Chapter 5 - Gods & Monsters.

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Chapter 5.

   Le immagini scorrevano rapide e veloci dinanzi ai miei occhi, rimanevano  impresse nella mia mente senza darmi la possibilità di decidere se  lasciarle dentro di essa o meno, logorandomi a poco a poco il cuore e i  sentimenti.
Reggevo tra le mani una rivista, una di quelle che si trovavano  comunemente in giro, una delle tante che inventavano per lo più storie  di completa fantasia.
Colori, notizie di elevata importanza, scoop e news di qualsiasi tipo,  nessuno di questi argomenti riusciva ad attrarre la mia attenzione come  quelle fotografie che stavo osservando da un periodo di tempo  indefinito.
Raffiguravano mio marito Danny in dolce compagnia di una giovane donna  bionda, non ne conoscevo il nome e non mi importava neanche, ero  soltanto delusa e amareggiata da quella situazione che stavo vivendo.
Si era preso gioco di me, mi aveva presa in giro e usata, poi gettata  via come se fossi stata un oggetto che non gli sarebbe più tornato  utile.
Sapevo che avesse storie con altre donne, più che altro lo sospettavo,  ma mai ero riuscita ad accertare realmente le mie ipotesi come in quel  momento.
Non aveva avuto neanche il buonsenso di avere relazioni extraconiugali  di nascosto, si era anche preoccupato di farsi fotografare in  atteggiamenti compromettenti con una donna, baciandola dinanzi al mondo  intero.
Mi aveva umiliata, non aveva avuto un minimo di rispetto nei miei  confronti e in quelli dei suoi figli, aveva agito come se fosse stato un  giovane uomo single, il quale non era.
La prima cosa che fece, dopo essere tornato a casa da New York, fu  andarsene in giro con i suoi amici come se niente gli importasse e come  se avesse meritato quel piccolo svago.
Ero stesa sul letto della mia camera, le lenzuola bianche e candide  coprivano il mio corpo e lo proteggevano dall'ambiente circostante e  dalle sue impurità.
Avevo il capo poggiato sulla federa del cuscino e copiose lacrime  rigavano il mio volto, marcando con insistenza i miei lineamenti e  sciogliendo il trucco che decorava il mio viso.
Avevo gettato al suolo quella rivista, avevo già visto abbastanza,  quanto bastasse per lacerarmi i sentimenti che provavo verso quell'uomo  squallido e vigliacco.
Non meritava le mie lacrime, nemmeno una minima attenzione, era riuscito  a distruggere anche quel poco che era rimasto del nostro matrimonio e  dell'amore che esso conteneva.
Avrei dovuto comprendere fin da subito le intenzioni di Danny e non  lasciarmi trascinare via dalle sue menzogne e dalla sua bellezza  estetica, ma soprattutto non avrei mai dovuto sposare un uomo del genere  e dargli dei figli.
Loro erano il motivo per il quale vivevamo ancora insieme e ci comportavamo come tutte le altre coppie, fingendo costantemente.
Non mi sentivo nelle condizioni adatte a chiedere un divorzio, i bambini  erano ancora troppo piccoli ed io ero contraria ad una cosa del genere,  avremmo potuto lasciare le cose a giacere come facevano da tempo.
Sposati, separati, divorziati, ormai non contava più niente e non faceva alcuna differenza.
Lui non era più niente per me, ma non potevo pretendere che uscisse  dalla mia vita, era pur sempre il padre dei miei figli e una figura di  cui essi necessitavano.
La mia mente lo aveva già rimosso, mentre il mio cuore faceva fatica ad  assimilare la mancanza di un affetto considerato da me fondamentale, ma  prima o poi ci sarebbe riuscito anch'esso.
Non nascondevo l'amore che ancora provavo per lui, ma ero consapevole  che avesse sbagliato tante volte con me e che mi avesse portata  sull'orlo del precipizio, mi aveva distrutta psicologicamente e gran  parte della mia solitudine era stata causata da lui.
