Chapter 14.
La luce fioca e debole del mattino penetrava attraverso la superficie vetrata delle finestre semiaperte che, quella notte, qualcuno lasciò socchiuse.
Ero avvinghiata ad un corpo maschile che giaceva al mio fianco, i suoi respiri conciliavano il mio sonno e percepivo i battiti del suo cuore risuonare in direzione dei miei timpani, divenendo una dolce e prelibata melodia.
Una musica riservata ad un pubblico ristretto, il più intimo, del quale facevo parte soltanto io.
La mia testa era poggiata al suo petto caldo e nudo, rimasto scoperto dalle candide lenzuola che si preoccupavano di avvolgere i nostri corpi privi di indumenti che, la sera precedente, si erano lasciati trascinare via dall'amore.
Un braccio mi toccava la schiena lievemente, come a volerla accarezzare ed apprezzare in tutta la sua nudità, percorrendo delle linee immaginarie con le dita.
Era sveglio da un lasso di tempo a me sconosciuto, ma il suo corpo continuava ad essere fermo, non si muoveva, si limitava a sfiorarmi e, in qualche modo, ad osservarmi.
Insinuai una gamba tra le sue e mi strinsi maggiormente a lui, come a mantenere un profondo contatto anche nel sonno che sembrava volerci separare.
"Sono perdutamente innamorato di te. Sei l'unica persona che può salvarmi, l'unica che può allontanarmi da tutto il dolore che mi circonda." – Sussurrò con la voce estremamente bassa, sembrava stesse parlando con se stesso per non svegliarmi.
Per quanto mi sentissi stordita e lievemente addormentata, riuscii ad ascoltarlo; mi limitai a baciargli dolcemente il torace e ad aprire gli occhi, cercando il suo volto illuminato dai colori del giorno.
Mossi lentamente le dita della mia mano e mi accorsi, soltanto in quel momento, di avere un anello che decorava il mio anulare, un meraviglioso e raffinatissimo gioiello d'oro.
Mi affiorarono alla mente i ricordi della serata precedente, i nostri momenti d'amore e la sua richiesta di sposarlo, diventando sua moglie e la donna che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.
"Da quanto tempo sei sveglio?" – Domandai con la voce impastata dal sonno, stropicciandomi gli occhi in modo poco elegante e sorridendogli.
"Da un po'. Mi piace guardarti dormire, è come se tu ti sentissi al sicuro con me al tuo fianco."
"E' così. Non mi sono mai sentita tanto protetta da un uomo in tutta la mia vita." - Confessai, alzandomi con il busto e raggiungendo le sue labbra, stampandogli un piccolo bacio all'angolo della bocca.
"Mi hai completamente sporcato la federa del cuscino con il trucco!" – Esclamò in tono autoritario, fingendosi arrabbiato e nel pieno di una ramanzina nei miei confronti.
Non riuscii a trattenere una risata, non gli riusciva la parte del "cattivo", possedeva un tono di voce troppo calmo e pacato per potersi rispecchiare in un tale ruolo.
Allargò un braccio per far sì che mi poggiassi al suo corpo, mi strinse a sé e cominciò a lasciarmi dei dolci baci tra i capelli.
"Adesso dovrai punirmi, allora."
"Si, signora, credo proprio di doverlo fare." – Mormorò in tono sensuale, mordendosi delicatamente il labbro inferiore e passando la sua mano sul mio fianco.
Era diventato, nel giro di poco tempo, una persona priva di alcuna timidezza nei confronti di quell'argomento che aveva spesso considerato un tabù.
Sapevo che un uomo che si muoveva in modo poco casto e malizioso sul palco non poteva non nascondere al suo interno una forte dose di sensualità, ma non credevo potesse arrivare a tanto.
Non mi sbagliai sul suo conto e Michael, quella notte, fece del suo meglio per far sì che i miei giudizi andassero oltre tutte le aspettative.
Sotto ogni punto di vista, più tempo trascorrevo al suo fianco e più mi rendevo conto che Michael fosse il miglior uomo che io avessi mai visto.
Nessuno sarebbe stato in grado di eguagliarlo e di prendere il suo posto, era il re in ogni cosa che faceva o diceva, ogni frase che la sua bocca pronunciava sembrava esser detta con una dolcezza disarmante ed ogni suo gesto, di qualsiasi tipo, conteneva tanta eleganza.
Mi poggiai lentamente sopra il suo corpo, venendo aiutata dai suoi polsi che costituirono un appiglio e allargai le gambe per sedermi sul suo bacino.
Iniziai a baciargli il petto, marcando con le mie labbra ogni minima parte della sua pelle, lasciandomi andare a delle dolci carezze.
Si irrigidì, quando cominciai a muovermi piano, sentendolo rispondere perfettamente alle mie provocazioni.
"Stasera ci sarà una cena qui a Neverland con la mia famiglia." – Disse sottovoce, accarezzandomi la schiena con piccoli movimenti.
"Certo, ci vediamo domani, allora?" – Domandai con la voce interrotta dai baci.
"Non ti sto chiedendo di andartene. Non voglio stare da solo, non stasera."
I suoi occhi assunsero immediatamente un aspetto malinconico, vennero travolti da una dolce luce che sembrava donare loro un colore più vivido, mettendo allo scoperto le sue emozioni.
"Michael, io..." – Balbettai, staccandomi a fatica dalle sue labbra e guardandolo titubante.
"Voglio presentarti alla mia famiglia." – Sussurrò, sollevando entrambe le sue mani per sfiorarmi i lineamenti del viso, sostando agli angoli della mia bocca.
"Non voglio essere di troppo." – Dissi con aria riluttante, serrando la mascella.
Sarebbe stato un momento soltanto per loro, io non c'entravo niente con quella storia, né potevo reputarmi una persona in grado di poter prendere parte ad una cena composta soltanto da familiari di Michael.
Mi sarei sentita fuori posto, troppi sguardi puntati su di me e lo sapevo, perché alla fine sarebbe andata soltanto in quel modo.
Al contrario, Michael sembrava volermi rassicurare, spazzando via ogni mia singola preoccupazione; sapevo quanto ci tenesse a presentarmi alla sua famiglia, ma io non ero dello stesso entusiasmo.
Avevo deciso di sposarlo dopo dei mesi trascorsi a frequentarci, stavo uscendo da una situazione complessa e difficile da gestire, un altro matrimonio era decisamente troppo, eppure, almeno per quella volta, avevo lasciato decidere il mio cuore.
Ero innamorata di lui, sposarlo sarebbe stato lo stadio più elevato della mia felicità, ma avrebbe portato a numerose conseguenze con le quali non mi andava di entrare ancora in contatto.
Necessitavo di tempo.
"Non lo sei, stai per diventare mia moglie." – Sussurrò, prendendomi la mano e baciandone dolcemente il dorso, soffermandosi sull'anello che mi aveva regalato soltanto poche ore prima.
Gli baciai il collo con lentezza, godendo di ogni tocco e di ogni parte di pelle che incontravo, spostandomi piano verso il basso.
Gli sfiorai i capezzoli con le mie labbra e mi protesi verso il suo ombelico, abbassandomi maggiormente fino a baciargli l'interno delle gambe, facendogli avvertire i miei capelli solleticargli i fianchi.
Eravamo entrambi troppo presi l'uno dall'altro per accorgerci della porta della camera che aveva cominciato ad emettere dei rumori flebili, fino a spalancarsi del tutto.
Rimanemmo entrambi a bocca aperta, quando notammo la figura di una giovane donna sostare sull'uscio dell'ingresso, la quale reggeva tra le mani delle lenzuola.
Mi bloccai sopra di lui, rimasi immobile per qualche istante e, fortunatamente, riuscii a coprire il mio torace nudo con le braccia, provando a nascondermi, per quanto mi fosse possibile.
La bocca della donna si spalancò alla vista di me e Michael, assumendo un atteggiamento palesemente imbarazzato e in preda al disagio più concreto.
"Signor Jackson, mi scusi, credevo... credevo che lei fosse andato via e... mi scusi, sono mortificata!" – Si precipitò a parlare, richiudendo immediatamente la porta alle sue spalle, emettendo un tonfo.
Michael arrossì sulle guance e rimase in silenzio, mi guardò con le labbra semiaperte, poi si coprì il viso con entrambe le mani e mormorò qualcosa che non riuscii a capire.
"Dio, che imbarazzo." – Dissi sbuffando, spalancando gli occhi e sollevando le sopracciglia per resistere vivamente dall'intraprendere una grossa risata.
Era stata decisamente la situazione più imbarazzante di tutta la mia vita, ero stata sorpresa a letto con il mio uomo e desideravo soltanto che il materasso mi risucchiasse al suo interno.
"Era Mariah, la mia domestica. Lisa, mi dispiace, sono imbarazzato."
"Avresti dovuto chiudere la porta a chiave." – Intervenni, scoppiando a ridere e chinandomi sul suo torace, provando a mascherare il mio divertimento.
Provai a sminuire la tensione che si era formata tra di noi, Michael sembrava molto nervoso e intimidito dall'accaduto che ero sicura che non mi avrebbe neanche più guardata in faccia dinanzi ai suoi dipendenti.
"Oh, Dio. Stavamo per..."
"Se fosse arrivata qualche minuto più tardi, probabilmente avrebbe fatto un pensierino sul suo datore di lavoro." – Dissi, continuando a ridere e notando il suo viso arrossire.
Mi divertivo nel vederlo in quegli atteggiamenti, sembrava molto timido e riservato, nascondendo tra gli sguardi anche delle piccole dosi di malizia che faceva attenzione a tenere per sé.
"Smettila! Mi imbarazzi!" – Esclamò.
"E' tardissimo! Danny sarà a casa mia tra mezz'ora!" – Urlai, lanciando una rapida occhiata verso l'orologio da parete poco distante da noi.
Liberai Michael dal peso del mio corpo e scesi giù dal letto, permettendogli di osservarmi a distanza, mentre cercavo disperatamente della biancheria intima da un lato all'altro della camera.
"Perché devi vederti con Danny?" – Domandò, infilandosi una camicia e cominciando ad allacciare i primi bottoni elegantemente.
"Per il divorzio. Vuoi che ti sposi?"
Annuì con il capo e mi lanciò, dopo qualche istante, un paio di boxer bianchi che trovò in un cassetto.
"Credi che mi stiano bene?" – Ripresi, afferrandoli al volo e reggendoli per l'elastico con due dita.
Indossò un paio di pantaloni neri ed avanzò verso di me, fino a pararsi dinanzi alla mia figura, facendomi indietreggiare verso la parete.
"Per quanto mi riguarda potresti rimanere nuda e ne sarei molto felice. Siccome, però, stai per incontrare il tuo ex marito e gli unici slip che avevi te li ho gentilmente sfilati stanotte, ti sarei molto grato se li indossassi." – Disse, allungando la sua mano verso il mio fondoschiena, dove lasciò un piccolo buffetto.
La sua affermazione espressa a bruciapelo, in una situazione di semplice routine mattiniera, mi lasciò senza fiato.
Detta da lui, ogni cosa sembrava sensuale e provare a frenare il costante desiderio fisico era un'ardua battaglia.
Si preparò in fretta ed anche io feci lo stesso, non riuscii a smettere di osservarlo neanche per un minuto, era come una potente droga per me.
Ero completamente assuefatta da quell'uomo.
"Vengo con te." – Disse, coprendo i suoi occhi con un paio di occhiali scuri e aprendomi la porta della camera, in modo che passassi prima di lui.
"No, Michael. Sarà meglio che vada da sola." – Risposi, alzandomi sulle punte per baciarlo sulle labbra, dove mi accolse con un breve sorriso.
"Per favore, lascia che venga con te."
"E' una faccenda tra me e mio marito e..."
