Cap. 5 - Il salvataggio

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Nel frattempo nel bagno

Claude aprì la porta dei servizi, e si ricongiunse con Debbie, che lo guardò confusa.
"Hai avuto un improvviso bisogno del bagno, Claude?"- chiese Debbie, un po' sarcastica. Lui si sistemò il colletto della camicia, e fece un lento, disgustoso passo verso di lei, che ne fu inorridita.
"Ti piace giocare, Deborah?"- sussurrò, mentre lei indietreggiava. "Ho capito subito che tipo di donna sei."- Claude si leccò le labbra e allungò una mano verso il bacino di Debbie.
"Non so che idee tu ti sia fatto, ma non ti azzardare a toccarmi, o mi metto a urlare."- disse lei, con voce squillante, ma un po' spezzata. Debbie indietreggiò fino ad appoggiarsi con la schiena al lavandino.
"Ti eccita non chiudere la bocca, godi nel sentirti superiore..." le afferrò il collo e la trasse a sé, impedendole di fare alcun tipo di rumore. "Quando in realtà dentro di te sai che ti piace piangere e supplicare perché ti scopino."- digrignò, schiacciandola al suo petto. Debbie soffocò un urlo disperato, quando sentì la porta aprirsi.
"Ma che cazzo-"- mormorò tra i denti la donna, che lesse il terrore negli occhi di Debbie. "Ehi!"- la bionda tirò i capelli dell'uomo e una volta assicuratasi che Debbie fosse libera dalle sue mani losche, fiondò un destro dritto sulla mascella di Claude.
Il viscido si coprì il viso barcollando. La donna aveva ancora il gomito in aria, pronta a colpirlo di nuovo.
"E tu chi cazzo sei?!"- piagnucolò, ferito nella sua virilità.
"Chi sono io?! Chi cazzo sei tu! Cosa pensavi di fare?!"- lo aggredì lei, che faceva da scudo alla mora, ancora con gli occhi lucidi per la mancanza d'aria. "Se non vuoi che ti spacchi la faccia faresti meglio a levarti di torno, lurido porco!"- ruggì la bionda.
"Ci stavamo solo divertendo! Non è come pensi! Deb-"-
Lo fulminò con lo sguardo, e si ammutolì senza che la donna dicesse una parola.
So cosa ho visto - pensò la donna.
"Vuoi che chiami la polizia?"- chiese la bionda, senza togliere gli occhi di dosso a Claude, ma rivolgendosi a Debbie.
"No. No. Voglio solo che se ne vada."- mormorò, dopo un doloroso attimo di pausa.
"Mi dispiace. Ho esag-"-
"Non sei scusato, razza di coglione. Ora levati dalla mia vista."- gridò la donna, rovente. Claude uscì dal bagno massaggiandosi la mascella, certo che si fosse scheggiato almeno due denti.
La donna aspettò che uscisse, poi si voltò subito verso Debbie.
"Ehi. È finita, ok? È finito tutto."- disse, guardandola con apprensione. Debbie si lasciò avvolgere come da un abbraccio da quelle parole.
"Miller! Che cazzo è successo?"- Kia si fiondò in bagno. "Ti ho sentita urlare, ho visto il coglione di prima uscire da qui, mi vuoi spiegare?"- domandò la ragazza, allarmata. Lou aspettò che Debbie riprendesse a respirare ad un ritmo normale, solo allora spiegò la situazione a Kia. "Vado a chiamare la tua amica, ok?"- disse la cameriera.
"No. Vado io da lei. Si preoccuperebbe troppo, alla fine sto bene."- rispose Debbie, sconvolta, e con il collo arrossato. "Grazie."- mormorò, guardando dritta negli occhi blu della bionda. "Mi hai salvata, letteralmente."-
"Ci mancherebbe."- Lou accennò un sorriso gentile.
Debbie fece qualche passo verso di lei.
"Avrei tanto voluto farlo io."- disse, finalmente sorridendo.
"Cosa?"- chiese Lou.
"Tirargli un cazzotto."- ammise Debbie, chiudendo gli occhi, assaporandosi la goduria del momento con la sua immaginazione.
"Devo ammettere che è stato soddisfacente."- ridacchiò Lou, sgranchendo la mano con cui l'aveva colpito.
"Ti sei fatta male?"- domandò Debbie.
"No, figurati. Tutto sotto controllo."- Lou le mostrò la mano, piena di anelli. "Spero di averci lasciato lo stampo."- scherzò.
"Non penso si dimenticherà di te facilmente, in ogni caso."- disse Debbie, sistemandosi la spallina del vestito.
Kia ascoltava la conversazione, Debbie la guardò e le sorrise.
"Stai bene?"- chiese la ragazza, visibilmente preoccupata.
