17. Per te aspetterei pure un secolo

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«Quando ci fai conoscere Eva?» disse Chiara rivolta a Marta.
Era sera di sabato ed entrambe erano nella cucina di Sandra, sedute al tavolo; la padrona di casa, invece, stava cercando nella dispensa qualcosa da mangiare nell'attesa che la compagna tornasse da lavoro. Ilaria, però, era in ritardo.
«Vediamo, domani è domenica... che ne dici di mai?»
Quella battuta venne accolta con una risata da parte di Sandra, Chiara, al contrario, le rivolse un occhiata bieca.
«Andiamo, Sandra l'ha già conosciuta!» si lamentò subito dopo.
Chiara non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma odiava essere seconda a Sandra quando si trattava di Marta. La faceva sentire messa da parte.
«Io e Ilaria l'abbiamo conosciuta alla mostra del fidanzato di Ludovica.» intervenne, con tono di scuse, la padrona di casa mentre posava al centro del tavolo una ciotola piena di patatine.
Seguì qualche secondo di silenzio, durante i quali Marta e Sandra si scambiarono uno sguardo.
«Quindi, ha un nuovo tipo.» aggiunse Chiara fingendo indifferenza.
Le due ragazze si guardarono ancora una volta. Una parola sbagliata, sapevano, e l'umore dell'amica sarebbe stato compromesso per il resto della serata.
Ludovica e Chiara erano uscite assieme l'estate precedente, ma nessuna delle due aveva mai tenuto a conferire a quel rapporto il titolo di relazione vera e propria. A metà settembre, però, avevano smesso di vedersi e quello che alle amiche era chiaro, ma alle dirette interessate un po' meno, era che Ludovica, che aveva la capacità di focalizzarsi sull'obiettivo pari a quella di cucciolo di Golden Retriever, aveva giocato con i sentimenti di Chiara, la quale, invece, era rimasta sotto quel rapporto più di quanto affermava.

Marta si schiarì la voce e, cercando di riportare la conversazione in un terreno sicuro, disse:
«Avevo invitato Eva a venire qui stasera, ma lavorava.»
«Non hai detto che frequentava l'università?» chiese Chiara che era tornata all'umore originale.
«Sì, infatti, fa la cameriera nei fine settimana e ha cominciato a dare ripetizioni di Spagnolo.»
«Figo. Sapete, ho sempre voluto imparare lo spagnolo.»
«Non vorrai mica provarci con lei?» si intromise Sandra guadagnandosi il lancio di una patatina dritta sulla faccia.

Il rumore della porta dell'appartamento che si apriva interruppe le ragazze. Il volto di Sandra allegro e sorridente mutò in uno accigliato e arrabbiato e quando  Ilaria fu arrivata in cucina, ebbe modo di dire solo "ehi!" alle amiche prima che venisse attaccata dalla compagna.
«Avevi detto che saresti tornata verso le sette al massimo. Sono le otto!»
«Amore, mi dispiace, non ci sono riuscita, in laboratorio c'era molto da fare. Ti ho scritto, però.»
Sandra si alzò in piedi.
«Ho letto, ma non è questo il punto. Il punto è che abbiamo invitato le ragazze a cenare con noi e tu hai fatto tardi.»
Ilaria guardò Sandra in un modo che fece capire alle presenti che non aveva minimamente creduto al fatto che fosse arrabbiata per quel motivo.
Alla compagna non fregava nulla che le amiche avevano dovuto aspettare, quella scenata sembrava essere piuttosto la continuazione di una discussione pregressa.
«Non dire stronzate Sandra, ti ho scritto che avreste potuto ordinare nel frattempo, se vi andava. Non è colpa mia se non lo avete fatto.»
«E io che so che cosa vuoi mangiare?»
«Se avessi chiesto, te lo avrei detto e poi Sandra quando cazzo mai mi è importato di cosa mangiamo a cena?»
«È questo il punto non ti importa mai di niente!»
Ilaria tacque e rivolse alla compagna uno sguardo talmente duro che Marta trattenne il fiato convinta che la bomba sarebbe scoppiata. La ragazza però riuscì ad auto-disinnescarsi e dopo essersi passata una mano sugli occhi disse:
«Quello che prendete voi va più che bene, Sandra, meglio che vada a farmi una doccia, ora.»
Ilaria uscì di scena con passo pesante, mentre Sandra abbassava gli occhi, facendo un lungo sospiro.
Ci furono pochi secondi di silenzio prima che Sandra lasciasse la stanza di corsa per andare dietro la compagna. Quando la raggiunse in camera da letto, la discussione andò avanti. Marta e Chiara non riuscivano a capire quello che si stavano dicendo, ma il tono era inequivocabile.

