Chapter 12.
Gennaio 1994.
"Ma l'amore pesa sulla schiena e la tua assenza stringe un nodo in gola."
Il vuoto allo stomaco, la mente invasa da un'inconfondibile e unica figura, una sagoma contornata da un corpo, contenente al suo interno un muscolo capace di alterare le emozioni di una persona.
Non ero sicura che fosse stato quello a farmi innamorare, l'amore arrivava lento, senza fretta, adagio, come se non avesse il problema del ticchettio delle ore che scorrevano.
L'amore si guadagnava, il tempo era il suo migliore amico, il quale permetteva di comprendere e conoscere ogni sfumatura della persona che si decideva di amare.
Cos'era, realmente, l'amore?
Era forse l'insieme dell'attrazione fisica, del desiderio e della passione che andava oltre il comune legame corporale?
O, forse, era qualcosa di più?
Qualcosa di più profondo, un continuo conoscersi, una continua ricerca di sé stessi e della figura che compariva agli occhi di una donna o di un uomo che sorrideva da lontano e, nel suo modo migliore, amava.
L'uomo nasceva con la costante ricerca della felicità, la cercava ovunque, in lungo e in largo, in ogni punto della Terra ed era costretto, il più delle volte, a viaggiare per poterla conquistare.
Egli, dopo tempo trascorso in giro per le strade del mondo, si rendeva conto che la felicità concretamente non esisteva, era soltanto astratta, potenziata da un sentimento molto più intenso: l'amore.
Io, personalmente, avevo preso parte alla mia ricerca verso nuove sensazioni, avevo intenzione di cambiare la mia vita e di trovare qualcuno che mi trascinasse via dalla mia solitudine.
Ero riuscita a trovare un uomo diverso dagli altri, una persona capace di donarmi tanta dolcezza e affetto, un uomo in grado di farmi sentire importante e di rendermi fragile con la sua assenza.
La nota dolente del nostro rapporto era proprio quella.
Michael girava il mondo di continuo, il suo lavoro gli portava via molto tempo, sottraendolo a quel poco che avrei potuto sfruttare per vivere la sua compagnia e, in qualche modo, la nostra relazione.
Era in pausa dal tour che gli aveva prosciugato le forze, aveva bisogno di riposarsi e di guadagnare dei momenti soltanto per lui, invece non faceva altro che continuare a lavorare fino a tornare a casa, la sera, con le gambe che reggevano a fatica il suo corpo.
Le occasioni che avevamo per vederci erano poche, ogni volta subentravano dei problemi, a volte era ispirato, altre era in studio e, altre ancora, spariva senza un motivo ben preciso e non rispondeva al telefono.
Trascorremmo le vacanze di Natale lontani, ognuno con la propria famiglia e i propri affetti, mettendo da parte il sentimento che giorno dopo giorno cresceva all'interno dei nostri corpi.
Tra di noi ci fu soltanto una telefonata per scambiarci degli auguri, ricordo che Michael pianse al telefono e mi disse che aveva bisogno di me, altrimenti non ce l'avrebbe mai fatta a superare il tormento che lo circondava.
D'altra parte, anche io soffrii molto in quel periodo per svariati motivi, Michael mi mancava atrocemente e non facevo altro che impiegare il mio tempo pensando a lui, stava diventando la mia ossessione e ne ero fortemente spaventata.
Non sopportavo le donne che si sentivano perse senza il proprio uomo, non riuscivo a capire quel comportamento e stavo a poco a poco cominciando a farne parte.
Michael, come ritenevo, riusciva a cambiarmi e a plasmarmi a suo piacimento, senza darmi l'opportunità di scegliere per me la persona che avrebbe preso parte alla mia vita.
Mi aveva invitata per un weekend con lui a New York, era sul posto per sbrigare alcune faccende di lavoro e mi aveva promesso che avremmo trascorso del tempo insieme, soltanto noi due.
Non avrei mai potuto rifiutare un suo invito, sentivo la necessità di essere al suo fianco, allontanandomi per qualche giorno dalla monotonia della mia vita.
Mi aiutava molto stare con Michael, non solo mi permetteva di sfuggire alla mia solitudine, ma mi dava la possibilità di uscire dalle mura di casa mia e di vedere il mondo con occhi diversi.
Mi lasciavo coinvolgere dal suo carisma e dalla sua passione verso la natura e le piccole cose che, in sua presenza, imparavo ad apprezzare i doni che non conoscevo, nonostante avessi avuto modo di osservarli.
Mi sentivo libera, libera di parlare, di piangere, di sorridere, di esprimere le mie emozioni e di sentirmi me stessa.
Michael, per me, era come una medicina per la mia anima e per il mio corpo.
Il taxi sfrecciava lungo le strade umide e calcate dalla pioggia di quella metropoli, svoltò a destra, poi a sinistra, imboccò una traversa e si fermò dopo qualche secondo.
Sostò dinanzi all'ingresso di un'imponente struttura, era uno di quegli alberghi in cui solitamente alloggiavano i personaggi di grande importanza, nei quali trascorrevano il loro tempo puntando all'anonimato.
The Plaza Hotel.
L'insegna decorata con caratteri dorati mi fece spalancare la bocca per lo stupore, sollevai il capo verso l'alto per poter ammirare quel colosso, illuminato da una miriade di luci dalle diverse sfumature.
Un giovane uomo ben vestito mi accolse all'entrata, mi salutò cordialmente e mi diede una passepartout per accedere alla camera di Michael.
"E' la 360 all'ultimo piano, signora." – Disse, prima di scomparire rapidamente dalla mia visuale.
Ringraziai con un breve sorriso riconoscente e presi l'ascensore, il cuore mi martellava dentro al petto e sentivo come se risalisse verso la mia gola, le gambe sembravano indebolirsi man mano che i piani aumentavano e le mani perdevano la presa.
Il suono dell'ascensore mi fece sospirare, una manciata di interminabili istanti e avrei avuto l'uomo dei miei sogni al mio fianco, libero di lasciarsi amare.
Mi era mancato come l'ossigeno e, alle volte, presa dalla sua forte assenza, avevo come l'impressione di sentire la sua presenza.
Percepivo le sue mani sul mio corpo, mentre mi stringevano con delicatezza i fianchi, avvertivo il suo profumo accarezzarmi le narici e il suo sorriso riprodursi costantemente nella mia testa.
Le immagini della nostra notte a Las Vegas, il punto in cui stavamo per lasciarci andare, cedendo entrambi al turbinio dell'amore e dei suoi effetti sui nostri corpi si ricostruirono, impedendomi di distogliere l'attenzione da quella che sarebbe diventata la nostra intimità.
Mi incamminai a passo svelto verso l'enorme e lussuoso corridoio, il rumore dei miei tacchi veniva attutito dalla moquette che ricopriva il pavimento, azzerando i sordi strepiti.
Quando arrivai dinanzi alla stanza, due uomini della sicurezza mi rivolsero un sorriso compiaciuto e mi lasciarono entrare con disinvoltura, facendosi da parte.
Riuscii a percepire gli occhi di uno dei due sul mio corpo, ma non gli diedi eccessiva importanza, non mi andava di perdere tempo.
L'ingresso della camera era poco illuminato, il cielo era nuvoloso, colorato da un grigio tetro che somministrava una parziale ombra alla stanza, la quale era arredata in un modo impeccabile e decorata da alcune borse sparse a terra.
Michael era seduto su una poltrona in pelle, intento ad osservare lo skyline di New York oltre la vetrata della parete, la quale lasciava scorgere in lontananza le bellezze della città e i suoi maestosi grattacieli.
Aveva le gambe accavallate e possedeva un atteggiamento tranquillo e taciturno.
Rimasi qualche istante alle sue spalle, mi piaceva poterlo guardare senza che se ne accorgesse, era una sensazione molto intima e mi permetteva di riflettere su quanto di bello ci fosse in lui.
"Michael..." – Sussurrai piano, avvicinandomi di qualche passo, bloccando il mio sguardo verso la sua figura.
Si voltò, mi mostrò un piccolo sorriso sforzato e mi venne incontro, stringendomi tra le sue grandi braccia, trasmettendomi interamente il suo calore.
"Temevo non venissi più." – Disse sottovoce, accarezzandomi la testa con piccoli e dolci movimenti.
Mi lasciò poggiare la testa sul suo petto, la pelle del mio collo provò la sensazione delle sue mani su di essa, le quali diedero vita ad un dolce massaggio rilassante che mi spinse a chiudere gli occhi.
"Michael, sono stata male senza di te. Tutto questo tempo, mi sei mancato incredibilmente. Credevo di impazzire." – Mi precipitai a parlare, avvertendo dei mugolii da parte sua che intendevano zittirmi.
Chinò il capo e mi baciò sulle labbra lentamente, assaporava la mia bocca con piccoli e decisi tocchi, spingendo con dolcezza il suo peso contro il mio.
Mi teneva saldamente per i fianchi, muoveva le mani verso i contorni dell'elastico dei miei pantaloni e cominciò a farmi arretrare verso la parete, dove mi appoggiai con la schiena.
"Ho tanto bisogno di te. Ti prometto che non trascorreremo più così tanto tempo distanti, non ce la farei." – Biascicò, chinando il capo per baciarmi la gola e flettendosi sulle ginocchia.
La sua bocca scivolò sul mio ventre, premendo contro la stoffa della mia maglia, mentre le sue mani tendevano le asole di quest'ultima e le allargavano per ottenere maggior spazio.
I suoi baci penetrarono sulla mia pelle, sollevò l'indumento che mi avvolgeva il torace e posò scie umide sulla mia pancia, facendomi sospirare.
"Parlerò con Danny." – Dissi con la voce che cominciò a tremarmi per l'emozione, mordendomi nervosamente il labbro, trattenendo il respiro.
Mi guardò confuso, inarcò un sopracciglio e diede una piccola scossa al suo capo, inclinandolo maggiormente verso il mio viso.
"Gli dirò di noi." – Ripresi, stringendo i suoi capelli tra gli spazi delle mie dita, provando la sensazione di quella morbidezza tra le mie mani.
"Voglio averti tutta per me."
Ci fu un momento di silenzio, volevo godere dei suoi respiri e del lieve mormorio delle sue labbra che si posavano sulla mia pelle, aumentando in me il mio desiderio di lui.
Sapevo che non si sarebbe spinto oltre, ma ogni volta che la sua bocca si abbassava sopra di me, mi illudevo e speravo che la mia mancanza fosse stata così sofferente da innescare in lui una passione travolgente.
Michael era un uomo molto passionale, non aveva bisogno del sesso per esserlo, riusciva anche con delle piccole effusioni a provocare qualcosa di molto forte.
Non riuscivo a spiegarmi l'effetto che aveva su di me.
Nonostante quello, sentivo il bisogno di altro, di qualcosa che andasse oltre, avevo bisogno di sentirmi sua in tutti i sensi dell'espressione esistenti.
"Ho intenzione di chiedere il divorzio." – Sussurrai.
Si staccò da me e mi guardò a bocca aperta, poggiando le mani sui suoi fianchi.
"Sei sicura? Lisa, non c'è bisogno che tu lo faccia, io..."
Non era a causa sua se avevo deciso di prendere una decisione del genere, Michael non mi aveva forzata, né tantomeno aveva affrontato l'argomento, lo aveva escluso dai suoi problemi.
Era stata una mia scelta, erano accaduti degli avvenimenti eccessivamente spiacevoli in quel periodo e avevo trovato Danny a letto con un'altra donna, in casa mia.