"Tutto ok."- la rassicurò Debbie. "Ora penso che tornerò a casa. Direi che questa giornata è stata già fin troppo intensa. Ancora più disastrosa di quello che mi aspettavo."- disse la mora, scuotendo piano la testa. "Il 14 di febbraio è un giorno maledetto, per la sottoscritta."- continuò.
"Il peggiore."- concordò Kia. Lou alzò gli occhi al cielo. Era la persona più scettica del pianeta, ma i discorsi sulla fortuna la divertivano.
"Non sei d'accordo?"- chiese Debbie.
"Penso che San Valentino sia imprevedibile come tutti gli altri giorni."- rispose Lou. "Non mi piace partire con dei presupposti, altrimenti finisco per influenzarmi da sola."-
"Hai ragione."- ammise Debbie. "Hai proprio ragione."-
Debbie abbassò per un momento lo sguardo, la situazione era ancora surreale per lei. "Comunque... grazie ancora, per, beh il salvataggio."- si rivolse a Lou, poi sorrise anche a Kia. "Ora credo di dover proprio andare."- si passò una mano tra i capelli. Lou la guardò negli occhi color cioccolato, e li vide improvvisamente farsi timidi.
Cosa vuoi chiedermi? - pensò Lou.
"Vi saluto, allora."- Disse Debbie, incamminandosi verso Tammy.
Lou e Kia la guardarono allontanarsi, poi la ragazza lanciò un'occhiata all'amica.
"Miller. Sento i tuoi pensieri."- mormorò Kia, dirigendosi verso il bancone del bar. Conosceva Lou come le tue tasche. "Non le vuoi nemmeno chiedere come si chiama?"- la punzecchiò, con una smorfia.
"Non dire sciocchezze."- rispose la bionda, per poi deglutire. I suoi occhi si posarono ancora sul mazzo di rose, lo stesso di cui si stava occupando poco prima. "Tu hai sentito come si chiama, no?"-
Kia la guardò sorridente.
"Temo di non ricordarlo più..."- mentì, senza nasconderlo nemmeno.
"Oh, al diavolo."- Lou sfilò la rosa più perfetta dal mazzo e rincorse la bella dal vestito rosso.
"Ehi, aspetta!"- le si avvicinò con i capelli in disordine. Debbie e Tammy si girarono contemporaneamente.
"Deb, chi..."-
"Zitta, Tam."-
Lou si armò di bel sorriso e le mostrò la rosa rossa, mentre le andava incontro.
"È per te."-
"Oh."- Debbie la guardò piacevolmente confusa, ma accennò un piccolo sorriso.
"Ok, so che è un po' strano, ma è San Valentino e ho avuto l'impressione che nessuno ti avesse trattato come meriti, oggi."- Disse Lou. "E poi ti assomiglia molto. È rossa, come il tuo vestito, e bella."-
Come me? - pensò Debbie.
"Questo per dirti che a volte anche le giornate maledette possono nascondere delle belle sorprese."- disse Lou, porgendogliela. Debbie la prese guardandola negli occhi blu. "E visto che ci sono, vorrei chiederti come ti chiami."-
"Debbie."- rispose, "Mi chiamo Debbie."- la mora abbassò lo sguardo, poi tornò sugli occhi di Lou, incapace di formulare alcuna frase.
"Ok. Debbie. Perfetto."- ripeté Lou. "Volevo solo... darti quella, tutto qui."- accennò una sorriso.
"E tu?"- chiese l'altra.
"Oh. Lou. Miller."- rispose, facendole un cenno con la testa. Debbie ripeté il suo nome con un sussurro.
"Lou Miller come quella organizzatrice di feste strepitose?!"- s'intromise l'amica. "Sono Tammy, comunque. Insomma, sei tu?"-
"Proprio lei."- ridacchiò la bionda.
"Oh mio dio! Ma è incredibile! Deb, lei organizza gli eventi più imperdibili della città! Riesci a procurarci un posto per quello di sta sera all'Heaven?"-
"Tam!"- Debbie scosse la testa.
"Certo."- rispose tranquillamente Lou.
"Oh mio dio!"- Tammy l'abbracciò improvvisamente. Lou rimase immobile, invece, e la sua espressione un po' basita fece sorridere Debbie. "Grazie mille! Allora aspettaci!"- continuò Tammy.
"Io non so se..."-
"Tu verrai, Debbie, non voglio storie. Sarà l'evento più magico della nostra vita, ne sono sicura!"- squittì Tammy. Debbie sorrise ed annuì.
"D'accordo."-
"Ottimo, allora io mi metto in strada e vi aspetto sta sera. Mi dite i cognomi, così vi lascio entrare senza prevendita?"-
"Ocean e Lange."- rispose Tammy, estasiata.
"A dopo."- Lou fece l'occhiolino a Debbie e lei la seguì con lo sguardo fino a che non trovò la sua moto verde e si mise in pista. Guardò la rosa che stringeva tra le dita e accennò un sorriso.
Nessuno l'aveva mai paragonata ad un fiore.

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