"E non devo intromettermi in affari che non mi riguardano, giusto?" – Intervenne, sistemandosi con cura il colletto della camicia e depositando lo sguardo al di là della mia figura.
"Non è questo. E' che è una situazione difficile, tu non lo sai, perché non ne hai mai vissuta una."
"Ti vergogni di me? E' per questo che non vuoi che venga a casa tua?" – Chiese, poggiandosi il cappello sopra la testa e incrociando le braccia intorno al petto, guardandomi da dietro lo specchio delle lenti scure.
Non credevo che avesse mai potuto pensare ad una cosa del genere, mi fece male sentire quella domanda, aveva un'idea di me completamente negativa e non era un dato positivo della nostra relazione.
"Pensi questo di me? Sul serio? Se mi vergognassi non sarei qui!" – Dissi, percorrendo a passo svelto e cadenzato l'enorme rampa di scale in marmo, seguita da lui alle mie spalle.
Mi sentii in imbarazzo quando avvertii gli occhi dei suoi dipendenti su di me, mentre erano intenti a sbrigare le loro faccende e, come da copione, non riuscivano a fare a meno di osservarci.
Dopo essere stata sorpresa in atteggiamenti poco sobri con Michael, probabilmente non avrei avuto più il coraggio di mettere piede in quella casa, ma l'amore, alle volte, aveva la meglio sull'inutilità circostante.
Stavo per varcare la soglia della porta dell'ingresso, sostai qualche istante a ricercare i particolari che avevo tralasciato in quel periodo, non curandomi di quanta bellezza possedesse una dimora del genere.
Michael mi raggiunse accelerando il passo, mi afferrò il viso tra le mani e mi baciò davanti a decine di occhi pronti a godere il nostro momento.
"Ti amo." – Mi sussurrò nell'orecchio, attirandomi a sé e azzerando ogni distanza tra di noi.
"Davanti a tutti?" – Domandai sottovoce, irrigidendomi a quel gesto e gettando qualche sguardo verso l'esterno, con aria disinvolta.
"Voglio sentirmi libero, almeno in casa mia. Ti amo sempre, non solo in camera da letto."
Poggiò le mani sui miei fianchi e mi baciò di nuovo, lasciando che la sua lingua accarezzasse la mia con piccoli e decisi movimenti, permettendo di immaginare uno spazio nel quale ci muovevamo soltanto noi due.
"Michael, ti prego. Ci stanno guardando tutti."
"Dovranno farci l'abitudine." – Disse con la voce roca, stringendomi in un caldo abbraccio e dirigendosi verso l'uscita.
* * *
"Ce ne hai messo poco, di tempo, per dimenticarmi." – Disse in tono duro, osservandomi accuratamente attraverso la poca distanza che ci separava.
Ci eravamo accomodati fuori in giardino, dove il sole primaverile riscaldava l'ambiente e lo suggestionava con il suo tiepido calore che decorava le nostre figure.
"Tu mi hai decisamente battuta." – Dissi, sarcastica.
Mostrò un minimo sorrisetto beffardo dal retro del suo sguardo, si lasciò un morso sul labbro inferiore e avvicinò le sue mani al colletto della camicia.
"Con Michael Jackson. Sei molto furba, lo sai?"
"No, non lo sono, altrimenti non ti avrei sposato." – Risposi, portandomi alle labbra un calice di cristallo, assaporando la freschezza del vino a contatto con il mio palato.
Intraprese una risata che mi irritò, chiusi gli occhi e mi abbandonai con il corpo contro lo schienale della sedia che sosteneva il mio peso, dirottando altrove i miei pensieri.
Volevo sbrigare al più presto quella faccenda, avevo intenzione di tornare da Michael prima che il sole calasse per poter trascorrere del tempo insieme.
"Lui può darti tutto quello che desideri." – Cominciò, infilandosi una mano tra i capelli ben pettinati, sistemandoli leggermente.
"Non mi interessano i suoi soldi, né la sua fama, non sto con lui per questi stupidi motivi."
