Chapter 7 - Part 2.
"Michael, tra venti minuti devi salire sul palco. Sei pronto?" – Disse la voce doppia ed imponente di un uomo della sicurezza, facendo capolino da dietro la porta.
Michael non rispose alla domanda che gli venne fatta, era troppo concentrato per poterlo fare e provare a strappargli dalla bocca una parola o anche una minima risata era una battaglia persa in partenza.
Prima di un concerto, egli entrava in uno stato di totale indifferenza nei confronti dell'ambiente circostante, si comportava come se non ci fosse stato nessuno al suo fianco e tendeva ad allontanare le persone che tentavano di varcare quel suo spazio.
Si limitò a mostrare all'uomo un piccolo sorriso nervoso e ripose il suo sguardo sull'enorme specchio appoggiato alla parete, mentre due donne al suo fianco si occupavano di truccarlo e di sistemargli i capelli.
Era un tipo molto esigente in questioni riguardanti il suo lavoro, in quel contesto si muoveva come la pedina che prendeva complessivamente le decisioni e non tollerava sbagli di nessun tipo.
Fuori non era ancora calata la notte e, nonostante ci trovassimo in un ambiente chiuso, non faceva un gran caldo.
Era un luogo silenzioso, non esageratamente arredato per via dei suoi semplici scopi e, non possedendo pareti insonorizzate, lasciava percepire ugualmente le urla del pubblico in delirio per via del concerto che avrebbe avuto inizio da lì a poco.
Mi sedetti con le gambe accavallate su un grande divano in pelle, osservai Michael divertita e di tanto in tanto mi lasciai andare a qualche risata, mentre si agitava e si contorceva su sé stesso per la tensione.
Notare le sue scene di ansia mi fece sorridere moltissimo, un artista del suo calibro che si preoccupava dello show, delle luci, delle musiche e delle parole che avrebbe potuto sbagliare.
Era completamente assurdo!
Si comportava come un ragazzino alle prese con la musica emergente, della quale avrebbe voluto fare il sogno della sua vita.
"Sei il re del pop, Michael! Rilassati, sarai magnifico, come sempre!" – Dissi, alzandomi dalla mia posizione e raggiungendolo dinanzi allo specchio per poterlo stringere in un abbraccio.
Lo vidi troppo nervoso e pensai che un mio abbraccio o un gesto istintivo di affetto lo avrebbe aiutato, riuscendo anche, magari, a strappargli un sorriso.
Si irrigidì quando avvertì le mie braccia stringergli il bacino, probabilmente si sentì in imbarazzo per via delle altre persone presenti intorno a noi, ma a me non importò più di tanto.
Non mi facevo condizionare da ciò che le persone avrebbero potuto pensare, avevo sempre agito di istinto e se in quel momento il mio desiderio era abbracciarlo, lo avrei fatto senza problemi.
Indossava una giacca nera con dei lustrini dorati che la rendevano facilmente riconoscibile agli occhi del pubblico, gli aggiustai il colletto e mi soffermai ad accarezzargli i capelli, giocando con qualche ricciolino che sfuggì all'elastico che li riuniva.
I suoi capelli erano morbidi e profumati, erano un piacere per il tatto e soprattutto per me che adoravo quei ricciolini che gli coprivano il collo.
"Mi fai il solletico!" – Disse, cominciando a ridere di gusto e a divincolarsi inutilmente dalla mia presa.
Si voltò verso di me e mi guardò sorridendo timidamente, non disse niente, lasciò che il silenzio parlasse per lui e venimmo entrambi travolti da quella piacevole sensazione di esilio dal mondo che si formò in quella stanza.
Mi persi completamente nel suo sguardo, tanto che non riuscii ad accorgermi che le persone presenti nel camerino se ne fossero andate e che eravamo rimasti soli.
I suoi occhi mi ipnotizzarono a tal punto da impedirmi di proferire una sola parola, rimasi estasiata da così tanta bellezza che quasi feci fatica a respirare.
