Dean x Reader - 7 | E' mio dovere

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Immagina di venire confortata da Dean dopo un lungo pianto. [Parole: 1537]

Abbassi la maniglia della porta della tua camera, tirandola verso di te e richiudendotela lentamente dietro, una volta entrata nella stanza. Non la chiudi a chiave; nessuno noterà la tua assenza, nel bunker. Nessuno sentirà, e a nessuno fregherà.

La prima, silenziosa e prevista lacrima si forma all'estremità del tuo occhio, percorrendo la guancia destra. Senza la forza né la voglia di mandarla via dal tuo viso, percorri la tua stanza in lunghi e silenziosi passi, raggiungendo il tuo letto a due piazze e sedendoti sul bordo di esso, la tua testa bassa, la schiena ricurva e i gomiti sulle ginocchia.

Non sei esattamente abituata a questa storia, ma sao benissimo come si svolge, ovvero come ogni volta.

Essendo generalmente una persona sorridente, buffa – spesso anche un po' troppo – che cerca sempre di vedere il lato positivo in tutto, piangere per te non è mai stata un'abitudine.

E' tua abitudine, invece, tenerti tutto dentro, non parlarne con nessuno – chi vuole ascoltare, dopotutto? Se qualcuno – al quale non sei molto legata – ti chiede come va, per la maggior parte delle volte o 1) lo dice per conversare, ma non si aspetta un monologo depresso sui cazzi tuoi; o 2) lo dice per sentirsi dire un veloce "tutto okay" da te, aspettando che tu gli chieda lo stesso e facendoti un monologo depresso sui cazzi suoi. Almeno questo funziona con quelli che definisci "amici". Succede solo a te forse. Il che significa che hai davvero dei begli amici, sì.

A dirla tutta, quando la situazione è come quella della seconda opzione, tu le persone cerchi di aiutarle, incoraggiarle. Dare consigli. Anche solo ascoltarle e offrire loro un po' di supporto. Ma al contrario, gli altri non lo fanno con te.

Perciò tanto vale non dire niente a nessuno e cercare di passarci sopra. Buttare nel mucchio anche un'altra giornata di merda, volta dopo volta. Continuiamo a sorridere, dai. Un altro sforzo.

Ma il mucchio prima o poi non regge più, e questo è ciò che succede. Il mucchio crolla, e tu con esso.

Ti chiudi ancora di più in te stessa, sul bordo del materasso, quando altre lacrime delle quali non hai il controllo scendono sul tuo volto.

Chiudi gli occhi, già gonfi e umidi, e ti prendi la testa fra le mani, massaggiandoti con forza le tempie nel disperato tentativo di far passare il dolore da esse proveniente, ma solo peggiorando il tutto.

Non hai nemmeno una ragione esatta per piangere. O almeno non una sola.

Lo stancante lavoro da cacciatrice, con buone probabilità di morte, ferite gravi – per te, ma soprattutto per Sam, Dean, chiunque tu conosca. I familiari che chiamano per sapere che fine hai fatto, preoccupati, talvolta arrabbiati con te, perché non ti fai vedere da mesi. Lo svago, cosa di cui avresti bisogno: staccare la spina, ogni tanto. Godersi delle giornate da normali esseri umani con i fratelli Winchester era una cosa a te sconosciuta. La mancanza delle persone che hai perso recentemente, che ti rosica il cervello in continuazione. La solitudine che ti perseguita da sempre, in parte affogata da Sam e Dean, ma ancora sulla superficie.

La pressione di tutte le cose a cui pensi nella tua vita, sempre di corsa, senza fermarti un momento, non avendo tempo di organizzare tutto – eccola, la ragione della maggior parte dei tuoi rari, silenziosi pianti.

I minuti passano in fretta, accompagnati dai tuoi sospiri, i tuoi lamenti soffocati, che presto diventano veri e propri singhiozzi che scandiscono i secondi.

Non provi nemmeno ad asciugarti il viso, perché sai che tornerebbe umido l'istante dopo. E poi, quello è il minore dei problemi. Le lacrime sono mute, inaudibili dall'orecchio di chiunque. Ciò di cui devi preoccuparti ora sono i singhiozzi che si ripetono uno dopo l'altro, ad un intervallo sempre più breve, arrivando a toglierti il respiro per un millesimo di secondo, e costringendoti ad espirare a lungo per riprendere fiato. Per poi ricominciare di nuovo.

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