26 - Ossimoro

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Si renderanno mai conto che loro sono ossimoro, ed è proprio questo a renderli giusti?

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Si renderanno mai conto che loro sono ossimoro, ed è proprio questo a renderli giusti?

-M



Distolgo per qualche istante gli occhi dallo schermo del pc e, dopo essermi sistemato i polsini della camicia sposto lo sguardo alla mia destra.

Le sue dita sottili scorrono con precisione sulla tastiera e le mie iridi si incantano nell'osservare ogni singolo movimento.

Una vita fatta di ordine e programmazione. Poi è arrivata lei a scombinare qualsiasi piano.

La mia mente non aveva mai contemplato il cambiamento e l'imprevisto, e semmai lo aveva fatto è stato soltanto per evitarli e allontanarli, come suoi nemici.

Ma ha sbagliato. Dio, se ha sbagliato.

La ragazza seduta al mio fianco, quella a cui appartengono le labbra che si morde concentrata mentre converte frase dopo frase in braille, è tutto tranne qualcosa di sbagliato.

E se c'è una cosa che ho capito in questi due giorni, in cui ci siamo vissuti senza che la mia mente mettesse eccessive barriere, è che quello che ho sempre considerato normale, in realtà non lo è. 

Non sapevo di vivere in una nebbia dalle coordinate maniacali, finché davanti ai suoi occhi non ha iniziato a perdere potenza, regalando al mio petto una sensazione sconosciuta, fatta di libertà e scintille.

Solo quando distolgo lo sguardo per posarlo sul finestrino alla mia sinistra, mi accorgo che le mie labbra sono incurvate in un sorriso, che mi meraviglia ma mi preoccupa.

Violet è l'unica cosa a cui non sono stato capace di rinunciare anche quando la mia testa voleva obbligarmi a farlo, e adesso, su questo aereo, a dodici mila metri di altezza, so che non potrei mai farlo.

La mia mente non mi permette più di vedere neanche un giorno soltanto senza di lei, senza poter sentire il suo profumo, la sua pelle, le sue labbra su di me.

«A cosa pensi?»

Lascio andare lo sguardo dalle nuvole bianche e trovo il suo sguardo leggermente allungato dalla linea nera sopra la palpebra. L'unico tocco di trucco con cui l'abbia mai vista.

«Questioni di lavoro» le rispondo, prendendo tra le dita la lunga coda di cavallo che raccoglie le onde rosse. La lascio andare dietro alle sue spalle.

«Non sono brava a mentire, ma neanche tu», abbassa lo schermo del laptop e incrocia le braccia al petto. Come una bambina.

«E da cosa avresti capito che sto mentendo?» le chiedo, spegnendo anch'io il pc, su cui erano ancora aperte tutte le schede su Lili.

«Lo hai già fatto un'altra volta, quella mattina in cucina» si morde le labbra.

Ho capito a cosa si riferisce, ma c'è una cosa di lei che amo particolarmente.

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