Ci fu un vacuo silenzio, decorato soltanto da qualche sospiro che le nostre bocche si lasciavano sfuggire, accompagnando le parole non dette.
"Non vuoi provare ad aggiustare le cose tra di noi?" – Chiese con un velo di malinconia, avvicinandosi al tavolo per introdurre un contatto maggiore.
Avevo deciso di incontrarlo per terminare definitivamente quel percorso, i miei pensieri non avevano mai sfiorato minimamente l'idea di poter ricompattare il nostro matrimonio, non dopo l'arrivo di Michael.
Avevo scelto di amare lui, ogni tentativo sarebbe stato vano, inutile ai miei occhi che non ammiravano altri volti, ma soltanto la sua bellezza.
"Non c'è niente da aggiustare, Danny."
"Perché vuoi il divorzio?" – Domandò, parlando molto lentamente.
"Michael mi ha chiesto di sposarlo." – Biascicai, gettando, dopo una manciata di secondi, lo sguardo verso la mia mano che possedeva la sua richiesta.
Sbarrò gli occhi e, ad un tratto, conducendo un percorso lontano dalle mie aspettative, cominciò a piangere come un bambino.
Non aveva mai pianto in mia presenza, soltanto nell'ultimo periodo in cui, nel disperato tentativo di riconquistarmi, si lasciava trascinare via dalle emozioni e dai rimorsi.
"Quindi... è finita davvero." – Sussurrò con un filo di voce, allungando disperatamente la sua mano verso la mia, provando a stringerla, forse per l'ultima volta.
Annuii con un cenno del capo e ritirai il braccio, nascondendolo dietro la mia schiena.
"Lisa, devi dirmelo. Dimmi che non mi ami più." – Riprese, cominciando a singhiozzare.
Un altro silenzio, lo guardai a lungo, come a voler racchiudere dentro di me tutto il dolore che mi aveva inflitto con il tempo.
Lo guardai come una persona che non conosceva i suoi lineamenti, non era più il centro del mio universo, era stato rimpiazzato.
Chiusi gli occhi, un'espressione afflitta mi dipinse il viso e feci un respiro profondo.
"Non ti amo più, Danny." – Dissi in tono neutro, alzandomi dalla sedia e adagiando i miei jeans lungo i fianchi.
Una morsa mi attanagliò il petto, era stata una frase cercata a lungo, non provavo più niente per quell'uomo, ma allo stesso tempo sentivo qualcosa lacerarmi l'anima, fino in fondo.
"Firmerò tutto. Spero soltanto che tu sia felice." – Sussurrò, sostituendo il suo pianto con un finto sorriso, poco credibile.
"Grazie." – Dissi con la voce bassa, dirigendomi lontana da lui e raggiungendo l'auto che mi avrebbe accompagnata a Neverland.
Durante il tragitto, una lacrima scivolò via dal mio viso ed io non feci niente per abbandonarla, rappresentava la parola fine che non era mai arrivata, l'ultima pagina di un capitolo durato più del dovuto.
Stavo cominciando a memorizzare il percorso che conduceva a Neverland, ogni minima curva, ogni rettilineo ed ogni vialetto alberato mi incutevano quella insolita sensazione di cuore in gola.
Ogni volta che incontravo Michael era come la prima, era come se i nostri momenti fossero tutti da scoprire e da vivere intensamente, in modo di godere ogni sensazione, ogni bacio ed ogni carezza dettata da lui.
Non appena l'auto prese posto nel parcheggio principale, la portiera al mio lato si spalancò, lasciandomi notare l'elegante ed esile figura di Michael ad accogliermi.
Indossava dei pantaloni neri ed una camicia verde inserita all'interno di essi, quest'ultima permetteva di scorgere la parte bassa del suo collo rimasto scoperto dalla stoffa.
Era incantevole, quel colore gli donava e, per mia fortuna, nessun vetro scuro occultava i suoi occhi, privandomi della loro magnificenza.
"Sei stupendo, Michael."
