15.

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Il sole stava scivolando dietro le colline, tingendo il cielo di sfumature dorate e cremisi. Camminavo lentamente nel giardino della villa, lasciando che la brezza serale mi accarezzasse la pelle e cercando nella quiete della natura un rifugio dall'angoscia che da giorni mi stringeva il cuore.

Ogni passo tra le aiuole curate sembrava un piccolo gesto di ribellione: un momento per respirare, lontano dalla freddezza che mi circondava in ogni istante.

Fu allora che sentii la sua presenza dietro di me, prima ancora di udirne i passi. Voldemort. Alto, silenzioso, l'ombra della sua figura si allungava sul vialetto acciottolato come una minaccia concreta, sovrastando la tenue bellezza del tramonto.

«Come stai?» domandò, il tono distante, ma non privo di una strana nota di curiosità. O forse era solo controllo, camuffato da premura.

«Bene,» mentii, mantenendo lo sguardo fisso su un cespuglio di peonie mosso dal vento. «Solo... preoccupata per Sirius.»

Un silenzio pesante calò tra noi. Lui si avvicinò di un passo, poi annuì lentamente, lo sguardo perso all'orizzonte. «La debolezza,» mormorò, con una freddezza tagliente, «non può essere tollerata in questo mondo.»

Quelle parole mi gelarono il sangue. Non alzai lo sguardo, ma la mia mano si chiuse a pugno accanto alla veste. «Non tutti possono essere forti come te,» dissi infine, la voce misurata, ma carica di qualcosa che neanche io sapevo più reprimere. «Non tutti scelgono la forza come scudo.»

Lui mi fissò per un lungo momento, e per un istante ebbi l'impressione che stesse cercando qualcosa dentro di me. Una crepa. Un cedimento. Poi, senza una parola, si voltò e si allontanò, la sua figura che lentamente scompariva nell'ombra della villa.

Rimasi sola.

Chiusi gli occhi e respirai a fondo, lasciando che l'aria profumata di fiori estivi mi riempisse i polmoni. Davanti a me, il cielo ardeva di rosso e oro, come se il mondo stesse bruciando — ma in silenzio. E in quel silenzio, pregai.

Pregai che un giorno, quando tutto sarebbe stato consumato, la luce potesse ancora trovare un modo per filtrare tra le rovine.

Orion, nonostante la sua giovane età, cominciava a dare segni di una ribellione che mi coglieva di sorpresa, ma allo stesso tempo mi riempiva di una strana speranza. Ogni volta che Voldemort impartiva un ordine, il piccolo rispondeva con un rifiuto ostinato: incrociava le braccia sul petto, scuoteva la testa con determinazione e lo guardava con occhi pieni di sfida.

Voldemort, solitamente implacabile, sembrava sorpreso dal comportamento del figlio. Il suo sguardo si fece per un attimo indecifrabile, ma poi l'irritazione prese il sopravvento. Con la voce gelida, da padrone assoluto, ordinò: «Orion, devi obbedire.»

Ma Orion non si mosse. Restò fermo, il suo piccolo corpo così rigido da sembrare una statua. Nessuna paura. Nessuna sottomissione.

Il Signore Oscuro si voltò verso di me con uno sguardo che era un misto di rabbia e disprezzo. «Iris, fai qualcosa per controllare tuo figlio,» disse, la voce così tagliente da sembrare una minaccia.

Sospirai, ma non mi feci intimidire. Mi alzai lentamente, sentendo il peso della responsabilità sul mio petto, ma anche la determinazione che cresceva dentro di me. Mi avvicinai a Orion, distendendo le braccia e avvolgendolo in un abbraccio protettivo. «Orion ha il diritto di esprimere le sue opinioni,» dissi con voce calma ma ferma, guardando Voldemort dritto negli occhi. Non c'era paura nei miei occhi, solo una risolutezza che non avevo mai conosciuto prima. «Non posso costringerlo ad obbedire se non vuole.»

Voldemort serrò la mascella con un rumore sordo, il suo volto che si fece ancora più inespressivo e minaccioso. Il suo sguardo sembrava bruciare, ma non si mosse. Con voce bassissima e pericolosamente controllata, disse: «Non permetterò che mio figlio mi sfidi in questo modo.»

Mi mantenni immobile, il respiro regolare, ma dentro di me cresceva una fiamma di protezione per mio figlio. «Ma è solo un bambino,» replicai, la mia voce che suonava come una difesa contro ogni sua pretesa di dominio. «Ha bisogno di essere ascoltato e rispettato, non di essere oppresso. Non puoi comandarlo come fai con gli altri.»

Voldemort, senza una parola, si voltò e uscì dalla stanza con passo deciso, l'aria che sembrava vibrare di energia oscura mentre se ne andava. La porta sbatté dietro di lui, lasciandoci nel silenzio, intriso di tensione.

Orion si avvicinò a me, le sue piccole mani che si stringevano ai miei vestiti, il viso solcato dalle lacrime che scivolavano silenziose sulle guance. «Mamma... non voglio che mi faccia del male,» sussurrò, la paura evidente negli occhi grandi e innocenti.

Lo strinsi a me, cercando di dargli il conforto che non riuscivo a trovare nemmeno per me stessa. Carezzai i suoi capelli con dolcezza, cercando di infondergli quella sicurezza che mi sentivo incapace di dargli. «Ti prometto che non ti farà del male,» risposi con voce dolce ma piena di una fermezza che non avevo mai usato prima. «Ti proteggerò, Orion. Sempre.»

Ma dentro di me, il cuore si spezzava. Guardavo mio figlio, il suo sguardo pieno di angoscia, e sentivo l'irragionevole peso di una realtà che non avrei mai voluto affrontare: un padre che imponeva la sua volontà con violenza e paura, e un figlio che, pur giovane, osava resistere, rifiutando quella stessa oscurità. La sua innocenza, il suo spirito libero dovevano essere protetti a ogni costo.

La tensione era palpabile nell'aria quando restammo soli nella penombra dello studio, le candele tremolanti che proiettavano ombre danzanti sui muri. Avevamo appena discusso — ancora una volta — su come crescere Orion.

«È debole se non impara ad obbedire,» ringhiò Voldemort, la voce tagliente come una lama. «La disobbedienza, anche nei bambini, va soffocata sul nascere.»

Mi avvicinai lentamente, trattenendo la rabbia che mi bruciava dentro. «Ha cinque anni, mio signore,» replicai, con voce ferma ma controllata. «Ha bisogno di sentirsi sicuro, non terrorizzato. La forza non nasce dalla paura.»

Il suo sguardo si fece gelido, le labbra tese in una smorfia impassibile. «Non crescerà debole. Non sarà come gli altri. Mio figlio deve dominare, non farsi dominare.»

«Ma è anche mio figlio,» risposi, con il cuore che mi martellava nel petto. «E non resterò a guardare mentre lo trasformi in qualcosa che non è.»

Un lungo silenzio calò nella stanza, rotto solo dal crepitio del fuoco nel camino. I suoi occhi rossi mi scrutarono con un'intensità minacciosa, e per un momento pensai che avrebbe scatenato la sua furia. Ma poi si limitò a voltarsi, come se volesse chiudere la discussione.

Fu allora che decisi di dirglielo. Avevo portato quel peso troppo a lungo, temendo la sua reazione. Ma adesso, in quel clima di tensione, sentivo che doveva sapere.

Mi schiarii la voce, cercando il coraggio tra le macerie del nostro dialogo. «Mio Signore...» cominciai, la voce tremante. «Devo dirti qualcosa di importante.»

Lui si fermò, senza voltarsi, ma il suo silenzio era un chiaro invito a proseguire.

«Sono di nuovo incinta.»

Un attimo di silenzio assoluto. Poi si girò lentamente verso di me. I suoi occhi si accesero di qualcosa che non riuscivo a decifrare: sorpresa, forse, ma anche una sorta di orgoglio oscuro.

«Davvero?» chiese, la voce più bassa, quasi priva della solita durezza.

Annuii, stringendo le mani davanti a me. «È presto, ma ne sono certa.»

Un debole sorriso — o qualcosa che ci somigliava — curvò le sue labbra sottili. «Questa è una notizia... inaspettata. Ma benvenuta.»

Mi rilassai appena, sentendo un fremito di sollievo percorrermi il corpo. Non c'era gioia esplicita nella sua voce, ma nemmeno rabbia. Solo quella sua solita compostezza inquietante, addolcita però da un'accettazione che non mi aspettavo.

«La nostra famiglia crescerà ancora,» disse, con tono definitivo. Poi si avvicinò e, con un gesto quasi disumano per quanto era raro, mi posò una mano sul ventre. «Forse questo figlio sarà più forte di Orion.»

Lo lasciai fare, ma posai la mia mano sulla sua. «O forse sarà più libero.»

Non rispose. Ma non si ritrasse nemmeno. E in quel piccolo gesto silenzioso, trovai una speranza che credevo perduta. In quel momento, mentre le ombre della notte ci avvolgevano, sentii che forse — solo forse — c'era ancora spazio per qualcosa di umano fra di noi.

Sotto il Regno delle Tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora