32 - Sette

897 124 259
                                    

Non hai mai creduto nel caso, Damian

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Non hai mai creduto nel caso, Damian.

-M

Mi richiudo la porta pesante alle spalle, subito dopo Meròn, che si gira verso di me, si toglie la mascherina e mi sorride.

Una volta toltosi i guanti, mi porge la mano.

I suoi occhi azzurri centrano i miei. «Complimenti, Damian.»

Sorrido, per poi togliermi la cuffietta e buttare i guanti nel cestino della zona asettica.

«Complimenti, dottore» sento dire a un paio di infermieri che mi sorpassano, battendomi due pacche ben assestate sulle spalle.

«La sua precisione è da maestri», questa volta la pacca arriva da Meròn.

Peccato che non sappia cosa ci sia dietro la mia precisione.

Peccato che abbia contorni tutt'altro che sani.

Mi volto verso il vetro che mostra la sala operatoria e sento l'aria uscire lentamente dai polmoni mentre guardo gli infermieri raggiungere il lettino sui cui Lili è ancora addormentata, pronta a tornare nella sua stanza.

Mi tolgo il camice verde e prendo quello bianco, che indosso.

Porto una mano alla tasca, a quel fiocco che questa volta mi ha portato fortuna. Non poteva essere altrimenti, anche se a volte ho creduto il contrario. E rilasciando il fiocco nella tasca, lascio andare lo sguardo dalla piccola Lili.

Quando esco dalla sala operatoria, i genitori della bambina si alzano dalle sedute rigide e anonime e mi vengono incontro. La madre di Lili mi prende le mani ancora prima che io inizia a parlare, a dirle che tutto è andato bene, che non ci sono stati intoppi, che la convalescenza potrà essere lunga, ma che Lili potrà guardare il mare migliaia di altre volte e potrà leggere libri per sempre.

Sono sempre stato freddo, ho sempre fatto il meglio per ogni paziente che mi sono ritrovato davanti, ma non ho mai permesso a nessun altro, dopo Violet, di coinvolgermi emotivamente. Non ricordavo nemmeno più come fosse. Invece, adesso, nell'incontrare lo sguardo dei due genitori davanti a me, provo un calore al centro del petto che non mi è mai appartenuto.

Li saluto, non prima di aver fatto loro un paio di raccomandazioni, e gli spiego che ci aggiorneremo tra qualche giorno.

Attraverso il corridoio asettico e, dio, mi sento bene.

Lili starà bene.

È andato tutto bene.

Questa volta.

Dopo aver preso l'ascensore, e aver preso una bottiglietta d'acqua al distributore automatico, entro nel mio ufficio.
La prima cosa che faccio è chiamare Violet, che però non risponde.

Questa cosa deve finire. Dove diavolo lo tiene?

Prima di raggiungerla al Library Café sulla strada verso il Mandarin, sistemo alcuni documenti da consegnare agli infermieri. Poi mi infilo in fretta il cappotto e butto la bottiglietta vuota nel cestino, che sposto e allineo alla scrivania. Deve essere passato qualcuno delle pulizie a prendere il sacchetto sporco.

BLINDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora