Una strana alleanza

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Ritornata in camera mia butto il turbante che porto ancora avvolto in testa sul letto, scrollo i capelli umidi sulle spalle, mi tolgo la vestaglia e vado verso l'armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi. La mia scelta ricade su un paio di pantaloni grigi della tuta.

Stacco il telefono dalla carica per andarmi a sedere sul letto. Sbloccandolo vengo investita dalla marea di messaggi e chiamate perse che avevo ricevuto durante la giornata. Posso contare quindici messaggi da parte di Rebecca, accompagnati da tre chiamate perse, sei messaggi da Elena, nove da Nicola e cinque da Ade.

I messaggi di mia cugina passano dal buongiorno, al preoccupato, alle minacce perché non le rispondevo, fino alla rabbia provocata dal fatto che non l'avessi avvisata di dover andare a fare delle commissioni per mia nonna e che fossi un'imbecille perché mi ero pure dimenticata lo smartphone a casa.

Quelli di Elena sono più o meno sulla stessa scia.

Nicola ha sostituito alla rabbia il dispiacere che non gli avessi domandato di accompagnarmi nei miei giri fuori casa.

Quelli di Ade d'altro canto, mi fanno scappare un risolino. Sulla schermata del mio telefono spicca un messaggio chilometrico, da far invidia ad Omero con la sua Odissea, il quale gronda della disperazione di una persona che si pensa colpevole del mio estremo gesto di scappare di casa, cosa che in realtà non è accaduta.

Rispondo a tutti rassicurandoli e affermando che farò fatto penitenza per non aver avvisato nessuno della mia assenza da scuola.

Mi sdraio sul letto con gli occhi puntati sul soffitto, lasciando scivolare il telefono sulle coperte di fianco a me.

Mi sento stanca, come se avessi vissuto interi anni nel giro di un breve lasso di tempo.

Nelle ultime ore sono accadute tantissime cose e finalmente alcuni dei miei interrogativi hanno trovato le loro risposte, adesso tocca a me decidere che cosa farne.

La mattina dopo, volenterosa di non farmi scappare dietro altre commissioni dell'ultimo minuto senza che prima io glielo dica, mia cugina si presenta alla porta di casa mia praticamente all'alba.

"Che cosa ci fai tu qui alle... che diavolo di ore sono?", le domando sfregandomi gli occhi.

"Le cinque e trenta del mattino", risponde lei entrando in casa sorridendo.

"E si può sapere per quale accidenti di motivo ti trovi in casa mia alle cinque e trenta?!". Non so, se l'ho mai specificato, ma di mattina appena sveglia la mia personalità è pari a quella di un drago sputafuoco.

"Vediamo". Si tamburella il mento con le dita come se ci stesse riflettendo veramente.

"Ah si!". Batte il pugno sul palmo della sua mano sinistra. "Forse è perché ieri sei sparita e rimasta irreperibile quasi per tutto il giorno, senza che nessuno sapesse dove cappero ti eri cacciata, almeno fino a quando non è arrivata l'illuminazione divina di tua nonna che ci ha reso partecipi dei tuoi impegni nei suoi confronti".

Le sue guance sono rosse e non credo abbia ripreso fiato mentre faceva questo discorso.

Fa un respiro profondo, si ricompone e mi sorride di nuovo in un modo tutt'altro che angelico."Adesso che ne dici se andiamo in camera tua, ti aiuto a prepararti, facciamo colazione e andiamo a scuola INSIEME". Il suo tono non ammette repliche e io, non volendo morire giovane, non posso fare altro che seguire le sue direttive.

Certe volte mia cugina mi spaventa.

Cercando di non farla innervosire ulteriormente le dò il via libera per scegliere il mio outfit di oggi, ed è proprio per questo motivo che adesso mi ritrovo qua seduta in cucina con indosso una gonna di jeans con le tasche ai lati, una maglietta aderente nera e un giubbotto di pelle nero.

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