L'impressione era che ci avrebbero messo ancora un po' prima di ordinare, Marta, quindi, andò verso il frigo e tirò fuori due birre che aprì con l'apribottiglie trovato nel cassetto delle posate.
«Ah.» disse Chiara improvvisamente guardando in direzione del corridoio che portava alla camera da letto.
«Cosa?»
«Non si sente più niente.»
Marta, che tornata a posto nel frattempo si era ficcata una manciata di patatine nella bocca, fece spallucce. Chiara, allora, si girò verso di lei e a bassa voce disse:
«Pensi che gliela stia leccando per farsi perdonare?»
Per un attimo, Marta,  temette di morire, poi però iniziò a tossire.  Le parole di Chiara l'avevano spiazzata, infatti, e aveva preso un  lungo respiro, dimenticandosi però che aveva la bocca piena.
«Ehi,» disse Chiara  dando un paio di colpi sulla schiena dell'amica «non mi rimanere secca!»
«Tu sei fuori!»
Chiara fece la finta tonta.
«Non hai risposto.»
Marta bevve un sorso di birra e, quando fu finalmente in grado di parlare, chiese a sua volta:
«Chi la sta leccando a chi? Non ho mica capito chi deve farsi perdonare, qui.»
Chiara scoppiò a ridere.
«Intendevo Sandra, ma anche tu hai ragione!»
Poi, tornò improvvisamente seria:
«Non so se voglio questo, sai?»
«Cosa?»
«Tornare a casa da qualcuno e litigare per la cena»
«Credo che la cena sia stata solo una scusa.»
«Appunto! Ma mi chiedo se sia questa la vita di coppia:  una routine passivo aggressiva fatta di pretestuose discussioni su chi deve caricare la lavastoviglie, quando in realtà vorresti rinfacciare alla persona ben altro.»
«Chiara, è inevitabile discutere con qualcuno quando ci vivi assieme. E a volte sì, ti attacchi alle stronzate perché è più facile che dire come ti senti sul serio.»
«Lo so, e non è che non voglia impegnarmi, però, boh....forse non ho ancora incontrato qualcuno per cui valga la pena litigare così.»
«Credimi è peggio quando non si litiga affatto.»
«Stai parlando di Silvia?»
Marta annuì. Non aveva preteso di nascondere all'amica l'allusione, tuttavia, sentire il nome di Silvia la infastidì.
Il fatto era che Silvia l'aveva lasciata  senza alcun motivo apparente. Nessuno ne aveva idea, neanche gli amici che le erano più legati e addirittura era sparita dalla circolazione. Aveva lasciato il suo appartamento e, presumibilmente, sin era rifugiata dalla sua famiglia la quale, però,  aveva mantenuto il segreto con Marta. Quando, infatti, la ragazza si era rivolta a loro per avere spiegazioni, né i genitori né la sorella le erano stati d'aiuto. Erano dispiaciuti, ma, Marta immaginava, erano leali verso Silvia.
«Credo che il problema tra te e Silvia è che lei è stronza. Punto.»  sentenziò Chiara.
Credo dobbiamo finirla qui, era stato questo il messaggio che Marta aveva ricevuto da Silvia e Chiara ne era stata testimone diretta  perché era insieme all'amica quando era accaduto.
Addirittura la ragazza aveva preso sul personale la rottura tra lei e Silvia; aveva sempre, infatti, fatto il tifo per loro e aveva creduto che fossero una di quelle coppie destinate a durare.
«Te lo ricordi Giancarlo, il mio collega?» disse improvvisamente.
«Sì, il ragazzo che era al tuo compleanno, giusto?»
Marta non capiva quel cambio repentino di argomento.
«Ha una ragazza,» continuò Chiara «si chiama Paola e fa la segretaria in uno studio dentistico.»
Con quell'affermazione fu chiaro perché l'amica aveva un aria colpevole: Silvia era dentista e quando aveva lasciato Marta era in procinto di cambiare studio.
