Margherita si era sempre ritenuta una "persona di pancia".
La prima volta che si era affibbiata questa definizione, era stato per merito della sua prima psicologa, da cui era andata un paio d'anni all'inizio del liceo.
Era stata definita così, perché secondo la psicoterapeuta non riusciva ad essere razionale, quando si trattava dei suoi sentimenti.
Questa definizione però, era sparita completamente dopo essersi lasciata, se così si poteva dire, con Massimo.
L'aveva devastata a tal punto, che era diventata un'automa, una macchina di obbiettivi da raggiungere in cui era impossibile mettersi in mezzo, farla fermare.
Quando poi aveva detto alla sua seconda psicologa, in una delle loro prime sedute di ormai due anni prima, che era stata definita tale, dall'altra dottoressa, aveva ricevuto una risatina in risposta, unita ad una frase che ancora oggi le era rimasta impressa.
"Margherita, siamo esseri umani. Viviamo per le emozioni, è normale che tu sia stata definita così. Fai finta di avere tutto sotto controllo, di riuscire a gestire le tue emozioni, ma non è così. La sarai sempre, una persona di pancia. Devi solo riuscire ad accettarlo".
Per molto tempo, non l'aveva accettato.
Si era chiusa a riccio, buttandosi a capofitto nello studio, creandosi routine in cui era impossibile avere tempo per pensare.
E quelle volte in cui le capitava, di pensare troppo, provava a distrarsi con i suoi amici, autoconvincendosi che era meglio parlare dei loro di problemi, piuttosto che dei suoi.
Perché si, era convinta che i suoi problemi fossero futili, che poteva farcela da sola. Ma non era così.
"Tutti abbiamo bisogno di qualcuno". La psicologa glielo aveva ripetuto stesso, in quelle tante sedute in cui Margherita cercava di convincere, oltre che se stessa, la dottoressa che stesse bene, che ce la poteva fare da sola.
Ora, mentre guardava con un sorriso a trentadue denti Duccio, appoggiato ad un palo in attesa, davanti a lei, poteva finalmente dire di aver capito cosa avesse cercato di spiegarle la sua terapeuta.
Margherita aveva bisogno di Duccio.
Ne aveva bisogno non perché da sola non riuscisse, anzi. Era migliorata molto, negli ultimi anni. A piccoli passi, ma lo aveva fatto.
No. Margherita aveva bisogno di Duccio perché lui le ricordava quanto valesse la pena Vivere.
"Ciao signorina" Margherita rise.
"Sai, ho un dejavu" Duccio alzò gli occhi al cielo.
"A mia discolpa posso dire che ti avevo avvertita di un prossimo rapimento. E non ho potuto aspettare" Margherita gli sorrise, prima di fiondarsi fra le sue braccia, per stringerlo dolcemente.
"Sono felice che tu mi abbia rapita prima del previsto Du, veramente" Duccio le lasciò un bacio fra i capelli, inspirando il suo profumo.
"Vieni, ti porto in un posto". Si, Margherita stava vivendo un fottuto dejavu. E la cosa non le dispiaceva affatto.
Le serviva, staccare la testa. È Duccio era il modo migliore per farlo, ormai l'aveva capito.
Dopo il ritorno da Napoli, aveva passato dei giorni infernali.
Si era chiusa con Camilla nello studio in vista per l'esame, con la testa che tutto faceva tranne che concentrarsi per imparare le maledette nozioni dei suoi appunti.
Duccio era stato un angelo, in quei giorni. L'aveva ascoltata sfogarsi, l'aveva calmata, le aveva dedicato parole dolci.
Ma più volte, le era tornato in mente il pensiero della distanza, così prepotentemente che la cosa più giusta da fare, per Duccio, era stato partire per Roma il giorno del suo esame, per stare insieme.
Si era organizzato con Jacopo che, volenteroso quanto lui di rivedere il prima possibile la sua dolce metà, aveva deciso di accompagnarlo.
Anche Andrea sarebbe andato volentieri con loro ma Cecilia, in una chiamata di gruppo, gli aveva confidato quanto Camilla stesse in crisi per l'ex con cui era tornata da poco, quindi il corvino aveva deciso di rispettare i piani iniziali, e di arrivare a Roma con gli altri componenti il giorno stesso del concerto.
Duccio gli aveva promesso, che avrebbe indagato con Margherita sulla situazione, ed Andrea si era finalmente placato, dopo aver mandato a quel paese Jacopo che gli aveva rifilato la scusa del "tempo al tempo".
Duccio li aveva ignorati, mentre bisticciavano, troppo preso dall'euforia del pensiero che a breve avrebbe rivisto Margherita. Ormai era inutile negarlo, era cotto a puntino.
Non aveva avuto un'idea brillante come la volta precedente, su una sorpresa che l'avrebbe sconvolta.
Ma voleva passare del tempo con lei, questa era l'unica cosa che contava.
Sapeva che entrambi avevano bisogno di dimostrare a loro stessi quanto potevano funzionare.
"Ci hai preso la mano con queste sorprese eh" Duccio rise scuotendo la testa.
"Non ti aspettare chissà cosa, è una cosa stupida" Margherita gli strinse la mano per tranquillizzarlo.
"Qualsiasi cosa sia, la adorerò"
"Adulatrice" risero insieme, per poi chiacchierare del più e del meno, per passare il tempo.
Margherita sapeva che Duccio era andato prima per tranquillizzarla, e mai aveva apprezzato così tanto un gesto fatto con tanta premura.
Ci aveva sperato, quando quella mattina il rosso aveva voluto sapere i suoi spostamenti universitari con precisione, di trovarlo fuori la sua sede di lettere, e ci aveva visto lungo.
Nella sua prevedibilità, Duccio continuava a stupirla.
Era tutto così nuovo, per lei, che a stento riusciva a crederci, per quanto fosse felice.
Ne aveva parlato con le ragazze, a Napoli.
Dopo la lunga chiacchierata con Duccio, in cui si era sfogata ed aveva finalmente aperto il suo cuore sulle sue paure, le altre avevano indagato su come stesse, su quale fosse il problema.
E lei aveva confessato, che era tutto talmente bello che aveva paura potesse svanire da un momento all'altro, che ne sarebbe uscita distrutta.
"Meg, le cose belle possono succedere, te lo devi ficcare in testa. Sei felice, e non ti succedeva da tanto, quindi sei terrorizzata, è normale. Ma può succedere, che le cose vadano bene, quindi smettila o ti fasci la testa prima di rompertela"
"Lila ha ragione Meggy. Lo hai detto tu stessa prima, che sei serena come mai prima d'ora. Non rovinare tutto per dei pensieri che non hanno motivo di esistere".
Margherita lo sapeva, che era tutto nella sua testa, come sempre.
E ci si stava impegnando, già da un po', per migliorare. Lo stava facendo per se stessa, per la piccola Margherita col cuore infranto di anni prima, ma anche per le persone che amava.
Era piena di amore, nella sua vita. Per la prima volta, stava riuscendo a vederlo.
E le piaceva, vedere i colori, vedere il bello che la vita ha da offrire.
"Ancora non mi ci sono abituato del tutto" Margherita si girò verso Duccio, trovandolo con un sorrisetto esasperato in volto.
"Che intendi?"
"Al fatto che quando ti chiudi nei tuoi pensieri è praticamente impossibile tirartene fuori" Margherita ridacchiò. Lui si, che l'aveva capita.
"Non erano pensieri brutti, tranquillo. Stavo solo pensando a questo ultimo periodo, a come sto, mi capita spesso"
"Me ne sono accorto". Margherita ringraziò il cielo l'ennesima volta, per averle mandato un angelo dai capelli rossi. Con la sua battuta, Duccio aveva fatto esattamente ciò che in quel momento più le serviva : distrarsi.
Si spintonarono giocosamente, per poi riprendere a parlare.
Duccio le chiese finalmente dell'esame che aveva appena dato, e Margherita si sfogò, confessandogli quanto avesse paura di non averlo passato ma di quanto, per la prima volta, questa paura non le stesse dominando la mente come al solito.
"Come va va. Voglio solo concentrarmi sul fatto che era l'ultimo esame, per un po' posso tornare a respirare"
"Buono a sapersi allora"
"In che senso?" Duccio si fermò mentre camminavano, per avvicinarla a lui e guardarla dritta negli occhi.
"Così avremo più tempo da passare insieme" Margherita gli sorrise raggiante, e Duccio non resistette all'impulso di baciarla.
Margherita non si tirò indietro, le era ormai impossibile scappare.
Per quanto la sua mente le continuasse a giocare brutti scherzi, facendo riemergere quei maledetti pensieri autodistruttivi, si sentiva legata a Duccio, e non aveva intenzione di lasciarlo andare, di perdere l'occasione.
Voleva vivere, e in quel momento farlo significava anche accogliere a braccia aperte il rosso nella sua vita, nel bene e nel male.
Si staccarono dopo attimi interminabili, con le labbra gonfie per i troppi baci e gli occhi illuminati per la gioia del momento. Stavano bene. Questo era certo per entrambi.
Duccio la riprese per mano, continuando la loro passeggiata con le battutine di Margherita di sottofondo, sul fatto che il rosso sembrava conoscere la sua città più di lei.
Quando stavano per giungere a destinazione, come Duccio le aveva appena comunicato, Margherita cominciò a capire dove fossero, e i suoi occhi, di nuovo, si illuminarono.
"Ho il vago sospetto che qualcuno ti abbia suggerito di portarmi qui" Duccio la guardò di sbieco, per poi sbuffare.
"Speravo non me lo chiedessi. Comunque si, potrei aver indagato un po' con Ceci"
"È perfetto lo stesso. Anzi, grazie di avermici portata. Era tantissimo che non ci venivo".
La terrazza del gianicolo. Era un simbolo fondamentale della sua infanzia.
I suoi amati nonni paterni, prima del trasferimento in un altro quartiere pochi anni prima, ci abitavano vicino, e ce la portavano sempre, quando i suoi la lasciavano a loro per giocare.
Amava quel posto, aveva un sapore di spensieratezza e libertà che, guarda caso, era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Si sedettero al bar sulla piazza, contemplando la vista sublime che essa concedeva.
Ordinarono due spritz, sotto ordine di Duccio e del "Brindisi di fine sessione" che le aveva imposto di fare.
"Ceci mi ha detto che ci venivi da piccola qui. È un bel posto" Margherita sorrise, viaggiando nella mente ai ricordi più belli della sua infanzia.
"Ci venivo con i miei nonni, prima abitavano qui vicino. Spesso mi mollavano davanti lo spettacolo delle marionette, perché nonna pensava mi piacessero. In realtà ne ero terrorizzata, soprattutto da Pulcinella. Ogni volta che usciva fuori mi coprivo gli occhi e scoppiavo a piangere, e nonno per consolarmi mi portava qui a prendere il mio succo preferito" Margherita si fermò per fulminare Duccio con lo sguardo, in preda alle risate.
"Scusami, sto immaginando la scena di te che ti spaventi a morte per una semplice marionetta"
"Guarda che facevano davvero paura eh" Duccio le lanciò un'occhiata scettica che le fece alzare gli occhi al cielo.
Vennero distratti dall'arrivo del cameriere, che portò loro i drink ordinati in precedenza, per poi defilarsi.
Il pomeriggio lo passarono così, fra una chiacchiera e l'altra, passando dal prendersi in giro a vicenda ad aprirsi ancora di più l'uno con l'altro, continuando a scoprirsi.
Parlarono anche di Andrea e Camilla, di quanto entrambi fossero confusi, e di come, conoscendoli, sarebbe stato meglio rimanerne fuori, e lasciare che risolvessero da soli i loro problemi, qualunque essi fossero.
Margherita guardò l'ora sul telefono, rendendosi conto che fossero passate ore, da quando Duccio era andata a raccattarla all'università.
Di nuovo, era stata così bene che neanche se ne era resa conto.
Scrisse un messaggio ai suoi genitori, per evitare che chiamassero la polizia data la sua scomparsa dal primo pomeriggio, poi la sua attenzione tornò sul ragazzo seduto davanti a lei che, tutto un tratto, sembrava intimorito da qualcosa.
"Du, tutto ok?" Duccio la guardò incerto, prima di sospirare.
"Non...vorrei chiederti una cosa, ma non ti devi sentire costretta, possiamo sempre vederci direttamente domani, è che-" Margherita afferrò la sua mano abbandonata sotto il tavolino, a mo di conforto.
"Chiedimi quello che vuoi"
"Dormi con me? Jack sta da Ceci, e io ho preso una camera d'hotel qua vicino più o meno, possiamo non so ordinarci qualcosa, vedere un film o-"
"Si" Duccio la guardò con occhi sgranati, prima di sorridere come un bambino.
Non che avesse paura di un rifiuto, ormai entrambi sapevano di piacersi.
La sua vera paura, era che Margherita potesse pensare che lui "pretendesse" qualcosa da lei, dal punto di vista fisico.
Era stata lei a cominciare, ad Empoli, ma Duccio continuava ad essere convinto che l'unico motivo per cui l'avesse fatto fosse per l'alcool che aveva ingerito.
"Che ti piacerebbe mangiare?" Tornò con i piedi per terra, quando Margherita gli pose la domanda.
Neanche si era accorto, di essersi chiuso nella sua testa. Talvolta erano così simili.
Discussero su cosa ordinare mentre si dirigevano all'hotel prenotato dal rosso, continuando a bisticciare su chi dovesse pagare, fra un bacio rubato e l'altro.
Optarono per delle semplici pizze, prima di discutere, di nuovo, sul film da vedere.
Margherita ci aveva provato, a proporre ancora "le pagine della nostra vita", con la scusa che l'ultima volta ne avevano visto solo un pezzo.
Poi, si era ricordata il motivo per il quale non avevano terminato il film, e aveva lasciato perdere, dandola vinta al rosso che aveva proposto "Your Name".
Mangiarono le pizze in un quieto silenzio, entrambi concentrati sulle immagini che scorrevano sul televisore.
All'apparenza, sembravano entrambi calmi, a loro agio.
Ma dentro, Margherita aveva ricominciato a sentire il fuoco che bruciava come non mai. Aveva capito che la vicinanza di Duccio in luoghi angusti le faceva un certo effetto, ma sperava di riuscire a controllarsi, a lasciar perdere.
Ma Duccio non la stava aiutando, per niente.
Dopo aver finito le pizze, si era alzato per buttare i cartoni ma, invece di tornare a sedersi accanto a lei sul divano, si era avvicinato al letto, si era levato la maglietta e ci si era buttato sopra, lasciandola a bocca aperta.
"Che fai, non vieni signorina?" Margherita sbattè gli occhi un paio di volte, prima di annuire e andarsi a stendere accanto a lui.
Continuarono il loro gioco del silenzio, entrambi timorosi di esternare il desiderio che stava bruciando dentro di loro.
Poi, senza rendersene conto, nel giro di un attimo, si erano ritrovati avvinghiati l'uno all'altra, fra baci focosi che cercavano di trasmettere tutto ciò che entrambi stavano provando.
Margherita si ritrovò stesa sotto Duccio che, per riprendere fiato, aveva allontanato il volto dal suo, e la guardava dall'alto.
Margherita ormai era un fiume in piena di desiderio, e non aveva intenzione di fermarsi.
"Du"
"Signorina"
"Ti voglio".
Duccio rimase interdetto per un attimo, poi sbuffò una risatina. Doveva aspettarselo.
"Non hai scuse. Sono sobria, completamente sobria, e non ho int-" non fece in tempo a finire, che le labbra di Duccio furono nuovamente sulle sue.
Questa volta, non si sarebbe fermato.SPAZIO AUTRICE
Ed eccomi tornata con gli aggiornamenti notturnissimi, ammetto che un po' mi era mancato. Ho avuto una mini ispirazione per terminare il capitolo che avevo già iniziato da un po' ma ovviamente, non ne sono del tutto convinta. Ce lo facciamo andare bene lo stesso? Ovvio che si.
Momento mooolto importante dei pupi, che segna anche l'imminente arrivo dell'epilogo di questa storia. Mi si spezza il cuore a dirlo, ma ci siamo quasi.
Nel mentre, vi beccate una parte a modo suo fondamentale per l'evoluzione di Duccio e Meggy, soprattutto di Meggy. Non solo dal punto di vista fisico, ma anche mentale. Ci ha messo un po', ma l'ha finalmente capito, che vivere non è così male, è che parlare dei propri problemi non è da deboli, che si può fare. Ovviamente non sarà un cambiamento drastico, ma graduale, per ora però possiamo dire Daje Meggy continua così, e staremo a vedere.
Fatemi sapere cosa ne pensate as always, apprezzo tanto quando lo fate. ❤️🥹
Lov u
❤️🩹
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Cerotti sulle guance
Fanfiction"Che razza di nome è Duccio?" "Sai, come primo approccio non mi pare il massimo"