Chapter 13 - King&Queen.

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Chapter 13.


Marzo 1994.





Quel sogno che da anni prendeva parte alle mie notti, trascinandomi verso il dolore più oscuro e profondo, era ufficialmente tornato e non accennava a lasciarmi stare.
Sentivo il male entrarmi dentro, penetrare attraverso la mia pelle, fondersi con il mio respiro e con i battiti del mio cuore, fino ad impedirmi una qualsiasi possibilità di reazione.
Non riuscivo ad abbandonarlo, mi imprigionava ogni notte, prelevandomi dal calore del sonno e accompagnandomi in altre direzioni, infliggendomi una lancinante sofferenza.
Michael non conosceva quella piccola sfumatura di me, ne aveva soltanto sentito parlare, ma mai si era trovato in presenza del mio tormento, perchè non mi sarei mai permessa di disturbare il suo riposo.
Faceva fatica ad addormentarsi e, durante le poche notti che trascorrevamo insieme, non riuscivo a chiudere gli occhi se prima non lo faceva lui.
Succedeva che mi ritrovassi ad accarezzargli la testa come facevo con i miei figli e, di tanto in tanto, mi lasciavo andare a dei piccoli baci sulle sue guance.
Quella notte, però, il mio incubo raddoppiò il terrore che lo caratterizzava, aggiunse ad esso i miei ricordi sfocati e che, nonostante fosse passato molto tempo, si materializzavano davanti ai miei occhi.
Ebbi un pesante sussulto, mi sollevai atterrita con il busto ed emisi un gemito di dolore, il quale svanì via dalle mie labbra e mi impedì di poterlo controllare.
Le lacrime cominciarono a scorrere rapide dalle mie pupille, percorrevano ogni minimo centimetro del mio viso e lo inumidivano, marcando i miei lineamenti corretti dal trucco che la sera precedente dimenticai di togliere.
Mi voltai di scatto verso il comodino in legno scuro al mio lato, lanciai un'occhiata alla sveglia e notai, a malincuore, che fossero soltanto le tre del mattino.
La fase più ardua della notte non era stata ancora superata.
Mi coprii il viso con entrambe le mani e lasciai scivolare via le lacrime, le quali vennero accompagnate da alcuni singhiozzi che mi si bloccarono in gola.
Facevo fatica a respirare, chiusi gli occhi e feci dei respiri profondi, sentendo un corpo muoversi al mio fianco, fino a svegliarsi completamente.
"Lisa..." – Mormorò, precipitandosi a stringermi in un caldo abbraccio, non appena si accorse del mio stato emotivo.
"Non piangere, tesoro. Ci sono io, va tutto bene."
Mi accarezzò il collo con morbidi movimenti, asciugò le mie lacrime con i pollici delle sue dita e cominciò a sussurrarmi delle dolci frasi nell'orecchio, invitandomi a poggiare la testa sul suo petto.
"Sto male, Michael." – Dissi flebilmente, cercando disperatamente un appiglio al suo corpo.
"Stai tranquilla, adesso. E' stato un brutto sogno." – Sussurrò, toccandomi i capelli e facendomi piegare il collo in modo che avesse spazio libero a sua disposizione.
Rabbrividii quando le sue labbra mi baciarono la parte di pelle vicina al mio orecchio, all'apparenza fu un breve bacio che egli si preoccupò di prolungare, modificandolo a suo piacimento.
Mi aggrappai al tessuto leggero della camicia del suo pigiama, mi cullava con dolcezza e sfiorava il mio collo, lasciandosi andare a dei languidi movimenti, i quali sapevano di lui.
Non sapevo quali fossero le sue intenzioni, in quegli istanti la mia mente era altrove e lui si stava occupando personalmente di farla ritornare lì, al suo fianco, dove sarebbe dovuta essere.
Mi allontanai debolmente dalla sua presa e scesi dal letto, infilai frettolosamente la mia vestaglia che trovai piegata in modo elegante su una poltrona e mi diressi verso il bagno.
Michael mi stava osservando, lo sapevo bene, ma avrei dovuto accontentarmi della percezione dei suoi occhi sul mio corpo per evitare che notasse le mie lacrime.
"Non permettere mai ad un uomo di vederti piangere. Non deve vederti fragile, altrimenti sfrutterà le tue debolezze!"
Era una frase che ripeteva continuamente mia madre, ogni volta che capitavo sulla strada di casa sua e per una qualche ragione legata a mio marito, cominciavo a piangere.
Cercai l'interruttore vicino alla parete e accesi la luce, prestando attenzione alla sagoma che mi comparì davanti allo specchio, quella di una ragazza in preda ai suoi rancori capaci di renderla di una fragilità fuori dal comune.
Non mi riconoscevo.
Mi guardai le lacrime che toccavano ogni angolo del mio viso, le mie gambe persero improvvisamente la presa e mi accasciai al suolo, reggendomi con la schiena contro il muro.
Qualcuno si precipitò a raggiungermi, notai gli occhi di Michael diventare lucidi all'improvviso, mentre si inginocchiava verso di me e mi offriva le sue braccia per potermi sollevare.
Si piegò sulle gambe e cercò disperatamente le mie labbra, mi baciò per soffocare i miei singhiozzi e per annullare il dolore che in breve tempo si era diramato verso ogni parte del mio corpo.
"Mi fa male vederti così. Vorrei prendermi tutte le tue sofferenze e subirle io stesso, pur di non vederti piangere." – Disse, asciugandomi le lacrime con le sue dita magre ed affusolate.
"No, non dirlo. Hai già i tuoi dolori, non puoi, non riusciresti a sopportare altro." – Dissi, alzandomi a fatica e ritornando in camera da letto, seguita da lui alle mie spalle.
Mi soffermai dinanzi all'enorme finestra che dava luce alla stanza, le tende erano aperte e mi sporsi con il corpo per perdermi con lo sguardo verso il cielo scuro, mentre la pioggia si abbatteva incessantemente.
Michael era dietro di me, ma non mi toccava, né mi rivolgeva la parola, rispettava il mio silenzio e il momento che stavo vivendo.
Faceva attenzione a non varcare la linea che era invisibilmente segnata ai confini del mio cuore, dove, nelle zone più esterne, si attivava un macchinario continuo di emozioni negative che allontanavano le positive.
"Voglio portare via da te quel dolore che hai dentro. Voglio che tu lo dimentichi per un po' e che ti concentri su altro." – Disse, avanzando a piccoli passi nella mia direzione, armeggiando con le dita sui bottoni del suo pigiama.
Non ero riuscita a comprendere le sue parole, erano vaghe in quel momento, facevo fatica a collegarle verso qualcosa che avesse un senso logico e mi limitai a guardarlo con aria interrogativa, invogliandolo a proseguire.
"Voglio amarti."
Si avvicinò al mio corpo, strinse il marmo del davanzale con entrambe le mani e si chinò verso di me, lasciandomi un bacio appassionato e languido, diverso dai precedenti.
C'era desiderio misto alla passione fisica, la voglia della sensazione del suo corpo unito al mio stava prendendo il sopravvento su di lui che, fino a poco tempo fa, aveva visto quel mondo da lontano e con occhi diversi.
Non era mai andato oltre, era rimasto al suo posto, si era lasciato prendere da ulteriori priorità ed aveva atteso che una donna arrivasse e gli donasse interamente se stessa.
Mi sorrise timidamente, i suoi polpastrelli legarono una mia ciocca di capelli dietro al mio orecchio e si prolungarono verso il basso, percorrendo la linea dei miei zigomi e terminando con il mio mento.
La sua mano destra mi coprì le labbra, ne sentì il tepore umido e caldo, mentre la sua pelle entrava a contatto con quella parte di me che era stata sua innumerevoli volte, donandogli piacevoli sensazioni.
La sua bocca sostituì la mano, non mi diede la possibilità di parlare, non voleva che dicessi che non era il momento, perché lui aveva deciso di cogliere la palla al balzo e di lasciarsi trasportare dalla passione.
Voleva farlo perché mi amava, nella parte più profonda della sua meravigliosa persona si era accesa una scintilla, un indizio che gli aveva fatto comprendere che fossi la donna giusta da amare.
Non c'era bisogno di aspettare.
L'amore era arrivato all'improvviso, ci aveva travolti come un uragano e adesso richiedeva di essere consumato con il più intimo degli atti esistenti in natura.
Il suo bacio mi trasmise sicurezza, voleva farmi capire che si sentiva pronto e che non avrei dovuto dubitare, non ci sarebbe stato alcun un pentimento da parte sua.
La sua lingua varcò la mia bocca con delicatezza, come a desiderare un disperato contatto con la mia, invitandola ad unirsi con la sua in quel travolgente gioco di passione in cui Michael aveva intenzione di portarmi.
Non avrebbe lasciato l'atto fine a sé stesso, era un uomo troppo attento e premuroso per poterlo fare, non si sarebbe accontentato di ciò che le persone facevano continuamente, a volte senza neanche pensarci.
Era semplice, spogliarsi e fare sesso, era la cosa più comune al mondo.
La complessità stava nell'aprirsi ad una persona, sussurrare i "ti amo" con una voce che tremava e faceva fatica a trovare le parole, con il cuore che scalpitava e desiderava di essere amato, utilizzando l'intercessione del corpo.
Non volevo che Michael si portasse dietro, con il passare degli anni, un ricordo legato ad un piacere fisico e che, di sentimentale, non possedeva niente.
Non volevo che la notte scivolasse via indipendentemente dalle nostre azioni, ritrovandoci al mattino come le stesse persone di sempre, soltanto con il profumo dei corpi impregnato tra le lenzuola.
Volevo che Michael si ricordasse in quel momento e per sempre, che io ero la donna che lo avrebbe amato più di chiunque altra.
Sentivo il bisogno di comunicarglielo, in qualche modo.
Agli inizi del nostro rapporto mi ero accorta di provare un'intensa attrazione fisica verso di lui, ma era qualcosa che avrebbe avuto una breve vita all'interno di me.
Si era sviluppato, fortunatamente, qualcosa di maggiore, qualcosa che andasse oltre tutto e distruggesse le barriere che la paura e i pregiudizi avevano imposto.
Mi ero innamorata.
Si spostò dalle mie labbra, mi guardò dall'alto verso il basso e piegò la testa di lato, raggiungendo il lobo del mio orecchio che strinse debolmente tra i denti.
"Voglio fare l'amore con te." – Sussurrò, scendendo verso il basso per baciarmi la gola e le clavicole che la vestaglia lasciava scoperte.
Ottenne, come mia risposta, un flebile mormorio di desiderio che fece comparire sul suo volto un sorriso compiaciuto, il quale mostrò una fila di denti bianchissimi.
"Sarà la notte più bella della tua vita." – Dissi, cercando la sua mano e avvolgendola nella mia, invitandolo a seguirmi.
Mi avvicinai all'enorme specchio posto non troppo lontano dal nostro letto e mi parai dinanzi ad esso, sentendo il respiro di Michael alle mie spalle, mentre mi stringeva i fianchi e mi baciava il collo con lascivia.
Gettai il capo all'indietro, donandogli maggior spazio e osservando con la coda dell'occhio i suoi movimenti che si riflettevano sullo sfondo trasparente e lucido.
Le sue mani scivolarono sulla mia schiena coperta dalla seta della vestaglia, percorrendo la forma delle vertebre e fermandosi sul mio fondoschiena, dove aprì i palmi e li distese completamente, stringendo dolcemente le mie natiche.
"Voglio che tu guardi ogni cosa che farò." – Iniziò, sollevando il lembo terminale dell'indumento che mi manteneva coperta, indugiando su una mia coscia.
Mi fece voltare nella sua direzione e slacciò il nastro di raso che manteneva chiusa la vestaglia, abbandonandola al suolo.
Si soffermò ad osservare il mio corpo seminudo, uno sguardo verso lo specchio ed un altro verso di me, senza toccarmi con un solo dito.
Andò avanti così per qualche minuto, fino a quando le sue braccia non si protesero verso i ganci del mio reggiseno e con una spietata abilità si sciolsero, donando al pavimento quell'indumento elegante e raffinato.
"Mi stai facendo perdere la testa."
Mi sfuggì quella frase dalle labbra, mentre sospiravo piano ogni volta che avvertivo la sua bocca baciarmi il corpo.
"Era quello che volevo." – Disse, sollevando il mento e guardandomi profondamente negli occhi.
Trattenni il respiro, pensai per qualche istante di essermi abbandonata a lui e il suo sguardo bloccato nel mio mi diede una risposta.
Si piegò sulle gambe e mi baciò il petto, toccò i miei seni e li inglobò nei palmi delle sue mani, utilizzando la bocca per accentuare il contatto con una delle parti più sensibili del mio corpo femminile.
Il pensiero che i suoi occhi non avevano mai avuto altre donne prive di indumenti davanti mi emozionava, le sue mani inesperte e al tempo stesso abili non avevano provato il tepore di altri corpi, ma soltanto del mio.
La sua pelle era adatta alla mia, le sue carezze erano preparate appositamente per me, nessun'altra donna aveva ottenuto il piacere che in quei momenti si stava impossessando di me.
La sua calda lingua avvolse un mio capezzolo, mentre le sue braccia mi avvolgevano il bacino e sostavano sul bordo dei miei slip di pizzo.
"Michael..." – Ansimai, avvertendo i suoi denti mordermi con delicatezza un fianco, accompagnando il suo celere movimento per sfilarmi l'ultimo indumento che mi copriva.
"Non c'è fretta." – Biascicò, piegando in piccole parti quell'oggetto e riponendolo con cura su un mobile poco distante da noi.
Si inginocchiò agilmente sul pavimento, afferrò il mio fondoschiena tra le sue dita e lasciò un bacio sulla mia pancia, protendendosi verso il basso, sentendomi emettere un mugolio di piacere.
Ricevetti una dolce carezza dettata dalla sua lingua sul mio punto più sensibile, il mio bacino spingeva verso di lui e, più i miei movimenti diventavano frequenti, più sostava maggiormente, con il chiaro intento di portarmi nel punto in cui desiderava.
"Vuoi rimanere così tutta la notte?" – Sussurrò sottovoce, alzando gli occhi verso l'alto per incrociare i miei, ormai lucidi di desiderio e incapaci di guardare altrove.
Mi stava lacerando, stava diventando una tortura alla quale era impossibile opporre resistenza, non ero sicura che sarei riuscita a sopportare il suo gioco, ma avrei dovuto assecondarlo e lasciarlo fare.
In fondo, era quello che volevo e che avevo sempre desiderato.
Scossi il capo, mormorai un flebile "ti prego" in tono supplichevole e chiusi gli occhi, sospirando piano.
I suoi polpastrelli raggiunsero anch'essi il punto più estremo del mio piacere, dove i muscoli si contraevano quasi dolorosamente, percependo il bisogno di essere soddisfatti.
Insinuò due dita dentro di me e cominciò a muoverle lentamente, rendendolo un continuo strazio per me che, in preda alla crescente eccitazione, mi appoggiai al suo corpo per rilassarmi.
Quando si fermò, arretrò di qualche passo, ricevendo un'occhiata contrariata da parte mia e si tolse la giacca del pigiama.
Raccolsi con tutte le mie forze quel poco di lucidità che possedevo e lo trascinai verso di me, fermandolo davanti allo specchio, in modo che notasse la sua sagoma riflettere su quello spazio.
"Sei bellissimo, non mi stancherò mai di ripeterlo." – Mormorai, baciandogli dolcemente il petto e scorrendo verso ogni centimetro della sua pelle.
I suoi muscoli si irrigidirono man mano che le mie labbra si abbassavano, fino a sfiorare con morbidi tocchi il suo ventre, dove l'elastico dei pantaloni copriva il bacino.
"Toglili." – Iniziai, invitandolo ad accogliere la mia proposta.
Si liberò della stoffa di quell'indumento e rimase soltanto in boxer, mantenendo il capo abbassato per il leggero imbarazzo che provò nel trovarsi in una situazione del genere.
Lo trovai lo stesso uomo di sempre, soltanto posseduto al suo interno da qualcosa che mi spingeva ad amarlo e a rispettarlo, come se fosse una delle cose più preziose del mondo.
"Qui, adesso, in questa stanza, davanti a questo specchio, devi dirmi che mi ami." – Cominciai, parlando sottovoce, con un tono che sembrava volesse scomparire man mano che le parole proseguivano la frase.
Lo affiancai, prendendo posto dinanzi a quella superficie che rifletteva i nostri corpi, donando loro un aspetto diverso e mai visto prima.
"Ti amo, Lisa." – Disse con un filo di voce, lasciando scorrere una piccola lacrima dai suoi occhi.
"Ti amo anch'io. Adesso dobbiamo soltanto salvarci."
Mi rivolse uno sguardo malinconico, mi baciò sulle labbra e si piegò sulle gambe per prendermi in braccio, adagiandomi con cura sul letto, dopo qualche istante.
Osservai la bellezza estetica del suo viso, notando la sua emozione nel trovarsi in un'intimità sconosciuta e mai provata prima di allora.
Gli tesi le mie mani per far sì che le stringesse e allargai le gambe, facendogli spazio e trascinandolo sul mio corpo.
Avvertii la sua eccitazione premere contro la mia coscia, spinse leggermente fino a farmi trattenere il respiro e con un veloce gesto si tolse quell'indumento che intrappolava lo strumento del suo piacere.
"Rilassati, Michael." – Bisbigliai sulle sue labbra, cercando un altro bacio che mi regalò dopo qualche istante.
Si poggiò sui gomiti per evitare di pesarmi addosso, mi chiese di chiudere gli occhi e nonostante lo avessi fatto, li coprì con entrambe le sue mani ed entrò dentro di me all'improvviso, strappandomi un gemito di sorpresa.
Rimase fermo, si abituò al calore del mio corpo e alla stretta dei miei muscoli intorno a lui, avvertii delle carezze intorno al mio viso e mi trovai il suo volto bagnato dalle lacrime.
Iniziò a muoversi lentamente, non smetteva di guardarmi neanche per un istante, i suoi occhi erano come congelati nei miei e le nostre mani si stringevano così forte a tal punto da far arrossare la pelle.
"Ti faccio male?" – Chiese in tono premuroso, spingendo fino a far toccare i nostri fianchi.
Riuscii soltanto a mormorare il suo nome, accompagnai i suoi movimenti muovendo il mio bacino, mentre le sue labbra sfioravano le mie per soffocare i miei gemiti.
Mi sentivo amata, nessuno era mai riuscito a farmi sentire così importante, era come se la stanza, gli arredamenti e la penombra fossero scomparsi, alimentando lo spazio soltanto con i nostri corpi e i nostri sospiri.
Durante quegli attimi dimenticai i miei incubi e la sofferenza che Danny mi aveva indotto con gli anni, pensai di aver smarrito la figura del suo volto, non identificavo alcun uomo all'infuori di Michael.
Egli si muoveva con maestria, come se avesse sperimentato continuamente le forme del mio corpo, trascinandomi verso le dimensioni più astratte del piacere.
Le sue labbra strinsero un mio seno e lo stuzzicarono con piccoli tocchi, facendomi gemere fortemente al di là della sua spalla.
I nostri respiri si mischiavano, le sue spinte aumentarono ancora di più quando avvertì le mie gambe cingergli i fianchi, lasciandomi travolgere dalla sensazione più estrema e libera esistente.
Percepì i miei muscoli stringerlo in una morsa e, con un'ultima spinta, si lasciò andare anch'egli al piacere che l'amore era capace di donare, stendendosi dopo qualche istante al mio fianco.
"Non permettere alle persone di distruggerti." – Dissi ansimando, chinandomi sul suo petto per baciargli la parte che custodiva il grandissimo cuore che possedeva.
"Non lo farò." – Rispose, dirottando lo sguardo altrove, verso un lato indefinito della stanza.
Allargò il suo braccio verso di me e mi invitò a stringermi al suo corpo, mentre una sua mano vagava distratta su una mia coscia, disegnando dei contorni astratti sulla pelle.
Improvvisamente si alzò dal letto ed indossò un paio di boxer, aprì un piccolo cassettino di un mobile accanto alla finestra e ne estrasse uno scatolino colorato.
Si avvicinò con piccoli passi al mio lato e mi guardò dritto negli occhi, rimase in silenzio e si inginocchiò sul pavimento color ghiaccio.
Aprì la confezione e lasciò scorgere un meraviglioso anello d'oro con un diamante al centro, il quale illuminava interamente il gioiello e donava ad esso un'aria maestosa ed elegante.
Le lacrime mi si formarono negli occhi, non proferii alcuna parola, aspettai che fosse lui a parlare e che dicesse qualcosa, incitandomi, di conseguenza, a continuare.
"Che ne dici? Ti andrebbe di... di diventare mia?" – Sussurrò, mordendosi il labbro e trattenendolo tra i denti, assumendo un'aria tenera e allo stesso tempo timorosa nei confronti di una mia risposta.
"Michael..." – Tentai di parlare, ma immediatamente la sua voce mi bloccò e mi impedì di esternare le mie emozioni.
"Lisa, sposami. Diventa mia moglie, è la cosa che più desidero in questo momento." – Intervenne in tono serio, sorridendo in modo sincero, convincendomi a prendere parte nella sua vita.
"E'..."
La mia voce lasciò trapelare tanta emozione al suo interno, non riuscivo a parlare, avrei voluto dire tante cose, ma le parole mi sembravano tutte estremamente inutili e scontate.
Il suo mondo mi spaventava, lo sapevo, ma ero consapevole allo stesso tempo di voler condividere interamente le mie giornate con lui, di trascorrere ogni minuto della mia vita con lui al mio fianco, perché ne avevo un tremendo bisogno.
"E' una follia, lo so! Ma so anche che non amerò mai una donna come amo te e se non ti chiedessi di sposarmi, probabilmente me ne pentirei per tutta la vita." – Disse, si alzò e mi prese la mano, infilando l'anello sul mio anulare.
"Si, si, si!" – Urlai, stringendolo in un abbraccio, mentre le sue labbra cercavano le mie per poter strappare loro un bacio.
Non mi accorsi che delle calde e copiose lacrime cominciarono ad espandersi sul mio viso, erano lacrime di gioia, rubarono decisamente il posto al timore e alla paura, rendendomi una donna finalmente felice.
Michael era l'unica persona che poteva prendermi e trascinarmi in salvo, era l'uomo per il quale avevo smarrito la mia parte razionale, era l'uomo dei miei sogni.
Avevo aspettato tanto tempo per far sì che qualcuno mi sconvolgesse la vita e, nel bel mezzo del dolore e della solitudine, arrivò lui.
"Perché piangi?" – Domandò, stendendosi dolcemente sopra di me, insinuandosi tra le mie gambe ancora una volta.
Cominciò a baciarmi il collo ed ogni riga del mio viso bagnata dal pianto, ebbe la premura di azzerare il simbolo di un lungo tormento e di lasciare spazio a qualcosa che avesse a che fare con l'amore.
"Sono felice." – Dissi, sorridendogli.
Avvertii il dolce peso del suo corpo gravare sul mio, fu una delle sensazioni più belle che io avessi mai provato e, cullata dai suoi baci e dal suo modo di amarmi, mi lasciai andare a quell'uomo per tutta la notte.





To be continued...




Ciao a tutti! Volevo ringraziarvi per essere in tanti a leggere le mie storie, qualcuno le legge in modo silenzioso, qualche altro si sofferma a recensire, ma non è importante. Grazie di cuore, perchè siete tantissimi.
Vi lascio i miei account per qualsiasi cosa, anche soltanto per parlare semplicemente o per discutere di un qualsiasi argomento, scrivetemi!
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Un grandissimo bacio. xx

-Francesca.


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