Non ne potevo più, volevo il cambiamento nella mia vita, volevo  riprenderla in mano e lasciarmi trasportare in dimensioni che non avevo  mai esplorato.
Volevo continuare a vivere e stare con un uomo del genere mi avrebbe portata soltanto al punto del non ritorno.
Nella penombra della stanza, all'improvviso, la porta si aprì lentamente, emettendo un breve cigolio quasi fastidioso.
Sentii dei passi avvicinarsi alla mia figura, qualcuno si sedette sul materasso e cominciò ad accarezzarmi i capelli.
"Amore..." – Mormorò.
Appena sentii quelle parole e non appena mi accorsi della voce di mio  marito, ovvero dell'uomo che reputavo tale, mi sollevai con il busto e  scesi dal letto per allontanarmi.
"Vattene!" – Urlai.
Mi guardò con lo sguardo assente, come se non capisse, come se non si  fosse accorto della mia conoscenza alle sue storie e alle bugie che mi  raccontava da anni.
"Che ti prende? Sei impazzita, per caso?" – Disse, alzandosi immediatamente e parandosi di fronte a me.
"Non ti caccio da questa casa, perché sono una persona migliore di te, ma voglio che tu te ne vada da questa stanza."
"Perché? Lisa, tesoro, che hai?"
"Non chiamarmi tesoro. Mi fai schifo." – Dissi, raccogliendo la rivista dal pavimento e scaraventandola contro il suo petto.
Si chinò a terra per afferrarla e non appena si rese conto della cosa  alla quale mi riferivo, aprì la bocca in senso di stupore e mi guardò  tranquillo, come se non avesse niente da nascondere.
"Non crederai mica a quello che hanno scritto! E' solo un'amica, siamo  usciti insieme un paio di volte ed è stata lei a baciarmi. E' stato un  comune bacio, non è stato niente per me. Lisa, devi credermi." –  Mormorò, guardandomi intensamente negli occhi.
"Non ti credo da un pezzo, Danny e non inizierò a farlo adesso."
"Lisa, per favore..." – Sussurrò, si avvicinò a me per baciarmi, ma fui più rapida di lui e riuscii a scansarlo.
"Non mi toccare. Sei un uomo orribile, mi fai pena." – Urlai,  sferrandogli un forte schiaffo sulla guancia, arrossandogli la pelle  chiara.
"Adesso mi metti anche le mani addosso? Sei solo una troia viziata!" –  Urlò a sua volta, spingendomi con forza contro il muro e colpendomi in  viso più volte, facendomi male.
Riuscii ad allontanarmi dalla sua presa, non piansi, nessuna lacrima  sfuggì via dai miei occhi, non gli avrei dato la soddisfazione di  vedermi debole per causa sua, non lo meritava.
"Permettiti un'altra volta e non vedrai più i tuoi figli." – Dissi, lo  minacciai e non utilizzai quella frase per metterlo a tacere, avevo  realmente intenzione di farlo, dopo aver conosciuto il suo lato  peggiore.
Non aveva mai alzato le mani su di me, non mi aveva mai parlato in quel modo e non si era mai permesso di fare una cosa simile.
Aveva superato il limite, il mio limite, o almeno era sul punto di farlo.
"Lisa, non puoi farlo, lo sai!" – Urlò, andandosene dalla stanza e  sbattendo la porta violentemente, lasciando che emettesse un tonfo.
Avevo bisogno di andare via.
Necessitavo di trascorrere qualche ora al di fuori di quelle quattro  mura che mi circondavano e mi asfissiavano, avevo bisogno di respirare e  di allontanarmi temporaneamente da quella casa.
Non mi importava sapere che ora fosse, era ormai notte inoltrata e  trovare qualche persona per strada sarebbe stato quasi assurdo.
Mi andava bene in quel modo, avevo bisogno soltanto di uscire e di  riflettere, anche se sfogarmi con qualcuno mi avrebbe aiutata a sentirmi  meglio.
Ero sola, con chi avrei dovuto farlo, se non con me stessa?





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