Verità indesiderate

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Sento le gocce di sudore scendermi lungo la spina dorsale. I muscoli sono infuocati e tesi. Faccio un'altra serie di addominali, cercando di gestire il senso d'ansia che mi ha invaso da ieri sera, da quando ho sentito quel maledetto click della macchina fotografica.

Uno, due, tre. Vado avanti finché non sento il mio addome bruciare e implorarmi di smetterla. Mi lascio andare sul pavimento della stanza con le braccia allargate ai lati del corpo.

Osservo il soffitto, guardo tutte le piccole increspature dell'intonaco e ripercorro con la mente i ricordi della notte prima. Dei flash appaiono dietro le palpebre dei miei occhi, il bacio con Elia, il mio respiro pesante e tremolante contro le sue labbra, la voce nella mia testa quando mi trovavo nella foresta - "Ti sto aspettando Rose" - , la comparsa di una coda e di un paio di orecchie, fino ad arrivare a quel stramaledetto suono.

Mi scappa un ringhio dalle labbra. Maledetta persona che si doveva trovare nella foresta in piena notte fonda.

Sento l'allarme della sveglia suonare. Tra poco Rebecca si presenterà davanti a casa mia per andare a scuola insieme, devo prepararmi.

Mi tiro su, la tuta da ginnastica che sto indossando ormai è diventata come una seconda pelle. I muscoli sono indolenziti. Muovo il collo e mi godo questa sensazione, la mia ansia non è del tutto scomparsa ma non si trova più a livelli critici. La stanchezza del corpo fa spostare la mia attenzione su qualcos'altro che non siano i mille pensieri che mi frullano nella testa.

Vado in bagno e butto il top con i leggings dentro il lavandino. Mi infilo in doccia e inizio a miscelare l'acqua per farla venire giù calda. Un sospiro di piacere sfugge dalle mie labbra alla sensazione dell'acqua bollente sulla mia pelle.

Voglio fare una prova, desidero capire se riesco a sentire di nuovo quella voce e se riesco a far ricomparire a comando la coda e le orecchie.

Chiudo gli occhi e mi concentro sul mio respiro. Vado alla ricerca di quel legame che sentivo risuonarmi dentro l'altra sera. Lo individuo, appare come un filo rosso e mi fa pensare alla leggenda del filo rosso del destino. Lo afferro saldamente e lo sento vibrare nelle profondità della mia anima. Uno strattone al petto mi fa emettere un respiro soffocato.

"Ti stai avvicinando". Eccola, la stessa voce di ieri sera. "Lasciami entrare Rose. Lasciati andare". È come se stesse stuzzicando il retro del mio cranio per farsi strada.

Una familiare fitta mi fa capire che ci sono riuscita, ho fatto spuntare a comando la coda e le orecchie da tigre.

Un sorriso si fa strada sulle mie labbra. Forse e dico forse, potrei riuscire ad imparare a controllare questa mia nuova condizione.

"Hey Rose sei sotto la doccia?". La voce di Rebecca proviene dalla mia stanza. "Hey ritardataria, non ti ricordavi più che dovevamo andare a scuola oggi?". Allargo gli occhi nel panico quando mi rendo conto che il suono dei suoi passi si avvicina sempre di più alla porta del bagno.

"Sono nuda urlo". È la prima cosa che mi viene in mente da dire.

"Come se non ti avessi mai vista nuda, sono tua cugina, facevamo il bagno insieme da piccole". Sento abbassarsi leggermente la maniglia.

"Io...". Pensa Rose, pensa a qualcosa di convincente. "Io mi vergogno". Oddio. Veramente questa è la cosa migliore che mi è passata per la testa. Appoggio la fronte alle mattonelle della doccia desiderandocela sbattere prepotentemente.

Il peso che c'era sulla maniglia si toglie e sento Rebecca fare un passo indietro. "Tu, ti vergogni", afferma lei dubbiosa.

"Oddio Rose!", esclama come se avesse avuto un colpo di genio.

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