2.Bentornata

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Eva sapeva che la sua migliore amica era un'entusiasta, ma rimase comunque stupita dall'accoglienza che le aveva riservato. Romina, infatti, appena l'aveva vista varcare la soglia del loro appartamento, aveva lanciato un urlo talmente acuto, da fare drizzare le orecchie a qualche cane nelle vicinanze. Eva si era persino aspettata che uno di essi le rispondesse ululando.
«Piano, Romina!» protestò annaspando ora che si trovava stretta nella morsa del suo abbraccio.

Eva, però, si lasciò stritolare volentieri. Doveva ammettere che nell'ultimo anno, cioè da quando era fuggita in Spagna, non era stata una buona amica; aveva dedicato a Romina giusto qualche frettolosa videochiamata o qualche distratto messaggino ma, nonostante la sua indisponibilità, l'amica era stata indulgente nei suoi confronti.

«Sono felice di vederti, in video non è bello come di persona!»

Eva non si liberò dalla presa dell'amica tanto facilmente e fu costretta ad ammettere di aver fame per fare in modo che Romina, sentendosi magari in dovere di sfamarla, si staccasse da lei

Mentre la ritrovata coinquilina preparava la colazione per entrambe, Eva entrò nella sua camera da letto, dove si prese un momento per processare il suo ritorno a casa.
Nel mondo animale la preda attacca solo se  braccata, quando c'è possibilità di fuga, invece, correre  è la scelta migliore. Ed era quello che aveva fatto Eva un anno prima, era  corsa via, per lasciarsi alle spalle il predatore.
Valencia, però, sebbene l'avesse accolta a braccia aperte, non era casa sua e a un certo punto Eva aveva cominciato a sentire la mancanza dei luoghi che più le erano familiari.

«Ma non avrai mica saltato le lezioni per aspettare me?» chiese Eva mentre raggiungeva Romina in cucina.

«Figurati, ne avevo solo una, stamattina. Ci vado pomeriggio in facoltà. Tu invece, che hai deciso di fare?»

«Mi sono riscritta al primo anno.»

«Bene.» commentò Romina mentre poggiava sul tavolo due caffè e del pane tostato con sopra una quantità di nutella tale da sembrare essere stata messa su con una cazzuola.

«Mi chiedo, però,» continuò la ragazza «cosa dirai ai tuoi.»

Eva aveva fatto di tutto per censurare quel pensiero. Aveva infatti, mentito ai suoi, ma non ne andava fiera; aveva detto loro che era stato offerto anche agli studenti del primo anno di partire per l'Erasmus e che lei ne aveva approfittato. Mamma e papà erano stati abbastanza ingenui da crederci e lei era stata altrettanto brava a non tradirsi. Tuttavia, è facile mentire se in mezzo a te e alla tua famiglia c'è il Mar Mediterraneo.

«Le balle prima o poi vengono fuori.» infierì Romina.

Eva sbatté la tazzina, che fino a quel momento aveva tenuto per il manico, sul piattino e guardò, torva, l'amica, la quale però, non si tirò lasciò scoraggiare.

«Eva, fino ad ora ho onorato la tua implicita richiesta di silenzio, e Dio solo sa quanto è stato difficile; sei la mia migliore amica e sei una delle persone a cui voglio più bene al mondo, ma non voglio fare più finta di niente. So che è successo qualcosa e mi pento di non averti costretta a parlarne prima della tua partenza; era palese che qualcosa non andava, sembravi essere lontana anni luce. Non farò lo stesso errore di allora, però, e ti impedirò di affrontare tutto da sola. Io ci sono, Eva, e anche i tuoi, perciò dacci un po' di fiducia.»

Eva addolcì lo sguardo. Il discorso accorato dell'amica aveva fatto breccia e i suoi occhi lucidi non l'avevano lasciata indifferente.

«Ti prometto che lo farò, ma dammi un po' di tempo.»

Romina si fece bastare quella promessa e per le ore successive non toccò più l'argomento. Fece piuttosto un milione di domande sulla Spagna e quando le ebbe esaurite cominciò a lamentarsi di come Analisi Matematica la stava facendo uscire fuori di testa.

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