Avevo perso la buona volontà che avevo nella parte più profonda di me, mi aveva lacerato i sentimenti e non ne valeva la pena di continuare.
Ognuno a casa propria, ognuno per la sua strada.
"Non provo più niente per lui. Sono innamorata di te." – Lo interruppi, mettendomi in punta di piedi per baciarlo nuovamente.
Mi assecondò e si lasciò andare a quel breve bacio, il quale venne fermato da lui stesso che riteneva opportuno discutere di quello che stava succedendo.
"Pensaci bene, per favore. Non voglio che tu te ne penta." – Osservò, guardandomi serio, come se quasi volesse provare a farmi cambiare idea.
Non potevo stare con una persona che mi faceva del male, ero ormai diventata il suo divertimento e avrebbe continuato a prendersi gioco di me fino a quando, della mia persona, non sarebbe rimasto più niente.
"La situazione è diventata insostenibile, non ne posso più. Non potrei pentirmene, voglio soltanto te."
Ci fu un lungo silenzio, si soffermò a scrutare il mio corpo ricoperto dagli indumenti e ad indugiare il suo sguardo sui miei lineamenti femminili, apprezzandoli con dei sorrisi languidi e privi di ingenuità.
"Lisa, ho bisogno di parlarti." – Disse, prendendomi per mano e sedendosi sul letto, invitandomi a fare lo stesso.
"Per quanto riguarda quello che è successo a Las Vegas, io... volevo chiederti scusa. Mi sono lasciato andare e non avrei dovuto." – Cominciò, abbassando il capo e utilizzando un tono di voce palesemente mortificato.
"Non devi scusarti. Va tutto bene, sono cose che succedono." – Sussurrai, portando la mia mano destra sulla sua gamba, accarezzandola lievemente attraverso la stoffa di un paio di pantaloni.
"Ti ho mancata di rispetto, mi dispiace moltissimo."
Si morse il labbro, si passò una mano tra i capelli e sospirò, piegando un angolo della bocca.
"No, non è vero. Stai tranquillo."
Non capivo il motivo di quella preoccupazione da parte sua, non era successo niente di grave, erano cose che capitavano tra due persone che, come noi, condividevano una determinata tipologia di rapporto.
"Io non voglio che tu pensi che io non ti desideri, è il contrario. Sei bellissima, una donna meravigliosa, affascinante. Sono io il problema." – Parlò sottovoce, coprendosi gli occhi con il dorso della mano.
Era incredibile l'abilità che possedeva nello scambiare i suoi modi di fare, diventava un uomo sensuale e passionale in breve tempo, ritornando, a distanza di attimi, al suo naturale atteggiamento innocente, dolce e pacato.
Era complesso stargli dietro, ma io avevo accettato la sfida da tempo, mi piaceva la persona che era, imprevedibile.
"Che intendi?" – Chiesi.
"Io non ho mai... non ho... con nessuna e... saresti la prima." – Disse scuotendo il capo, arrossendo teneramente sulle guance.
Sorrisi, l'idea di essere l'unica donna per lui mi faceva sentire molto importante, era un onore per me poter essere la prima, l'unica capace di renderlo "uomo" sotto quell'aspetto.
"Vorrei soltanto che fosse perfetto." – Riprese, intimidito.
Presi il suo viso tra le mie mani e lo baciai con dolcezza, fu un bacio che intendeva trasmettergli sicurezza e il rispetto che avevo nei confronti suoi e delle decisioni che prendeva.
"Lo sarà, te lo prometto."
Volevo che si fidasse di me, che mi amasse con tutto sé stesso incondizionatamente e che mi proteggesse dall'ambiente circostante e dalle sue cattiverie.
Il resto, avrebbe potuto aspettare.
* * *
"Hai un corpo meraviglioso." – Disse, abbassando lo sguardo e depositandolo sulla trasparenza dell'acqua, illuminata dalle luci della sala nella quale ci trovavamo.
