso tanto affascinante quanto carico di veleno. Si avvicinò come un'ombra sottile e ineludibile.

«Congratulazioni per la tua gravidanza, Iris,» disse, inclinando appena il capo. La sua voce era mielata, ma ogni sillaba era un ago sottile.

«Ti ringrazio, Bellatrix,» risposi con un tono cortese ma gelido, il mio sorriso teso come il filo di una lama.

Sapevo che non era felicità quella che provava. Sapevo che il suo sguardo bruciava d'invidia, di frustrazione, forse anche di un amore malato e mai corrisposto per l'uomo che ora ballava con me.

Continuai a volteggiare nella danza, mantenendo la postura impeccabile, ma sentivo il peso del suo sguardo sulle spalle. Era come un artiglio invisibile, che cercava ogni imperfezione nel mio comportamento, ogni segno di debolezza. Ma non gliene avrei dato. Non quella sera.

La sua presenza era una minaccia sottile, costante. Ma in mezzo a quella folla, nella stretta di Voldemort e sotto gli occhi di un'intera congrega di mostri mascherati da nobili, capii una cosa: se volevo proteggere me stessa, Orion e il bambino che cresceva dentro di me, avrei dovuto essere più forte di tutti loro. Anche di lei.

Dopo il ballo, rientrai alla villa con Orion tra le braccia, le luci soffuse dei corridoi che scivolavano sui nostri volti stanchi ma sereni. L'euforia della serata aleggiava ancora nell'aria, come un profumo dolce che non voleva svanire.

Lo accompagnai nella sua stanza, e mentre lo aiutavo a togliersi l'abito elegante, gli raccontai con voce lieve dei momenti più belli della serata: le musiche, le danze, i fiori sospesi nell'aria incantata. "È stata una serata fantastica, vero, mamma?" chiese lui, gli occhi grandi ancora pieni di meraviglia.

"Sì, amore mio. Una di quelle da ricordare," risposi, sfiorandogli la guancia con un bacio.

Lo avvolsi con le coperte soffici mentre lui si raggomitolava come un cucciolo, il sorriso lento di chi si sente al sicuro. "Buonanotte, mamma," mormorò, gli occhi ormai socchiusi.

"Buonanotte, tesoro mio," sussurrai, accendendo la lampada accanto al letto e spegnendo con un gesto leggero quella principale.

Chiusi piano la porta dietro di me, lasciando che il silenzio della villa avvolgesse ogni cosa. Camminando lungo il corridoio, con una mano posata sul ventre appena arrotondato, sentii nel cuore la consapevolezza che la felicità di quella notte era preziosa... ma fragile. La tempesta non era finita. E io dovevo essere pronta a proteggerli entrambi.

Quando rientrai nella nostra stanza, la luce delle candele danzava sulle pareti in silenziosa compagnia, e trovai Voldemort già lì, seduto alla scrivania. Il suo profilo era rigido, lo sguardo fisso su una pergamena che annotava con mano ferma. L'aria era carica di un silenzio teso. Entrai con cautela, chiudendo piano la porta alle mie spalle.

«Mio Signore,» dissi con rispetto, la voce bassa, quasi a non voler interrompere quel momento d'apparente concentrazione.

Lui sollevò lentamente lo sguardo, il suo volto impassibile, gli occhi che mi scrutarono con quella consueta freddezza che sapeva celare ogni pensiero. «Com'è andata la serata?» domandò, il tono neutro, privo di reale interesse.

«È stata splendida,» risposi con un sorriso tenue. «Il ballo è stato un successo... e la notizia della nostra seconda gravidanza ha rallegrato molti ospiti.»

Mi avvicinai a lui con lentezza, cercando nel suo volto una reazione, un'emozione, qualcosa che tradisse il suo cuore. Ma lui rimaneva immobile, come una statua.

«Va tutto bene?» chiesi, accennando un passo più vicino. C'era una nota sincera nella mia voce, un'inquietudine che cercavo di mascherare.

Voldemort si voltò verso di me, i suoi occhi profondi che si fissavano nei miei. «Non preoccuparti, Iris,» disse con calma controllata. «Sto semplicemente riflettendo su alcune questioni... importanti.» Non aggiunse altro. Quelle parole, così vaghe, lasciavano dietro di sé una scia inquietante.

Mi girai verso il letto, il passo lento, il peso della stanchezza che finalmente mi raggiungeva. Mi sedetti sul bordo del materasso, sciogliendo i capelli con un gesto stanco.

«E tua moglie?» mormorai, voltandomi a guardarlo con un misto di amarezza e speranza. «Non credi che dovrebbe conoscere almeno una parte di queste... questioni?»

Lui si alzò lentamente, la sua figura imponente che si avvicinava con grazia inquietante. Si fermò accanto al letto, restando in piedi come un'ombra. «Dormi,» disse infine, la voce bassa, secca. Nessuna carezza, nessuna dolcezza.

Mi distesi tra le coperte fredde, voltandomi su un fianco. «Buonanotte,» sussurrai, pur sapendo che il silenzio sarebbe stata l'unica risposta. Chiusi gli occhi, cercando invano rifugio in un sonno che tardava ad arrivare, mentre nel petto il dubbio cresceva come un seme sotto la cenere.

Sotto il Regno delle Tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora