Quel weekend era stato un toccasana per lei.
Avevano passato ore e ore a confidarsi l'un l'altro, come non facevano da tempo.
Si era messa a nudo, finalmente, con i suoi amici più cari.
Aveva raccontato loro quanto fosse terrorizzata all'idea di interessarsi ad un ragazzo, ma di quanto al tempo stesso fosse anche euforica al pensiero di poter rivedere Duccio.
Le sue paure più profondi, quei tagli che ancora non era riuscita a rimarginare del tutto, la facevano andare in paranoia. Nonostante le rassicurazioni dei suoi amici, che pazientemente l'avevano ascoltata sfogarsi, una minuscola parte di lei tremava al solo pensiero di poter davvero ricominciare a vivere, soprattutto dal pianto di vista sentimentale.
Si stava dando del tempo. Lo aveva detto anche agli altri.
"Ce voglio prova, davvero. Ma ci vorrà tempo, e non so quanto".
E loro, l'avevano capita. D'altronde, la conoscevano come nessun altro.
Sapevano quanto le fosse costato, aprirsi di sua spontanea volontà.
Quanto impegno ci avesse messo, a decidere di tornare a Bracciano.
Ed erano fieri di lei, come lei lo era di se stessa.
Margherita aveva anche raccontato a Cecilia quel periodo tanto buio quanto doloroso, che l'aveva portata ad allontanarsi da lei.
Le aveva raccontato di come, una volta tornata a Roma, dopo la festa, Massimo l'avesse chiamata, chiedendole di vedersi.
E di come lei, ingenuamente, avesse pensato che fosse per parlare della sua rottura, visto che erano usciti allo scoperto.
Ovviamente, niente era andato secondo i piani.
Ringraziò nuovamente i suoi amici, anche dopo due anni, per essersi imposti sul volerla accompagnare.
Si era data appuntamento con Massimo in un bar dietro casa sua, per parlare.
Quando lui era arrivato, in ritardo di ben mezz'ora, lei aveva provato a baciarlo, ma si era scansato di botto, quasi schifato.
Avevano discusso, perché lei era convinta che finalmente potessero iniziare una vera e propria relazione.
Al sentire quel pensiero, Massimo aveva riso, come se stesse dicendo la cosa più stupida del mondo.
"Davvero pensavi che avrei buttato al cesso quasi due anni di relazione per te?".
Così le aveva detto, e lei aveva sentito il suo cuore spezzarsi.
"Pensavo ce tenessi a me" aveva provato a resistere, a non piangere davanti a lui, di nuovo.
"Margherí, non fa la ragazzina de nuovo. Ce tengo a te, ma ho dovuto fa na scelta. Co Siria sto bene, la amo" Margherita ricordava benissimo, l'umiliazione che aveva provato durante la loro ultima conversazione.
"Non sto facendo la ragazzina, sei tu l'immaturo che ha tenuto per un anno i piedi in due scarpe cazzo! Mi hai illusa come non mai, ma non ti fai schifo?" Massimo aveva riso di nuovo, facendola sentire come l'essere più stupido della terra.
"Margherì, sii seria. Siamo stati bene per carità, ma manco me l'hai data. Come se può considera na relazione?". L'aveva spiazzata.
Era come se vedesse la persona davanti a lei per la prima volta.
Era vero, non avevano mai fatto nulla oltre i preliminari.
Ogni volta che lui ci aveva provato, ad andare oltre, lei l'aveva fermato, dicendogli che non se la sentiva. Era bloccata, sotto quel punto di vista.
E lui era stato comprensivo. O per lo meno, glielo aveva fatto credere per un anno.
"Quando sarai pronta piccola, tranquilla. Ti aspetterò".
Stronzate, tutte stronzate.
Si era alzata di scatto, dopo quell'ultima affermazione. Come bruciata dalle sue parole.
Era entrata dentro al bar, dirigendosi verso il bagno.
Aveva chiamato poi Camilla, implorandola di venirla a recuperare. Sapeva che i suoi amici erano appostati alla fine della via, in macchina, pronti per starle vicino.
Ma sapeva anche che la parte più malsana di lei, quella che ancora sentiva di amare Massimo, non voleva andare via, non voleva lasciarlo.
Fece dei respiri profondi, guardandosi allo specchio di quel minuscolo bagno.
La persona riflessa, le stava facendo schifo. Si faceva schifo, come non mai.
Si recò all'esterno del bar, trovando Camilla di fronte a Massimo, che la guardava come se fosse pazza.
"Sei na merda, fattelo dì. Se osi avvicinarti a lei, ti spacco le gambe" Margherita sgranò gli occhi al sentire le parole dell'amica, e la afferrò per un braccio.
"Cami lascia sta, andiamo via" Massimo continuava a tenere uno sguardo menefreghista, che le fece ancora più male. Era come se non le fosse mai importato davvero di lei.
"Margherì, te lo dico. Non ti avvicinare a me, non mi parlare. Vivi la tua vita, e io farò lo stesso".
E se ne andò, lasciandola con il cuore a pezzi.
Il giorno seguente, decise di non andare a scuola. Ilaria, l'unica che non aveva interrogazioni o compiti in classe, era rimasta a dormire da lei, per non lasciarla sola.
Aveva provato, insieme agli altri, a dire a Margherita di chiamare Cecilia, di raccontarle tutto.
Ma lei non l'aveva fatto. Non che la bionda non le avesse scritto, anzi.
Era da quando erano tornati da Bracciano che le scriveva ogni ora, per sapere come stesse, e chiedendole di vedersi. Ma lei non aveva mai risposto.
Non voleva spifferare tutto alla sorella del ragazzo che le aveva appena spezzato il cuore.
Infondo, era anche colpa sua. E sapeva quanto la bionda tenesse al loro rapporto, a quanto volesse bene a Massimo. Non voleva mettersi in mezzo. Così, era sparita.
Massimo l'aveva bloccata ovunque, e non si era neanche degnato di chiederle il perché della sua assenza per ben quindici giorni da scuola. Al contrario della sorellastra.
Cecilia infatti, era disperata. Non aveva capito cosa fosse successo, se lei avesse fatto qualcosa.
Da lì, era partito il loro graduale allontanamento. Margherita aveva fatto di tutto per non incontrarla a scuola. Aveva smesso di scendere in giardino a ricreazione, e il padre la veniva a prendere all'uscita tutti i giorni.
Poi, loro si erano diplomati, e lei era tornata a respirare un minimo.
A tornare indietro, si sarebbe data una sberla da sola.
Soprattutto dopo che Cecilia, dopo quel weekend, le aveva raccontato come fossero cambiate le cose anche fra lei e Massimo.
Si era infuriata con lui, per averla illusa. Si erano urlati addosso per ore, soprattutto dopo che Massimo aveva definito la sua storia con Margherita "na cosa così". Cecilia sapeva perfettamente quanto per la sua amica fosse il contrario, ed era sconvolta dal menefreghismo che stava dimostrando una persona che lei aveva sempre creduto buona.
Dopo il diploma poi, le cose erano notoriamente peggiorate.
Lui stava di rado a casa, e se c'era, finivano con litigare, anche per le cose più stupide.
Era stato tutta l'estate fuori, in giro con Siria ed i suoi amici, cominciando a staccarsi da lei.
Poi, si era trasferito a Torino, nonostante non avesse passato il test d'ammissione per il politecnico. Era andato a vivere dal padre, l'ex marito di Laura, compagna da anni del padre di Cecilia. Quella era stata la ciliegina sulla torta per quelli che una volta la bionda definiva i suoi genitori.
Laura, già stanca dei continui viaggi di Franco, aveva colto la palla al balzo, e l'aveva lasciato, tornando a Torino, sua terra natale.
E Margherita, si era sentita un verme. Aveva abbandonato la sua persona, nel periodo più buio della sua vita.
Ma erano forti, ora. O almeno, ci provavano.
Cecilia l'aveva rassicurata ancora e ancora, sul fatto che non fosse assolutamente colpa sua, la separazione dei suoi. E lo stesso sulla rottura del suo rapporto con Massimo.
"Meggy, me so solo accorta troppo tardi di quanto non fosse quello che credevo, e lo stesso tu".
Condividevano un dolore che solo loro potevano comprendere. E ora, erano pronte ad affrontarlo insieme, a superarlo.
Per questo motivo, Cecilia, come gli altri, si stava mettendo d'impegno per appoggiare Margherita sul voler ricominciare a vivere, sul ricominciare a dare e ricevere amore.
E il fatto che lei avesse deciso di scrivere a Duccio, di parlarci, li rendeva estremamente fieri.
Dopo il video del concerto inviato dal rosso, quel sabato, a cui Margherita aveva risposto confidandogli che era la prima volta che qualcuno faceva qualcosa di tanto dolce per lei, aveva deciso di ricambiare.
Aveva convinto, per non dire costretto, Luca ad accompagnarla per quella che per lei era la trentesima volta, a visitare Palazzo Altempls, una delle parti del museo nazionale romano che più amava.
Ci era andata per la prima volta con la scuola, durante una gita in primo liceo, e ne era rimasta estasiata.
Le statue greche che, imponenti, vi erano all'interno del museo, la facevano immergere in un mondo che negli anni aveva imparato ad amare, e che sperava avrebbe fatto parte della sua vita anche nell'ambito lavorativo.
Aveva ispezionato ogni statua, nonostante le conoscesse a memoria, per scegliere quella che le sembrava più adatta da inviare a Duccio.
Quando poi si era ritrovata davanti lei, la Menade, aveva avuto un'illuminazione.
E, per una santa volta, aveva seguito il suo impulso, e si era buttata.
@meg.falvo : ha inviato una foto
@meg.falvo : ti ho pensato io, a sto giro
@meg.falvo : è una Menade, ma si può chiamare anche Baccante. È una delle cosiddette ancelle di Dioniso, comunemente conosciuto come il Dio del vino. Non molti sanno però, che Dioniso è anche il Dio della forza vitale, amante dell'arte, come Apollo. E ciò che scrivi tu, almeno per come l'ho percepito io, mi fa sentire come lei, quando si trova davanti a Dioniso. Come dice la sua definizione, "una donna in preda alla frenesia estatica".
Aveva inviato quei messaggi di getto, per poi affidare il suo telefono a Luca.
Era terrorizzata dall'idea che il rosso potesse prenderla per una pazza, che potesse non apprezzare quel piccolo pensiero che aveva avuto nei suoi riguardi.
Ma era ciò che pensava.
In quei giorni, si era chiusa a sentire le canzoni del collettivo, approfondendo la loro arte.
Per caso poi, era partito fra i loro pezzi, un inedito di Duccio come solista.
Aveva scoperto facesse parte di un suo EP, e ne era rimasta rapita.
"Cerotti sulle guance". Così si chiamava quel singolo, e se ne era innamorata.
La voce del rosso poi, la faceva immergere in una dimensione di pace, nonostante i suoi testi così sentiti e dolorosi.
Era come se lui, senza conoscerla, avesse scavato nella sua anima, capendola e mettendola a nudo attraverso i suoi testi.SPAZIO AUTRICE
Non voglio fare la matta, ma sono innamorata di questo capitolo, nonostante sia un casino totale. Doveva essere un semplice excursus su ciò che si sono dette la cecia e Meggy a Bracciano, ma è partito il nostro caro signor Caponi nella riproduzione casuale di Spotify, e sono andata un po' avanti facendomi ispirare da sto stronzo rosso che mi strazia l'anima.
Spero che vi piaccia un minimo, fatemelo sapere, ci tengo particolarmente a questo🥹❤️.
La nostra cara meggy, a sto giro senza l'aiuto di Camilla, si è buttata un po' con il nostro dolce Duccio. Piano piano ce la farà a lasciarsi andare del tutto, ma per quello che ha passato e per i brutti pensieri che la fottono in continuazione, direi che per ora ci accontentiamo.
As always, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi sta piacendo, se avete consigli etc.
Lov u
❤️🩹
P.s. Se mai vi dovesse capitare di venire a Roma, andate a quel museo. Sarò di parte perché sono innamorata persa del mondo greco-romano, ma vi assicuro che ne vale la pena. Per quanto la sua collezione sia ridotta (molte statue sono state spostate in altri musei) ha un'atmosfera così ipnotica che incanterebbe chiunque.
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Cerotti sulle guance
Fanfiction"Che razza di nome è Duccio?" "Sai, come primo approccio non mi pare il massimo"