Chapter 6.
Novembre 1993.
Le note di una dolce melodia risuonavano tra le mura insonorizzate di quella stanza, le parole mi scorrevano sulla pelle prima che io potessi pronunciarle, sfiorando e pizzicando le corde del mio cuore.
Ero in uno studio di registrazione ed ero intenzionata, da tempo, a lavorare ad un singolo sotto l'aiuto e la supervisione della mia casa discografica che riteneva necessaria una pubblicazione di un pezzo scritto e composto interamente da me.
Il mio rapporto con la musica era da sempre molto importante, fin da bambina avevo imparato ad apprezzare quella forma di espressione che le persone amavano e di cui non riuscivano a fare a meno.
Ero riuscita con le mie forze a fare di essa la mia vita, scrivendo canzoni per giovani artisti o interpretando brani di diversa importanza musicale.
Quella mattina mi recai in quell'insolito luogo per dare spazio alle mie emozioni che, da un po' di tempo, non avevano fatto altro che essere negative, in modo da tenermi legata al sistema del quale facevo parte.
L'amore era la nota dolente della mia situazione, facevo un'estrema fatica a dimenticarmi delle cose accadute e a farmi una ragione sul fatto che Danny, mio marito, non avesse una minima intenzione a donarmi una vita dignitosa.
Durante quel mese non erano affatto mancate le sue dichiarazioni e i momenti in cui, trovandomi a girovagare distratta per i corridoi della casa, si era gettato ai miei piedi con la speranza di far ritornare le cose al loro posto.
Ero dell'avviso che un vaso rotto non sarebbe stato più riparato, sarebbe stato possibile mettere insieme i cocci, ma ottenere il risultato iniziale sarebbe stato a dir poco impossibile.
Non nascondevo il mio desiderio di poter ritornare con lui, dopotutto era l'uomo che avevo scelto di sposare e colui che, nonostante la rabbia travolgente che possedeva, non riuscivo a smettere di amare.
Ero consapevole, allo stesso tempo, di non avere più al mio fianco il ragazzo che avevo sposato, bensì un manipolatore incapace di amare.
Era capace soltanto di fare del male e di chiedere perdono dopo aver compiuto le sue cattiverie, non curandosi del fatto che le persone non fossero a disposizione per un periodo di tempo illimitato.
Più trascorreva il tempo e più mi capacitavo di aver bisogno di una persona che mi facesse del bene, una persona capace di farmi sentire importante e di salvarmi con il suo amore, trasportandomi altrove, lontano dalla mia solitudine.
Ero entusiasta per quel pezzo che stavo incidendo da giorni, ero legata ad esso da un particolare legame affettivo e ritenevo opportuno che il risultato finale fosse eccellente.
Quel progetto era il punto di partenza verso una nuova vita, quella che aspettavo da tempo e che ero sicura che non avrei sprecato inutilmente.
Ritornai a casa soltanto dopo una manciata di ore trascorse in sala di incisione, fortunatamente era una tranquilla giornata autunnale e il calore del Sole riscaldava lievemente, donando una sensazione di pace interiore.
Tornai a casa con il chiaro intento di riposarmi, erano giorni che non riuscivo a chiudere occhio per via dei numerosi pensieri che affollavano la mia mente, così da impedirmi di precipitare nella forza del sonno e donandomi un aspetto sgradevole.
La mia ultima dormita, se così la si poteva definire, la ottenni precisamente un mese fa, quando mi recai a Neverland per cercare aiuto, in preda alla mia tristezza e al mio dolore.
STAI LEGGENDO
Heroine.
عاطفية"Lui era come la mia ultima dose di eroina, la più potente e prelibata. Quella che avrebbe messo fine alle mie sofferenze. Quella che non mi avrebbe lasciato scampo." Una potente droga della quale non esiste una cura, un potente anestetico capace di...