Chapter 15 - Shades of Michael.

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Chapter 15. 



Maggio 1994.




"Sei pronta?" – Disse con la voce estremamente bassa, avvolgendo le sue mani intorno ai miei fianchi e avvicinandomi al suo corpo alla ricerca di un contatto.
Sospirai piano e mi persi nel suo sguardo, i suoi occhi mi trasmettevano sicurezza e la dolcezza di cui avevo bisogno per compiere un passo del genere.
Eravamo in una camera d'albergo a migliaia di chilometri dagli Stati Uniti, avevamo deciso entrambi la destinazione e, conoscendoci, appartenevamo ad una schiera di personaggi che ritenevano opportuna una tale discrezione.
Desideravamo un matrimonio sobrio ed elegante allo stesso tempo, privo di grande stile e un numero eccessivo di invitati, sarebbe stata una sceneggiata e una trovata pubblicitaria, in base ai punti di vista.
Non volevamo niente di tutto quello, soltanto un semplice matrimonio che tralasciasse la figura del "Re del Pop" e della "Figlia del Re del Rock", eravamo soltanto Lisa e Michael.
"Ci hai ripensato? Vuoi rimandare?" – Domandò, assumendo uno sguardo visibilmente preoccupato, riuscendo a strapparmi un sorriso divertito.
Allungai le mie mani verso il colletto della camicia nera che indossava, lo sistemai con dei brevi risvolti e gli lasciai un bacio a fior di labbra, allontanandomi subito dopo per impedire che proseguisse.
"Certo che no! Sono soltanto un po' nervosa." – Confessai, facendo un respiro profondo e provando a rilassare i muscoli.
I pensieri che non erano mai riusciti a raggiungere la mia mente, in quel momento sembravano venire a galla, in fila indiana, uno dopo l'altro.
Temevo che potesse andare male anche quella volta ed era uno dei miei incubi peggiori.
Non volevo perdere Michael per nessun motivo, era diventato, insieme ai miei figli, l'unica ragione per la quale valeva ancora la pena di vivere, perché dove c'era lui, c'era vita.
Eravamo ancora fermi in quella camera, egli mi osservava con attenzione e non mi trasmetteva alcuna fretta, rispettava il mio silenzio e i miei spazi.
Mi avvicinai all'enorme finestra disposta poco lontana dal nostro letto matrimoniale, appoggiai i gomiti al davanzale in marmo e mi soffermai ad osservare l'acqua della piscina fare il suo naturale corso.
Era Michael l'uomo giusto?
Credevo di conoscere una risposta, avrei potuto definirla tale, perché il mio cuore non desiderava altro che lui e, quando ero in sua presenza, mi sentivo come un'adolescente innamorata e in preda al grande amore della sua vita.
Mi bastava vederlo in lontananza, mentre si avvicinava verso di me con il suo solito ed elegante passo, per scatenare quella vorticosa sensazione delle gambe che cedevano al peso del mio corpo e si ammorbidivano.
Una cosa era certa.
Non ero mai stata così presa da un uomo in tutta la mia vita, con Danny era stata un'altra storia, ma mai sarebbe stata capace di eguagliare il mio rapporto con Michael.
Prima di essere una coppia, io e Michael eravamo due migliori amici, i quali si confidavano le proprie paure, i propri timori e si occupavano di trovare in sé stessi la serenità della quale necessitavano.
Una lacrima mi rigò il volto e mi affrettai a mandarla via, mi voltai nella sua direzione e mi precipitai a stringerlo in un forte abbraccio che mi avrebbe portata al sicuro da tutto.
Allargò le braccia e mi permise di poggiare la testa sul suo petto, riuscendo ad ascoltare i suoi battiti grazie al silenzio che regnava intorno a noi.
Una mano mi circondò le spalle e un'altra mi accarezzò dolcemente i capelli, lasciandomi libera di sfogare la mia tensione con un pianto purificatorio.
"E' un giorno bellissimo, non dovresti piangere." – Sussurrò piano, rivolgendo le labbra verso l'alto, donando alla voce un tono dispersivo.
"Non lasciarmi mai, Michael. Ti prego."
"Mai, a meno che non sia tu a farlo. In tal caso, dovrò lasciarti andare." – Disse sottovoce, prendendomi il viso tra le mani e preoccupandosi di asciugarmi le lacrime con premura.
Mi regalò un lungo bacio sulle labbra, approfondimmo quel contatto nel giro di qualche istante, quando le sue braccia mi adagiarono contro la parete e mi bloccò con il suo corpo.
Una sua gamba si insinuò tra le mie, impedendomi di muovermi, mentre la sua bocca vagava verso ogni punto del mio collo, baciando dolcemente la pelle.
"No, non adesso." – Mormorai sulle sue labbra, poggiando i palmi delle mie mani sul suo petto, tentando di allontanarlo.
"Altrimenti non ci sposiamo più ed io non voglio correre questo rischio." – Ripresi in tono divertito, accennando una breve risata.
Sorrise a sua volta e si sistemò con cura i capelli, stringendoli in una coda dalla quale sfuggirono alcuni ricciolini che caddero sul suo volto, donandogli un'aria giovane e allegra.
Cercò la mia mano per avvolgerla nella sua, facendo in modo che gli spazi presenti tra le dita si ricongiungessero nuovamente, come se fossero stati creati per noi e per tutte le volte in cui li avremmo occupati.
Aprì la porta e due uomini della sicurezza mai visti prima mi invitarono a fare la loro conoscenza, comunicandomi che da lì in avanti si sarebbero occupati principalmente delle apparizioni pubbliche mie e di Michael.
Credevo si chiamasse Bill, uno dei due, ma non ne ero totalmente sicura, dimenticavo facilmente i nomi con i quali le persone si presentavano.
Imboccammo un lungo corridoio isolato, nessuna sorta di personale in giro, eravamo i soli a percorrere l'intero piano e a muoverci all'interno come se fosse tarda notte.
Avvertivo la calda pelle di Michael accarezzare la mia, mi stringeva la mano e risaliva verso il mio braccio, sembrava stesse cercando una protezione in me, la stessa di cui io sentivo il bisogno di avere.
Era come se ci proteggessimo a vicenda, riuscendo ad immagazzinare all'interno di noi stessi qualcosa di nuovo, una piccola particella che l'altro non possedeva.
In qualche posto del mio corpo c'era il coraggio, quello che Michael non aveva per imporsi nei confronti delle persone che non desideravano il suo bene, mentre all'interno della sua persona, in una zona a me sconosciuta, c'era l'amore che provava verso di me.
Venimmo accompagnati in un'ampia e lussuosa sala, eravamo i soli ad essere presenti tra quelle mura e a donar loro un aspetto vivo ed esistente, in compagnia di un uomo ben impostato, il quale avrebbe donato noi il piacere di un'unione coniugale.
Iniziò a pronunciare una moltitudine di codici e articoli in maniera rigorosamente autoritaria, parlava molto lentamente ed io, dopo essere entrata in uno stato di completa agitazione, precipitai in una trappola dettata dal mio cuore.
Cercavo la mano di Michael poggiata su una sua gamba, senza riuscire a distogliere l'attenzione dai suoi occhi e dalle sue labbra che si piegarono in un breve sorriso timido.
Sembrava quasi distratto e in imbarazzo, non era mai stato a favore di quelle situazioni disagevoli, dove ogni occhio presente nelle vicinanze sbatteva contro di lui.
Sentivo tante parole, scorrevano veloci e lontane da me, separandosi dalle fibre del mio corpo per imboccare strade differenti.
Stavo per diventare sua moglie, mi suonava divertente pronunciare quella parola, aveva preso parte ai miei sogni degli ultimi tempi e, come per magia, si era materializzato ogni mio limpido desiderio.
Speravo soltanto che fosse per sempre.
Volevo illudermi ancora una volta, volevo sperarci fino alla fine, fino a quando il mio cuore, per via di quell'uomo, avrebbe cessato di battere dopo il suo ultimo colpo.
Ti prego, Michael, illudimi che sia per sempre.
Illudimi, perché voglio che i tuoi occhi siano gli ultimi che guarderò, quando chiuderò i miei.
Illudimi, perché voglio che le tue mani siano le uniche a toccarmi e ad accarezzarmi, facendomi sentire la tua donna.
Illudimi su questo, perché voglio essere l'unica che amerai e l'unica alla quale sussurrerai il tuo amore.
Illudimi ancora una volta, perché non riuscirei a fare a meno di crederti.
I miei pensieri vennero interrotti dalla voce doppia di quell'uomo che iniziò a pronunciare i nostri nomi, esaminandoci con attenzione e soffermandosi sulle nostre sagome rese immobili dal nervosismo, come se non ci conoscesse.
"Michael Joseph Jackson, vuoi prendere questa donna come tua legittima sposa?" – Disse a gran voce, rivolgendo una lunga occhiata curiosa in direzione di Michael.
Non conosceva Michael Jackson, lo guardava come se fosse un alieno ed io, per quanto cercassi di sminuire l'imbarazzo dell'uomo che avevo al mio fianco, non riuscii a fare a meno di ridere.
Egli si morse il labbro con dolcezza, esitò qualche istante prima di proferire la fatidica sillaba, guardandomi intimamente negli occhi e colmando il mio cuore di una gioia sincera e autentica.
Mi sentii mancare, sorrisi nervosamente quando il suo sguardo si posò sul mio volto, ricercando e strappandomi la risposta dalle mie labbra.
"Lisa Marie Presley, vuoi prendere quest'uomo come tuo legittimo sposo?" – Domandò serio, piegando la bocca in una linea spessa e aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Una lacrima scivolò via dai miei occhi, pronunciai un flebile "Si, lo voglio" con una sfumatura di eccitazione nella voce, riuscendo ad ottenere un tono non eccessivamente impostato.
Michael sfilò dalla tasca dei suoi pantaloni un piccolo scatolino ricoperto da un soffice velluto, lo aprì con delicatezza ed estrasse una fede nuziale, spingendola sul mio anulare.
Il metallo freddo e rigido si fuse con il calore della mia pelle, inserendosi perfettamente nello spazio tra le mie dita.
Copiai l'identico gesto su di lui, portandomi la sua mano alle labbra per assaggiarne il tepore a contatto con il perimetro della mia bocca.
Ci fissammo per interminabili secondi, i miei occhi erano schiavi dei suoi, il colore scuro ed intenso attirava il verde dei miei, regalandomi un cuore in subbuglio e il respiro accelerato.
"Congratulazioni." – Disse l'uomo che ottenne l'incarico di unirci in matrimonio, strinse la mia mano e in sequenza quella di Michael, il quale sorrise nervosamente.
Mi guardai intorno spaesata, per la fretta avevo dimenticato di rivolgere uno sguardo all'arredamento e, in quei pochi istanti, regalai ad esso un'occhiata commossa, a racchiudere all'interno del mio cuore ogni dettaglio.
Osservai con attenzione un dipinto che decorava la parete alle mie spalle, era molto elegante e rappresentava una coppia di amanti inseriti nel contesto di un mondo greco.
Due dei che si scambiavano un casto bacio, trovandosi privi di indumenti e di stoffe a proteggere i loro corpi, come se non ce ne fosse stato bisogno, soltanto un semplice velo copriva i loro bacini.
Si amavano troppo per recepire i sensi di vergogna e di pudore, concetti appartenenti al mondo esterno, non partecipe del loro amore.
"Ti piace?" – Sussurrò Michael nel mio orecchio, cingendomi i fianchi con entrambe le braccia e rimanendo alle mie spalle.
"Tantissimo. Rappresenta l'amore nel modo più puro e semplice che esista, sfruttando l'arte e donandola ad un sentimento che la possiede da sempre. L'amore è arte, non credi?"
"Ogni cosa che ci circonda è arte. Il tuo sorriso, i tuoi baci, le tue lacrime, sono arte." – Disse, girandomi intorno e parandosi di fronte alla mia figura.
Mi guardò a lungo, come a desiderarmi da lontano, senza esprimere la fisicità che l'uomo era costretto ad esporre per lasciarsi trasportare da un bisogno.
Mi guardò come se stesse osservando un paesaggio, con gli occhi innamorati e resi vivi da un'allusione incantata, una di quelle che comparivano soltanto quando ci si trovava di fronte ad una visione paradisiaca.
"Bill, io e Lisa vogliamo acquistare questo quadro. Sono disposto a pagare qualsiasi cifra, potresti interessarti tu, per favore?" – Domandò, rivolgendosi all'uomo che era posizionato poco distante da noi, lasciandoci godere di una leggera intimità.
Si avvicinò con discretezza, stringendo le mani intorno alla schiena e mostrandoci un sorriso.
"Certo, Michael. Farò il possibile per far sì che lo abbiate in serata." – Disse, congedandosi immediatamente ed uscendo dalla sala.
"Non ti ho chiesto di comprarlo!" – Esclamai, avvicinandomi maggiormente a lui per far aderire i nostri corpi che si desideravano ancora una volta.
"Ho voluto fare un regalo di nozze a mia moglie." – Sussurrò piano, parlandomi nell'orecchio, in modo che ascoltassi soltanto io.