Eravamo seduti sul bordo in marmo chiaro della piscina coperta, eravamo entrambi seminudi e coperti soltanto dalla semplice biancheria intima, intenti a bagnare i nostri corpi con il tepore dell'acqua.
Non avevo mai visto Michael privo di indumenti, avevo immaginato più volte il suo fisico e la sua muscolatura, ma mai avevo avuto l'opportunità di averlo davanti ai miei occhi con soltanto un paio di boxer addosso.
Aveva un corpo elegante e statuario, molto magro e contornato da alcune macchie scure sulla pelle, le quali gli incutevano molto imbarazzo.
Ero attratta da lui, mi piaceva in tutti i modi, ammiravo non solo la sua fisicità, ma anche la straordinaria persona che era e non mi interessava quel suo particolare estetico che non faceva altro che renderlo ancora più bello.
Nutrivo, inoltre, una particolare attenzione per le sue gambe, sembravano essere state disegnate e definite apposta per la danza, come un oggetto predestinato al compimento di movimenti specifici.
Erano snelle come il resto del suo corpo, d'altronde, possedevano una grazia che quelle degli altri uomini potevano soltanto ammirare da lontano, si distaccavano completamente dagli standard maschili.
"E tu sei bellissimo." – Sussurrai, spostando la mia testa verso la sua spalla per stampargli un breve bacio sulla guancia.
Profumava di una dolce fragranza, sembrava essere dopobarba, un odore piacevole da percepire.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, Michael muoveva i piedi verso la superficie dell'acqua e lasciava che il fruscio lento e cadenzato riecheggiasse tra quelle mura, conciliando i nostri pensieri.
"Ti penti di esserti sposata?" – Chiese, piegando il capo per incontrare i miei occhi, in attesa di una risposta.
Quella domanda mi spiazzò, non mi aspettavo che mi chiedesse una cosa del genere, probabilmente non ne conoscevo neanche io una risposta, ma sarebbe stato positivo parlarne con lui.
Michael non era soltanto il mio uomo, era l'amico che non avevo mai avuto, era come un fratello maggiore al quale confidargli i miei timori più profondi.
"No, ero innamorata. Ci sono stati dei problemi, ma da questo matrimonio sono nati i miei figli, non potrei mai pentirmi di avergli dato la vita."
"Danny ti ha fatta soffrire molto?"
Oh, Michael, perché vuoi saperlo?
"Si, molto." – Mormorai.
Mi guardò con gli occhi lucidi, avvicinò il suo busto al mio e mi baciò sulle labbra, lasciando una piccola carezza alla base del mio mento.
"Non ti farò del male, te lo prometto." – Mi sussurrò nell'orecchio, facendomi rabbrividire.
Ad un tratto, la sua mano strinse la mia e la poggiò sul suo petto, all'altezza del cuore, dove un fremito scandito e modulato mi sfiorava le dita.
Chiuse gli occhi per qualche istante, fece un respiro profondo e li riaprì per incontrare i miei.
"Se io ti chiedessi di..." – Biascicò con la voce bassa, facendo fatica nel trovare le parole necessarie per esprimersi, come se dovesse esplicare un concetto importante.
"Se ti chiedessi di sposarmi, tu cosa diresti?" – Riprese, fissandomi con un aspetto serio ed emozionato allo stesso tempo.
"Direi di si." – Sussurrai, lasciando che le parole scivolassero via, senza permettermi di controllarle e di frenarle.
Risentii la sua domanda ripercorrere la mia testa, rimbombando da una tempia all'altra, girovagando in modo vorticoso nella mia mente, confondendomi più del dovuto.
Sposarmi? Di nuovo?
Lo vidi sorridere, si fermò ad accarezzare il dorso della mia mano e a conoscere la mia pelle con piccoli contatti, rimanendo in religioso silenzio.
"Michael, c'è una telefonata per te."