Mi lasciai sfuggire quella frase dalle labbra, le quali si schiusero per accogliere le sue, morbide e calde, donandomi l'impetuoso desiderio del suo corpo.
"Tu di più." – Disse, cingendomi i fianchi con entrambe le braccia e facendomi ondeggiare di poco verso di lui.
"Ho una cosa per te." – Riprese, prendendomi per mano e dirigendosi a passo svelto verso la sua camera da letto, percorrendo ogni metro quadrato con me al suo fianco ed un sorriso sul volto.
Quando entrammo, venni travolta da una sferzata di profumo, lo stesso che la notte precedente si era mischiato al mio ed aveva unto il mio corpo.
Michael si allontanò per un breve tempo, raggiunse un comodino che decorava un lato della stanza e ne aprì un cassetto, sfilando dal suo interno una scatola rettangolare.
"Chiudi gli occhi, adesso." – Mi sussurrò nell'orecchio, facendomi rabbrividire appena che le sue labbra mi sfiorarono il lobo.
Mi condusse piano verso un punto indefinito della stanza, poi si fermò e avvertii le sue mani allontanarmi i capelli, scoprendomi il collo.
Aprii gli occhi e mi trovai ad osservarmi attraverso uno specchio, Michael mi fece indossare una straordinaria collana di perle che mi lasciò senza parole.
"Ti piace?" – Domandò, incitandomi ad esprimere il mio entusiasmo.
"E' bellissima... l'avrai pagata tantissimo!" – Esclamai, accarezzandone dolcemente ogni minima parte, ammirando totalmente la sua bellezza.
"Non spendere i tuoi soldi per me, ti prego." – Ripresi.
"Presto sarai mia moglie, tutto quello che possiedo diventerà tuo." – Mormorò, accarezzandomi una guancia con tenerezza e sorridendomi.
Mi sollevai sulle punte dei piedi e lo baciai sulle labbra, percependo la sua risposta a quel contatto che, grazie alla sua lingua che varcò la mia bocca, divenne di un'intensità maggiore.
Le sue mani si abbassarono sul mio bacino, mentre si preoccupava di dispensarmi baci lungo il perimetro del mio collo, tracciando scie umide su di esso.
"Abbiamo un po' di tempo per noi?" – Domandai sensualmente, sfilandomi le scarpe e abbandonandole accanto al letto.
Michael annuì con un breve cenno del capo, sembrava improvvisamente più rilassato e sereno, era sicuro di sé e avvicinò le sue mani al colletto della mia camicia, cominciando a sbottonarla con una lentezza disarmante.
Chiusi la porta a chiave per impedire la ripetizione di un evento simile a quello vissuto poche ore prima e mi avvicinai nuovamente a lui, cominciando a baciargli con dolcezza la mascella ben delineata, risalendo fin sopra le basette.
A breve sarebbero arrivati i suoi genitori, i suoi fratelli, mi avrebbe presentata alla sua famiglia e dovevo ammettere che mi sentivo agitata e nervosa, ma i suoi tocchi mi rilassavano a tal punto da farmi dimenticare ogni cosa.
Speravo soltanto di poter avere un'impressione positiva su di loro che, nonostante Michael mi avesse fatto capire che il giudizio importante fosse il suo, erano considerati un tassello fondamentale nella sua vita.
Decisi di non rimuginarci troppo e di lasciarmi andare alle carezze del mio uomo, il quale si spogliò della camicia e mi condusse dolcemente verso il letto.
Le sue labbra non abbandonarono le mie neanche per un breve istante, continuando a farle sue nel migliore dei modi.
La camicia che indossavo venne via rapidamente, seguita dal mio reggiseno che Michael si preoccupò di sfilarmi lui stesso, in modo da poter sfiorare il mio torace nudo e privo di alcuno ostacolo.
Si sedette sul bordo del letto e mi lasciò in piedi di fronte a lui, liberandomi dalla stoffa dei jeans che indossavo.
Mi accarezzò languidamente le gambe con una sensualità capace di farmi perdere la ragione, sostando assiduamente lungo i perimetri delle zone alte.
I contatti con la sua pelle calda e morbida laceravano la parte razionale di me che faceva fatica ad emergere in quelle occasioni, abbandonandomi a quell'uomo che gestiva il mio piacere a modo suo, rendendolo una parte di sé.
Raggiunse l'elastico dei miei slip e li fece scivolare verso il basso, sfilandomeli dalle caviglie e sorridendomi con un'espressione resa torbida dal desiderio.
Mi attirò a sé con una maggiore forza, strinse il mio fondoschiena tra le sue dita e chinò la testa per baciarmi la parte alta delle cosce, fino a raggiungere l'interno.
Ansimai rumorosamente, avvolsi le mie mani intorno alla sua testa ed iniziai a massaggiargli i capelli, trattenendo delle piccole ciocche tra i miei polpastrelli.
"Ti voglio." – Biascicò con la voce roca, spingendomi a chiudere gli occhi ogni volta che la sua lingua accarezzava la mia intimità.
Avvicinai le mie mani alla cintura in pelle che stringeva i suoi pantaloni, la sbottonai rapidamente e lo vidi aiutarmi, facendosi scivolare quell'indumento giù per le caviglie, fino a liberarsene totalmente.
Mi regalò un lungo ed appassionato bacio prima di prendermi i polsi, invitandomi a sedere sulle sue gambe snelle e toniche.
Si abbassò i boxer con un rapido gesto e, all'improvviso, fece scivolare la sua erezione dentro di me, strappandomi un gemito gutturale che sfuggì dalla parte più bassa della mia gola.
Chiusi gli occhi istintivamente, abituandomi al tepore del suo corpo unito al mio, avvertendo i nostri fianchi sfiorarsi.
"Guardami, per favore." – Sussurrò, toccandomi piano le palpebre e abbassandosi per percorrere i contorni delle mie labbra.
Cominciai a muovermi lentamente sopra di lui, alternando il ritmo dei miei movimenti, sentendolo gemere forte contro il mio petto, mentre mi stringeva i seni con dolcezza.
Mi accompagnava muovendo il suo bacino, sussurrando il mio nome con la voce alterata dal piacere crescente.
"Piano, Michael. Ci sentono." – Ansimai, avvicinai le mie labbra alle sue e lo spinsi delicatamente verso il centro del letto, facendogli poggiare la schiena sopra le lenzuola.
"Siamo soli." – Sussurrò con la voce roca, attirandomi maggiormente a sé, guardandomi negli occhi.
Invertì la posizione, si spostò sul mio corpo e mi prese con forza, affondando dentro di me e fermandosi subito dopo.
"Ti amo così tanto." – Gemetti, accarezzandogli il volto leggermente sudato e gettando la testa all'indietro.
"Sei la prima donna che amo."
Gli sorrisi, strinsi entrambe le sue mani e avvertii le sue spinte divenire sempre più intense, accelerando l'arrivo del nostro piacere.
La stanza era ormai diventata nostra complice, tra le pareti dipinte con dei colori chiari risuonavano i nostri gemiti, le parole soffocate che tentavamo invano di scambiarci e il rumore dei nostri corpi che si toccavano con avidità.
Venimmo entrambi travolti dal massimo appagamento che quell'atto fisico e materiale era capace di donare, portandoci sulla soglia della sensazione meravigliosa che l'amore ci distribuiva.
Si spostò al mio fianco, offrendomi un appoggio al suo corpo, dove mi lasciai andare a delle dolci carezze sulla sua pelle morbida e profumata.
"Ho paura che questo amore possa farmi del male." – Confessai, sostando con le mie labbra sulla base del suo collo.
"Perché dici questo?" – Chiese.
"Mi sembra tutto così magico e bello, come se io mi trovassi in un paradiso, ma so che non sarà così per sempre."
"Che vuoi dire? Spiegati meglio." – Disse, sollevandosi con il busto per poggiarsi alla spalliera del letto.
"Non sono mai stata così travolta dall'amore in tutta la mia vita. Ci sarà qualcosa o qualcuno che mi deluderà, prima o poi."