"Anche io ho un regalo per te." – Dissi con un velo di malizia, accarezzandomi il labbro inferiore con l'indice, macchiandolo lievemente di rossetto.
"Davvero? Cos'è?" – Domandò, piegando la sua bocca in un sorriso entusiasta.
Sembrava un bambino nel giorno di Natale, quando era intento a scartare i suoi pacchetti e a scovare il dono che aveva desiderato per molto tempo.
Era così innocente che a volte stentavo a credere che fosse realmente un adulto.
"Se andiamo in camera te lo mostro." – Sussurrai sulle sue labbra, ammirandole con desiderio, bramando un profondo contatto che speravo arrivasse al più presto.
Lo afferrai per i fianchi e lo baciai con trasporto, avvertii una leggera risata provenire dalla sua parte e la ignorai del tutto, concentrando la mia attenzione soltanto sul suo corpo.
Mi abbandonai all'amore e a quel sentimento tanto intenso da trasportarmi in luoghi in cui non avevo mai avuto il libero accesso, non prima di Michael.
Non prima di quell'uomo che aveva realizzato i miei sogni, divenendone il protagonista e parte del mio sogno più grande.

                                                                                     * * *

Non mi sembrò mai così vicino come in quel momento, la forza dell'unione cominciava ad avere i suoi liberi effetti, il matrimonio sembrava avermi coinvolta nel turbinio di emozioni che provocava, riuscendo ad azzerare le mie storie precedenti.
Niente aveva più importanza, non ricordavo altri uomini all'infuori di mio marito e mi chiedevo come fosse possibile tutto ciò.
Mi perdevo nei suoi silenzi, riuscendo a captare da essi le parole che Michael voleva donarmi, riuscendo a pizzicare le corde più intime della mia anima e spogliandomi di ogni orgoglio.
Ero affascinata dalla sua personalità, dai semplici gesti che compieva e dal suo modo di effettuarli con un'eleganza mai conosciuta prima di allora, modificando ogni cosa a suo piacimento.
Avevo imparato a leggere i suoi pensieri, a conoscere il segreto delle sue parole e a trattenerle dentro di me, dove nessuno avrebbe mai potuto portarmele via.
Michael allungò un braccio verso il comodino, toccandone con leggerezza la superficie in legno, una breve occhiata all'orologio e si alzò rapidamente, scoprendo il suo corpo nudo dalle candide lenzuola.
"Dove vai?" – Domandai, sollevandomi sui gomiti e rimanendo ad osservarlo, mentre abbottonava la cerniera di un paio di pantaloni infilati di fretta.
Non riuscii a rimanere molto in quella posizione, un tremendo mal di testa iniziò a tormentarmi, provocandomi delle atroci e potenti fitte intorno al capo.
Soffrivo spesso di quei sintomi, fin da quando ero molto giovane e l'unico modo che conoscevo per placare i dolori era un lungo riposo.
Sprofondai con la testa sopra il cuscino in lattice, avvertii la morbidezza al suo interno accogliermi, rilassando le zone in cui le dolenze assumevano una maggiore violenza.
"Ho un'intervista al secondo piano, tra qualche minuto."
"Anche oggi? Ci siamo appena sposati, non potresti mettere da parte il tuo lavoro almeno per un giorno?" – Chiesi, coprendomi il volto con entrambe le mani, mascherando la mia sofferenza.
"E' soltanto un'intervista, è una questione di pochi minuti. Vorrei tanto che venissi anche tu." – Mormorò, avvicinandosi al lato del letto da me occupato, si sedette sul bordo e mi accarezzò la fronte.
"Sono impresentabile, hai scelto il giorno peggiore per mostrare a tutti la donna che hai appena sposato." – Dissi, ironizzando parecchio sulla frase.
"Sei sempre bellissima."
Si chinò sul mio corpo per lasciarmi un intimo bacio sulle labbra, emisi un gemito di dolore sulla sua bocca, scostandomi all'istante da lui.
Mi sollevai con il busto riuscendo a sedermi sul letto, afferrai una sua camicia che trovai piegata su una poltrona e la indossai, mascherando la mia nudità ai suoi occhi.
"Dio, ho un terribile mal di testa." – Mi lamentai, spingendo il capo all'indietro e rivolgendo il mio vacuo sguardo verso il soffitto.
"Vuoi che rimanga qui con te?" – Chiese preoccupato, poggiando una mano su una mia gamba.