Una voce maschile alle nostre spalle interruppe il nostro momento, facendoci voltare entrambi nella direzione dalla quale proveniva.
Michael si alzò velocemente, tenendosi con le braccia al bordo della piscina e sollevandosi agilmente, facendomi un piccolo occhiolino.
"Torno subito, piccola." – Sussurrò, avvicinando le sue labbra alla mia fronte, dove lasciò un tenero bacio.
Si allontanò ed uscì dalla stanza, reggendo un asciugamano di spugna intorno ai suoi fianchi.
L'uomo che poco prima riuscì a distruggere quel poco di intimità che si era formata tra me e Michael, si sedette al mio fianco, con le spalle rivolte verso la vasca e mi rivolse una lunga occhiata prima di parlare.
"Cosa porta la figlia di Elvis Presley a stare con Michael Jackson?" – Disse, rialzando un angolo della bocca e assumendo un atteggiamento sarcastico.
"Davvero crede che ci sia una ragione ben precisa? Non posso essere semplicemente innamorata?" – Domandai in tono irritato, distogliendo lo sguardo dalla persona che era intenta a rivolgermi la parola.
"Di un uomo così?" – Intervenne.
"Scusi, ci conosciamo?"
Mi voltai verso di lui, lo guardai come se volessi mostrargli palesemente il mio fastidio nel sostenere un'inutile conversazione con una persona che, a quanto sembrava, non aveva fatto altro che recarmi disturbo.
"Edward, felice di fare la sua conoscenza, signora Presley." – Mormorò sottovoce, prendendomi la mano per baciarne il dorso.
In quel preciso istante, Michael fece il suo ritorno ed io mi sentii automaticamente più felice e sollevata.
Quell'uomo non mi piaceva e Michael se ne accorse, lo guardò a lungo in modo interrogativo e lo congedò, invitandolo a lasciarci soli.
"Tu gli piaci." – Disse, accomodandosi nuovamente accanto a me e stendendosi a pancia in su, soffermandosi a guardare il vuoto di ciò che era sopra la sua testa.
"Si? E come lo sai?"
"Le voci girano e il più delle volte giungono alle mie orecchie."
"Ti dà fastidio la cosa?" – Chiesi con una punta di malizia, sorridendo sensualmente.
"No, perché non posso modificare i sentimenti delle persone, ma giuro che se dovesse toccarti anche solo con un dito, farebbe meglio a trovarsi un nuovo lavoro." – Disse, sollevandosi con il busto e allargando le gambe, invitandomi a prendere posto tra di esse.
Non riuscii a trattenere una risata divertita e mi appoggiai al suo corpo, lasciando che le sue braccia mi cingessero le spalle e mi facessero sentire al sicuro.
La mia schiena percepiva il calore del suo petto inumidito da alcune goccioline, il suo respiro caldo e lento mi sfiorava la pelle e le sue labbra mi accarezzavano il collo.
Non mi era servito viaggiare a lungo, né andare troppo lontano da casa per poter trovare la felicità.
La mia felicità era lui.
"Posso farti una domanda?" – Disse, percorrendo lentamente ogni parte della mia schiena con il palmo della sua mano.
Annuii con la testa.
"E' vero che sei stata espulsa da alcune scuole per possesso illegale di droga?" – Chiese timorosamente, facendo quasi fatica a parlare di una cosa del genere.
Sbuffai leggermente, mi passai una mano tra i capelli inumiditi e sussurrai un "Si, è vero", provando a dirottare il discorso verso altri punti.
Non mi piaceva parlare del mio passato, se ero lì con lui era perché avevo voglia di dimenticarlo, riguardava la persona che ero stata e non mi andava di ritornare ad essere la ragazza ribelle che voleva soltanto divertirsi.
Volevo gettarmi tutto alle spalle, avevo commesso alcuni errori durante la mia adolescenza, ma era un capitolo chiuso.
Chiuso come il mio matrimonio con Danny.
