«Il tuo nome è la mia condanna, Violet.»
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Si dice che due anime che si appartengono siano destinate a rincontrarsi.
Ma cosa succederebbe se due anime destinate a distruggersi si dovessero incontrare una seconda volta?
𝑻𝒆𝒔𝒕𝒂.
Damian viv...
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6 anni dopo
Cinque matite. Cinque mine affilate. Quattro piccole gomme rosse allineate. Una sporge.
Mentre spengo il motore della Urus, la mia mente ritrova in uno dei suoi vecchi cassetti un'immagine dimenticata e me la proietta davanti, al posto delle nuvole amiche di Edimburgo che si raccolgono pian piano una sopra l'altra prima di bagnare la città. Prima di avvolgerla in quella foschia che la rende malinconica, ma se stessa.
E mentre mi compare davanti, sento quasi i brividi percorrermi le braccia e le dita, fino a raggiungere l'anello nero. I brividi maniacali che non potrò mai dimenticare.
Eppure, appena visualizzo quelle cinque matite che sembravano farmi voler esplodere il cervello, un'altra immagine ben più chiara prende il loro posto.
Il mio sguardo verso il corridoio, verso la vetrata, verso mio fratello con la testa rasata che mi sta aspettando... verso quella chioma rossa che ha catturato i miei occhi, imbrigliandoli come fiere che nessuno prima era riuscito a domare, e istintivamente le mie labbra si umidificano, il mio sguardo si abbassa oltre il finestrino e si posano all'altezza del piccolo balconcino del mio appartamento.
Intravedo le tende svolazzare proprio mentre la prima goccia cade sul parabrezza.
Mi allungo allora verso i sedili posteriori e afferro il camice bianco, raddrizzando la targhetta che ormai da tre anni porta il mio nome affiancato a quello di "primario".
Ogni volta che i miei occhi incrociano quella parola, vorrei tornare in quel caravan, di sera, quando mi accucciavo sotto le coperte a sognare la libertà e il respiro, mentre tutto intorno a me era fatto di caos.
E mostrerei a quel bambino che ce l'abbiamo fatta, che tutto quello che ha fatto ne è valsa la pena.
Scendo dall'auto, inserisco l'antifurto e raggiungo di corsa il marciapiede, tirando fuori dal cappotto, che inizia a bagnarsi di gocce autunnali, il mazzo di chiavi.
Infilo la chiave, portandomi indietro i capelli, felice di essere finalmente a casa dopo una giornata di due interventi.
«Ciao, Damian.»
Appena sento il mio nome, mi volto alla mia destra.
Prima di vederla, mi passano davanti una coppia di anziani e un ragazzo che cerca di riparare lui e il suo cane dalla pioggia, rifugiandosi sotto i piccoli balconi.
Poi mi appare davanti, con quello sguardo con cui mi ha sempre guardato, come se lei, della vita, non avesse mai avuto timore, nonostante tutto.
Lei che con i suoi vestiti sgargianti e quei libri tra le mani aveva attirato la mia attenzione fin da bambino, lei che ora è coperta da tre sciarpe di colori diversi e due cappelli uno sopra l'altro.