Il fiato cominciò a morirmi in gola, lo sentii accorciarsi sempre di più quasi fino a scomparire e le mie mani cominciarono a sudare, senza un preciso motivo.
Deglutii a fatica, mi sentii come se stessi per soffocare, l'ossigeno mi sembrò completamente assente tra quelle mura e temevo potessi svenire da un momento all'altro.
"Hai degli occhi meravigliosi." – Sussurrai con un filo di voce, quella poca che mi rimase, provando a rompere quella straziante atmosfera che si formò.
Fui consapevole della mia affermazione soltanto poco dopo, quando me ne pentii, notando il visibile imbarazzo comparire sul viso di Michael.
Riuscii a percepire il rumore dei suoi respiri lenti e cadenzati, lo vidi mordersi il labbro teneramente e sorridere di nuovo, in segno di ringraziamento.
"Michael, è arrivato il tuo momento!" – Urlò qualcuno dall'altro capo della porta, facendo sussultare entrambi e distruggendo il nostro silenzio.
Michael sembrò non curarsi di quelle parole, proseguì a guardare il mio corpo come fece poco prima e si passò la lingua sulle labbra.
Non riuscii a decifrare quell'occhiata, mi sembrò improvvisamente cambiato dall'uomo innocente ed ingenuo che conobbi, mi scrutò con attenzione proprio come avrebbe fatto ogni altro uomo diverso da lui.
Baciò le sue dita ricoperte da del nastro adesivo bianco e le avvicinò lentamente sulle mie labbra, sfiorandomele dolcemente e trasmettendomi dei brividi allucinanti che mi spinsero a chiudere gli occhi.
Quel gesto inaspettato mi mandò fuori di testa, sentii il calore delle sue labbra sulle mie e fu la sensazione più dolce ed incantevole che io avessi mai provato.
Quando riaprii gli occhi, Michael non c'era più, era già nel backstage e si stava preparando per salire sul palco.
Sospirai forte e mi passai una mano tra i capelli, avevo ancora l'immagine dei suoi occhi scuri bloccati nei miei verdi, come ad osservarne ogni minimo movimento per poterlo racchiudere nella sua visuale.
Non riuscii a capire cosa mi fosse successo, mi sentii strana, come se lui fosse stato per quei momenti il mio unico pensiero, riuscì a prendere il posto di centinaia di problemi e preoccupazioni, come per magia.
Provai ad abbandonare quel pensiero ed uscii immediatamente dal camerino, avevo bisogno di allontanarmi da quel posto nel quale il suo profumo mi martellava l'olfatto e mi precipitai dietro le quinte, per poter ammirare lo spettacolo.
Era tutto perfetto.
Il pubblico era in delirio, urlava ogni volta che Michael compieva un passo di danza o anche un singolo gesto apparentemente banale, egli riusciva a mandare in visibilio generazioni di persone amanti della sua musica.
Si muoveva sensualmente da un lato all'altro del palco, il suo corpo sembrava essere stato creato apposta per la danza e comprendevo il motivo per cui le donne lo apprezzassero così tanto.
Era dotato di una voce angelica e di una capacità di intonazione fuori dalla norma, non sbagliava mai, era come se fosse nato per stare sul palcoscenico.
Era la sua casa.
La sua unica casa, lontana dalla cattiveria del mondo, lì avrebbe trovato soltanto le persone che lo amavano e che lo sostenevano, coloro che avrebbero fatto di tutto pur di renderlo felice e che, in gran parte, erano gli unici a poterlo fare.
* * *
Il concerto terminò a tarda sera, fu uno spettacolo magnifico e lasciò senza parole non solo me, ma anche intere folle di persone che giunsero da ogni parte del mondo soltanto per Michael.
Provai una moltitudine di emozioni mai provate prima contemporaneamente e fu una sorpresa anche per me.
Mi divertii come non facevo da tempo, mi commossi in alcuni momenti e dovetti ammettere che alcune lacrime mi scivolarono via a causa della troppa emozione che mi travolse.
Non trovai parole adatte per descrivere quello che vidi, non fu un semplice concerto, ma molto di più, superò qualsiasi aspettativa, persino la più esagerata.
Michael mi sembrò un alieno, riuscì ad alternare la gioia alla tristezza, introducendo tra di esse l'adrenalina necessaria ad effettuare ogni pezzo, insieme all'immancabile passione che non sarebbe mai mancata ad una persona come lui.
In un momento in particolare piansi come una bambina, durante "Will You Be There" mi emozionai a tal punto da cominciare a singhiozzare, sentii quelle parole toccanti entrarmi dentro l'anima fino a sfiorarmi il cuore.
Dopo la fine del concerto, Michael mi disse che sarebbe andato a cambiarsi e che poi avremmo trascorso la serata insieme, dal momento in cui aveva bisogno di rilassarsi e di riposarsi per qualche ora.
Telefonai a Danny per accertarmi che a casa andasse tutto per il meglio e, come previsto, egli approfittò della mia chiamata per provare a parlarmi e a trattarmi come era solito fare.
Quell'uomo non conosceva le buone maniere, non sapeva come si trattasse una donna, non lo aveva mai saputo.
Gli dissi che avevo deciso di prendermi una pausa da tutto, da lui e dal nostro matrimonio, perché avevo bisogno di stare da sola e di pensare al meglio per me.
Non avevo intenzione di divorziare, chiedevo soltanto un momento per me stessa.
Quando arrivai dinanzi alla porta del camerino di Michael, la aprii velocemente, scoprendo, a mia sorpresa, che egli fosse in dolce compagnia di una giovane donna bionda.
Non credevo fosse fidanzato, in realtà non lo sapevo e non mi ero mai interessata particolarmente alle sue relazioni sentimentali, ma soltanto ai suoi problemi di solitudine.
Alla mia vista, Michael spalancò gli occhi e mi lanciò un'occhiata mortificata e confusa, come a volersi scusare della scena alla quale dovetti assistere.
"Scusate, non volevo interrompere niente, mi dispiace." – Dissi imbarazzata e richiudendo la porta alle mie spalle, sentendo le parole di Michael sovrastare il suo cigolio.
"Lisa! Aspetta!" – Disse, alzando la voce per far sì che io lo sentissi nonostante la distanza che ci separava.
Mi incamminai a passo svelto verso il corridoio, non avevo intenzione di ascoltare le sue scuse, non erano necessarie e sicuramente non doveva chiedere perdono ad una persona come me che non contava niente nella sua vita.
Non ero di certo sua madre o sua sorella, non mi interessava chi si portava a letto o con quale donna avrebbe trascorso la serata, non erano miei problemi.
Credevo soltanto che avrebbe potuto avvertirmi, almeno non avrei fatto quel viaggio estenuante soltanto per non farlo sentire solo, cosa che in realtà non esisteva.
Mi sembrava in ottima compagnia.
Sentii i suoi passi raggiungermi, cominciò a correre nella mia direzione e, quando mi fu abbastanza vicino, si fermò e sospirò forte.
"Mi dispiace, avrei dovuto bussare, ti chiedo scusa. Pensavo fossi solo, tutto qui." – Dissi, anticipandolo.
"Lo ero, infatti, poi è arrivata lei e..."
"Senti, non giustificarti con me. A me non interessa se hai una fidanzata o soltanto donne che ti porti a letto, volevo soltanto farti compagnia, ma mi sembra che l'hai già trovata." – Lo interruppi, portandomi le braccia al petto e abbassando lo sguardo per non incrociare i suoi occhi scuri.
"Non è la mia fidanzata. Non la conosco neanche, è una delle tante ragazze che dopo i concerti entrano a mia insaputa nel mio camerino. Non so chi sia!" – Disse, passandosi una mano sulle sue labbra inumidite.
Si fermò qualche istante, guardandomi con le braccia intorno ai fianchi e poi ricominciò il suo discorso.
"Credevo mi conoscessi. Credevo sapessi che non sono quel tipo di uomo che si porta le donne a letto solo per puro piacere." – Riprese, guardandomi con gli occhi lucidi e mortificati, come se io lo avessi ferito con una mia semplice affermazione.
"Lo so che sei un uomo diverso dagli altri." – Bisbigliai.
"Non credi neanche tu alle mie parole, vero?"
Sbuffai leggermente e sorrisi, spostando nuovamente lo sguardo da lui, evitando di incontrare i suoi occhi intensi ed ipnotizzanti.
"Perché non mi guardi negli occhi?" – Chiese in tono calmo, poggiando due dita sotto al mio mento, sollevandolo appena.
Perché sono così belli che potrei sprofondare nel loro colore, sarei capace di perdermi in essi e nella loro dolcezza, lasciandomi ipnotizzare completamente.
"Non tendo a guardare le persone negli occhi, è una mia abitudine." – Risposi sottovoce.
"Hai sofferto molto e fai fatica a fidarti delle persone. Hai paura di guardarle negli occhi, perché potrebbero farti del male. E' così?"
Rimasi senza parole.
Mi lesse completamente nell'animo, scavò nel mio passato senza chiedermi nessuna informazione e centrò in pieno l'argomento.
Con lui il problema del contatto visivo era un altro, sapevo che non mi avrebbe fatto del male, era una conoscenza che percepii sulla pelle fin dal primo momento in cui i nostri occhi si scontrarono, mentre con le altre persone era diverso.
Risposi alla sua domanda senza pronunciare una sola parola, mi limitai ad annuire con il capo e a piegare le labbra in una linea dura.
"Io non sono come gli altri, Lisa. Devi fidarti di me, non ti farò del male, non potrei mai." – Sussurrò, portando la sua mano sulla mia guancia, cominciando ad accarezzarla piano con le nocche.
Mi accorsi dei suoi modi dolci ed eleganti molto tempo prima, ma fu difficile per me, in quel momento, scoprire un nuovo lato di lui, una parte e me rimasta sconosciuta fino a quell'istante.
Rimasi immobile e in preda ai suoi amabili movimenti, quelle carezze le ricevetti da un uomo soltanto durante il mio primo anno di matrimonio, tralasciando il resto fine a sé stesso.
Mi fu così vicino che potei sentire il suo respiro scandito e cadenzato, esso si mosse leggero sulla mia pelle e mi regalò una sensazione di calore mai provata prima.
"Sei stanca, sarà meglio andare. Ti porto in hotel." – Disse, prendendomi per mano e dirigendosi verso l'uscita, scortato da quattro uomini della sicurezza.
Ci ritrovammo seduti sui sedili di un auto scura dopo un lasso di tempo molto breve, nessuno ci notò uscire e potemmo stare tranquilli, senza sentire gli occhi di altre persone puntati su di noi.
Durante l'intero tragitto rimasi con la testa poggiata sulla spalla di Michael e, nel frattempo, egli non fece altro che accarezzarmi la mano, disegnando astrattamente dei contorni su ogni minima parte di essa.
Il rumore dell'auto che si muoveva nel traffico lieve della notte e la sua andatura conciliò la mia stanchezza, trascinandomi lentamente in un sonno profondo.
Sentii il corpo di Michael muoversi con cautela per non svegliarmi e, quando l'auto si fermò, egli rimase ad accarezzarmi i capelli per una quantità di tempo che non seppi identificare.
Ad un tratto, avvertii delle forti braccia sollevare il mio corpo e adagiarmi, poco dopo, su una superficie morbida e tiepida.
Aprii gli occhi a fatica e notai Michael seduto su una poltrona, aveva la testa poggiata tra le mani e non era troppo distante da me.
"Michael..." – Biascicai confusa, provando a focalizzare il posto nel quale mi trovavo.