Chiuso come l'amore che provavo per lui.
"Ne fai ancora uso?" – Domandò.
"Non mi drogo, Michael. E' questo che vuoi sapere? Ero una ragazzina che doveva affrontare i suoi incubi, non avevo bei momenti legati alla mia infanzia." – Dissi in tono neutro, dando una risposta che speravo potesse placare le sue domande.
"E' per tuo padre, vero?"
"Non ti interessa sapere altro." – Dissi gelida, serrando la mascella e provando a scacciare via le lacrime che in poco tempo si erano impossessate dei miei occhi.
Perché, se mi amava, mi chiedeva quel genere di informazioni?
Michael non voleva vedermi soffrire e soltanto tempo dopo mi accorsi che il suo era un modo per aiutarmi a sfogare il tormento che possedevo dentro di me.
"Abbiamo tutti dei demoni all'interno di noi stessi." – Ripresi, voltandomi verso di lui e allargando le gambe per sedermi sul suo bacino.
I nostri occhi si seguivano, non temevano il dolore, non nascondevano i timori che entrambi possedevamo, erano come due specchi che riflettevano le nostre anime su uno sfondo trasparente.
"Io voglio conoscere i tuoi." – Sussurrò.
"Non devi, perché altrimenti saresti costretto a spogliarti anche tu, in mia presenza."
"Hai paura?" – Disse in tono gelido, aumentando maggiormente la sua stretta sul mio corpo, stringendomi con forza, come se temesse di vedermi scivolare via da un momento all'altro.
"Si, tanta. Sei troppo perfetto, deve esserci qualcosa, lo so per certo. Qualcosa che io non riesco a vedere, qualcosa che mi farà del male."
Le sue labbra si sollevarono, la sua lingua le bagnò appena e le sue dita si posarono sugli angoli della mia bocca, come a preparare un ipotetico bacio.
"No, non puoi baciarmi adesso." – Dissi, allontanandomi quel poco che bastasse per separare le nostre labbra.
Mi guardò serio, i suoi occhi erano opachi, velati da una tonalità diversa dalle precedenti che avevo visto comparire sulle sue iridi, non riuscivo a decifrare i suoi sguardi e mi sentivo impotente.
C'era qualcosa dentro di lui, un dettaglio che mi scappava e mi impediva di afferrarlo, appariva e scompariva, come una luce ad intermittenza.
"Non potrei mai infliggerti dolore, non io, Lisa." – Sussurrò, allungando la sua mano verso la mia, provando a stringerla.
"I tuoi occhi sono diversi, c'è qualcosa che mi sfugge." – Confessai, osservandolo con attenzione, studiando ogni suo minimo lineamento.
No, non poteva essere cambiato, eppure non riuscivo a vederlo come la stessa persona che mi aveva baciata soltanto tempo prima.
A distanza di un solo mese, Michael era visibilmente cambiato, ai miei occhi.
"Posso dirti che ho un tremendo bisogno di te. Non mi abbandonare, ti prego."
Si precipitò ad abbracciarmi, mi strinse forte a sé e si lasciò andare ad un pianto disperato, il quale non provai a bloccare in nessun modo.
Gli avrebbe fatto bene, almeno le lacrime avrebbero avuto la meglio sul resto del dolore che lo attanagliava, riuscendo a placarlo in una breve dose.
Il capitolo non è dei migliori, ne sono consapevole, ma purtroppo ho aggiornato soltanto perchè avrei dovuto farlo per evitare di lasciar trascorrere troppo tempo. Spero di riuscire a produrre qualcosa di più interessante, in seguito. Come sempre, grazie a tutti coloro che leggono, votano e commentano. Un bacio. x
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Heroine.
Romance"Lui era come la mia ultima dose di eroina, la più potente e prelibata. Quella che avrebbe messo fine alle mie sofferenze. Quella che non mi avrebbe lasciato scampo." Una potente droga della quale non esiste una cura, un potente anestetico capace di...