"Io non lo farò."
"Se mi ami davvero, no, non lo farai." – Dissi, alzandomi dal letto e raggiungendo i miei vestiti rimasti accasciati sul pavimento color ghiaccio.
Regalai a Michael la visione del mio corpo nudo che tentava di ricoprirsi, ero di spalle, ma lo conoscevo abbastanza bene per avvertire i suoi occhi su di me.
Mi sedetti sull'orlo del materasso, infilai il reggiseno e dopo qualche istante percepii le sue mani all'altezza della mia schiena, le quali lo abbottonarono con un gesto esperto.
"Vorrei averti dato un bambino." – Sussurrò con la voce alterata dai baci che scivolavano sulla mia pelle.
Mi bloccai a quelle parole, chinai il capo per non incrociare il suo sguardo attraverso il riflesso dello specchio e mi irrigidii.
Rimasi in silenzio, ascoltando i suoi sospiri alle mie spalle, i quali attendevano disperatamente una reazione ad una frase pronunciata dalle sue labbra.
Sapevo quanto Michael tenesse a diventare padre e, allo stesso tempo, ero assolutamente convinta che sarebbe stato il padre che ogni bambino desiderava, non avevo mai avuto dubbi in questione.
Non che io non volessi donare lui la sua gioia più grande, volevo soltanto lasciar trascorrere del tempo, avevo bisogno di pensare a me stessa come non facevo da tanto e amarlo nel modo più puro e sincero che conoscevo.
Volevo sposarlo e vivere i nostri momenti gradualmente, non volevo avere fretta con Michael, perché non ne sentivo il bisogno, non volevo abbandonare tutto alla monotonia.
Era la persona che mi rendeva felice, mi aveva salvata dalla solitudine e dall'inutilità che aveva invaso la mia vita prima del suo arrivo; non volevo rovinare tutto.
"Non vuoi un figlio da me, Lisa?" – Domandò, sedendosi al mio fianco e rannicchiandosi con le ginocchia al petto.
"Certo che lo voglio, Michael. So quanto ci tieni a diventare padre, non ti negherò questa gioia, non sono nessuno per farlo. Vorrei soltanto aspettare e godermi questi momenti con te."
"Non andiamo di fretta, siamo giovani e l'occasione non mancherà ad arrivare. Un figlio è una grande responsabilità ed io ne ho già due." – Ripresi.
"Io non ne ho, però." – Mormorò, guardandomi con gli occhi inumiditi da alcune lacrime che cominciarono a formarsi.
Afferrai il suo viso tra le mie mani e lo baciai lievemente sulle labbra, sfiorandole appena.
"Ti chiedo di aspettare, per favore. Michael, avrai i tuoi figli, fidati di me." – Dissi, stringendolo in un caldo abbraccio e sentendolo sospirare piano contro la mia spalla.
Mi amava, lo sapevo bene ed era normale che avesse quel desiderio nella parte più profonda di lui, il quale cominciava ad emergere ogni volta che ne sentiva la necessità.
Il mio non era un no, era soltanto una richiesta nei confronti di un uomo che a breve avrei reputato mio marito e avrebbe chiuso definitivamente il mio precedente matrimonio andato in frantumi.
Era un uomo intelligente e sensibile, aveva preso parte al periodo più complesso della mia vita e lo aveva rigenerato, regalandomi degli occhi diversi per osservare il mondo.
Conosceva le mie esigenze e i miei timori, ero sicura che avrebbe capito ed io, dalla mia parte, avrei ricambiato l'amore che mi dimostrava costantemente, concedendogli il dono più bello che una donna potesse fare ad un uomo.
To be continued...
Passate, se vi va, da lmijackson e leggete le sue storie! xx
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Heroine.
Romance"Lui era come la mia ultima dose di eroina, la più potente e prelibata. Quella che avrebbe messo fine alle mie sofferenze. Quella che non mi avrebbe lasciato scampo." Una potente droga della quale non esiste una cura, un potente anestetico capace di...