Erano le 5 di mattina, mi ero svegliata a causa di un incubo analogo a quello del giorno precedente, non ero più riuscita a riprendere sonno. Dopo la rottura completa con Elia, Don G mi aveva invitata a rimanere in canonica fino a quando i miei non sarebbero tornati, e così quella notte avevo dormito là. La casa del don non era proprio come l'avevo sognata, era molto più moderna e la perpetua era in verità un po' più giovane e si chiamava Ruth, aveva però lo stesso sorriso e gli stessi modi materni di Rosaria. Mi sono alzata e messa le scarpe: dovevo camminare per scaricare la tensione. Sono uscita dalla canonica cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare gli altri, e una volta fuori ho inalato con un bel respiro tutta l'aria fresca che si sente durante un'alba di fine giugno. Ho cominciato a vagabondare senza meta alcuna e canticchiavo una melodia con cui mia mamma mi faceva addormentare quando ero piccola.
"E quando arriva la notte,
E resto sola con me.
La testa parte e va in giro
in cerca dei suoi perché.
Nè vincitori né vinti
Si esce sconfitti a metà.
La vita può allontanarci,
L'amore continuerà."
Si esce sconfitti a metà...
Riflettevo sul fatto che nella vita non si vince mai, noi uomini non siamo fatti per essere vincitori, tant'è che dall'alba dei tempi ci siamo sempre inventati qualcuno che fosse più grande e potente di noi, per sentirci protetti. Per gli antichi erano gli Dei dell'Olimpo, per gli egizi i loro Dei, per gli ebrei YHWH, per i musulmani Allah e per i Cristiani Gesù Cristo. C'era una differenza però tra tutte queste religioni: avevo elencato tutte "forze sovrannaturali" se così si possono definire, ma solo uno era vincitore tra gli uomini tutti, Dio, è vero, ma un Dio con le mie stesse carni e le mie stesse ossa, un Dio che si considerava "figlio dell'uomo", un Dio che era come me, eppure era un vincitore. Questo in particolare ha attirato la mia attenzione e stavo cominciando a sentire uno strano fuoco nel petto, come se stessi amando immensamente qualcuno, così tanto da farmi sentire caldo, ma non capivo chi, ne avevo paura e l'ho spento, sentendomi di nuovo gelida.
"Rachele" mi sono sentita chiamare alle spalle, mi sono girata: "Samuele?" Era proprio lui, Giuda.
"Che vuoi?" Ho fatto due passi indietro, come se avessi paura della sua pericolosità: "hai paura di me?" Ha chiesto, ferito. Ho fatto spallucce: "perché non dovrei? Sei uno di loro."
"Eh no" ha ripreso lui: "non sono uno di loro, non voglio esserlo" sembrava sincero, ma non volevo credergli: "sì, certo" ho affermato ironica: "sono serio"
"Come posso crederti Samuele? Hai ucciso mio fratello"
"Ti sbagli. Non ho ucciso io tuo fratello, e tu lo sai"
"Forse non sei stata la mano della situazione, ma per anni hai saputo ciò che era successo e non hai detto né fatto nulla."
"Cosa avrei dovuto fare? Farmi ammazzare? Avevo paura."
"Perché io sono molto tranquilla ora che so che ad uccidere mio fratello è stata la mafia e non un prete pazzo qualunque."
È rimasto in silenzio, abbassando il capo: "Samuele io devo scoprire la verità e vendicarmi, non mi interessa se mi costerà la vita"
"La verità? Quale verità?" Si è avvicinato di un paio di passi ed io l'ho lasciato fare: "il perché un ragazzo come mio fratello si è messo in mezzo ad affari di mafia."
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Le carte della vita: esiste conversione nella morte dell'anima?
Mysterie / ThrillerQuesta è la storia di Rachele, una giovane donna che, dopo la tragica morte del fratello Jacopo, intraprende un viaggio di scoperta e redenzione. Con l'aiuto di Don Giovanni, un sacerdote che diventa il suo mentore spirituale, e di Elia, un amico fi...