Non volevo che si preoccupasse, né tantomeno che si liberasse dei suoi impegni per rimanere al mio fianco, non ero una di quelle mogli che desideravano che il proprio marito fosse soltanto di loro proprietà.
Michael doveva lavorare, fare quello che lo appassionava fin da bambino, dando libero sfogo alla musica e agli effetti che aveva su di lui.
"No, sto bene, vai pure. Hai qualcosa per far sì che mi passi?"
Esitò qualche istante, si accarezzò il mento con due dita e annuì con la testa.
"Nel mio beauty dovrebbe esserci qualcosa, prova a cercare lì!" – Disse, baciandomi dolcemente la fronte ed uscendo dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
Aspettai qualche minuto prima di dirigermi con calma verso l'elegante bagno, mi sedetti sul marmo chiaro e pregiato della vasca ed aprii il rubinetto in ottone, permettendo all'acqua di scorrere rapidamente e di decorare il silenzio.
Mi sentivo strana, come se tutto il dolore accumulato negli anni non fosse scomparso del tutto, sentivo che si fosse depositato all'interno di me, nascondendosi dai miei richiami e dalle possibilità di scacciarlo via.
Mi spogliai della camicia di Michael che avevo indossato ed entrai nella doccia, il getto caldo dell'acqua mi rilassava, conciliando i miei pensieri pulendomi dal nervosismo della giornata appena trascorsa.
La schiuma profumata di una fragranza floreale massaggiava il mio corpo, mi solleticava la pelle e le donava un aspetto lucido, mettendo in risalto il colore della mia carnagione.
Ad un tratto le mie gambe persero la presa con la superficie del pavimento, dovetti reggermi con le braccia contro la muratura alle mie spalle per impedirmi di perdere l'equilibrio.
Il freddo mi colse, facendomi rabbrividire, nonostante l'acqua calda mi scorresse addosso e impedisse alle sferze gelide di colpirmi in modo diretto.
Avvolsi il mio corpo in un telo di spugna, Michael lo aveva usato in precedenza e aveva lasciato che il suo profumo impregnasse la stoffa, ricoprendo la mia pelle della sua dolce aroma capace di inebriarmi i sensi.
Trovai il suo beauty poggiato sulla superficie marmorea del lavabo, era aperto ed iniziai a frugare tra i tessuti che lo componevano, avvertendo delle confezioni di plastica sotto al tatto.
Lo svuotai del tutto, lasciando che boccette di medicinali cadessero sul piano nei toni chiari del ghiaccio, risuonando con i loro rumori attraverso le mura insonorizzate della stanza.
Antidepressivi, sonniferi, ansiolitici, le etichette non sembravano mostrare altri nomi, lasciandomi sprofondare nel dolore più intenso, causatomi dall'uomo che mi promise di farmi soltanto del bene.
Il dolore scavò a fondo nella mia anima ed uscì allo scoperto con delle lacrime cristalline che cominciarono a solcarmi il viso, i miei occhi assunsero un colore lucido e si arrossarono.
Mi sentii ferita, ferita da lui, dall'uomo che amavo e che, seppur non intenzionalmente, mi provocò una voragine lancinante al centro del petto.
Ero inutile per lui e per il tormento che possedeva, non si fidava abbastanza di me da comunicarmi quella sfumatura che lo opprimeva, credendo di poter risolvere tutto in quel modo.
Strinsi tra le mani tremanti un flacone di pillole bianche e mi inginocchiai sul freddo pavimento, cadendo in un pianto lento e silenzioso.
Il vuoto totale.
Nessun pensiero mi colse la mente, ne rimasi stupita, le lacrime scivolavano via e non mi impressionavano, erano come delle parole complici della morsa che mi attanagliava la gola fino ad impedirmi di respirare.
Mi sentii priva di forze, come se il mio corpo si opponesse ai miei impulsi nervosi per trovare un disperato appiglio in un momento di debolezza, ma, per quanto mi sforzassi, non c'era niente che io potessi fare.
La porta si aprì lentamente, me ne accorsi a causa del breve cigolio che emise, qualche passo attutito dal suolo e una figura comparì sull'uscio del bagno.
Michael spalancò gli occhi, rimase come pietrificato, il suo sguardo si spense alla mia vista e non riuscì a tradirne il nervosismo per avermi sorpresa a scovare la profondità della sua anima.
Il nostro paradiso precipitò nel baratro.





To be continued...

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