"Sono qui, Lisa." – Sussurrò, alzandosi di scatto dalla poltrona e raggiungendomi, sedendosi ad un lato del letto, lasciando penzolare una gamba al di fuori.
Aveva il volto stanco, gli occhi lucidi e visibilmente affaticati e decorati alla base da delle leggere occhiaie.
"Dove siamo?"
"Nella mia camera. Ti sei addormentata in macchina e mi dispiaceva svegliarti, così ti ho portata qui." – Disse, mostrandomi un sorriso stentato, per quanto riuscisse a mantenere a fatica gli occhi aperti.
"Tu non dormi?" – Chiesi, sollevando il busto e poggiando la mia mano sulla sua, stringendola debolmente.
"No, non ho sonno e poi ti avrei svegliata."
"Vieni qui, riposati un po', sei stanco." – Mormorai, facendogli segno di stendersi accanto a me e sistemandogli il cuscino.
Il suo viso lasciò scorgere un piccolo sorrisetto dolce e lo vidi prendermi in parola, si svestì rapidamente e indossò soltanto dei pantaloni del pigiama rossi, probabilmente, non riuscii ad individuare perfettamente il colore per via della poca luce presente nella stanza.
Sollevò le coperte e si stese al mio fianco, allargando un braccio sopra la mia testa, in modo che mi appoggiassi al suo petto caldo e liscio.
"Avevo bisogno di una persona che mi tirasse fuori dalla mia solitudine e l'ho trovata." – Sussurrò con la voce bassa, soffermandosi ad osservare distrattamente il soffitto, come se parlasse con sé stesso.
Dopo le sue parole, lo strinsi a me e cominciai a lasciargli delle sottili carezze sul petto, sentendo i suoi muscoli tendersi attraverso i miei gesti.
"Riesci a farmi dimenticare tutti i problemi. Sei magico, Michael. Con te non mi sento mai sola, è una cosa così... bella."
"Grazie di tutto, Lisa. Senza te, probabilmente, non ce l'avrei fatta. Sei una donna molto forte, ti ammiro parecchio." – Bisbigliò in tono di apprezzamento.
Non mi curai particolarmente delle sue ulteriori parole, ero come incantata da quell'uomo e, come se non fosse bastato, il suo profumo tornò ad ammaliarmi e ad avere su di me un effetto suggestivo.
"Stringimi, Michael." - Sussurrai con la voce flebile, velata da una leggera malinconia.
Le sue braccia si fermarono immediatamente sulla parte bassa della mia schiena, con un piccolo movimento mi attirò di più a sé, facendo aderire di poco i nostri corpi.
Cominciò a sfiorarmi con dolcezza la fronte, mi accarezzò la pelle con dei minimi gesti e cantò qualcosa, riuscendo a conciliare il mio sonno.
Mi abbandonai alla stanchezza e al suo effetto che ebbe su di me, quella notte mi addormentai accanto a Michael, con il mio capo poggiato sul suo petto e con il suo braccio intorno al mio bacino.
Fu una delle poche notti nelle quali mi sentii realmente me stessa, lontana da tutto e dalla finzione del quotidiano, mi sentii finalmente libera e non più sola.
Grazie a quell'uomo la mia solitudine sembrò scomparire di giorno in giorno, facendo spazio a qualcosa di diverso e più profondo.
To be continued...
Finalmente, sono tornata con Lisa e Michael! Ci sono tante persone che leggono e non recensiscono mai, vorrei tanto sapere anche il parere di queste ultime, mi farebbe molto piacere! Voglio sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo. Come sempre... grazie a tutti! Grazie a chi legge, a chi recensisce continuamente, a chi commenta in modo divertente e a chi ama questa coppia, come me. Grazie infinite, davvero! xx
STAI LEGGENDO
Heroine.
Romansa"Lui era come la mia ultima dose di eroina, la più potente e prelibata. Quella che avrebbe messo fine alle mie sofferenze. Quella che non mi avrebbe lasciato scampo." Una potente droga della quale non esiste una cura, un potente anestetico capace di...