«Fammi indovinare: Silvia è finita a lavorare nel suo stesso studio.»
«L'ho scoperto un mese fa quando i miei colleghi hanno organizzato una cena. Giancarlo ci ha presentato Paola e chiacchierando è venuto fuori il nome di Silvia. Le ho detto che la conoscevo e, a quanto pare, sono piuttosto amiche. Non ho  scoperto granché sul suo conto, ma non sapevo se dirtelo o no e intanto i giorni passavano.»
Chiara era mortificata, ma Marta non era arrabbiata con lei; solo, era curiosa di sapere cosa avesse scoperto.
«E cosa ti ha detto la tizia?»
«Silvia ha lasciato la casa in cui vi sareste dovute trasferire. Ha preso una stanza in affitto in una casa che divide con una donna più grande che, però, non c'è mai perché lavora sugli aerei. E si è presa un gatto...»
«Cosa?!» esclamò Marta «A me aveva detto di  volere animali! Ho anche insistito.»
«No,» disse Chiara alzando l'indice della mano destra «la stronza a te aveva detto di non voler prenderlo al rifugio. Il gatto che ha preso è un certosino e l'ha pagato un botto di soldi. Nel suo pedigree, probabilmente, c'è una laurea ad Harvard.»
Marta scosse la testa con disappunto.
«Infine,» continuò l'amica «sta con una ragazza di Milano da sei mesi. A quanto pare è una relazione piuttosto seria. Si vedono nel weekend, ma stanno entrambe considerando l'idea di vivere insieme o qui o a Milano.»
A sentire quell'informazione Marta non sapeva esattamente cosa dovesse provare. Onestamente era più infastidita dalla storia del gatto che dal fatto che Silvia si fosse gettata in una nuova relazione seria pochi mesi dopo averne mandata all'aria un'altra per motivi sconosciuti.
«Alla faccia del non sono riuscita a scoprite granché!» disse Marta.
Chiara rise.
«Sai come sono fatta. Ho cominciato a dire cose del tipo: "oddio, la Silvia è da una vita che non la vedo, come se la passa?". Ovviamente, non ho detto a Paola della vostra storia, le ho fatto intendere che Silvia era una vecchia amica che avevo perso di vista e mi faceva piacere sapere come stava. Alcune cose le ho scoperte facendo del sano stalking. Ho fatto male?»
Marta non sapeva se quell'ultima domanda di Chiara si riferisse  solo all'azione investigativa o anche al fatto di averlo tenuto nascosto. Comunque fosse, non era infastidita. Anzi era tenero che l'amica si fosse data da fare per lei.
«Ma no,» disse posando una mano su quella di Chiara, per tranquillizzarla «non hai fatto niente di male e capisco perché non me lo abbia detto subito.»

Dal corridoio finalmente spuntò Sandra.
«Scusate, ragazze...  dai ordiniamo, che si è fatto tardi.»
«Tutto bene?» chiese Marta.
Sandra sorrise.
«Sì, solo che non potevo lasciare perdere o la cosa avrebbe assunto proporzioni gigantesche.»
Marta annuì, ricambiando il sorriso.
«Avete fatto pace, quindi.» disse Chiara ammiccando.
«Sì, certo.»
Chiara diede un buffetto sulla spalla a Marta.
«Te l'ho detto che si stava facendo perdonare!» disse, mentre Marta scoppiava a ridere sotto lo sguardo perplesso di Sandra.
La cena trascorse tranquilla, Sandra non aveva indorato la pillola, lei e la compagna avevano fatto pace sul serio e finito di mangiare tutte e quattro si spostarono in salotto dove tra un caffè e un amaro rimasero a parlare fino all'una passate, quando i sbadigli di Ilaria, che faceva del suo meglio per tenere gli occhi aperti,  fecero capire alle ospiti che forse era il caso di andare.

Marta parcheggiò sotto casa che erano le due, oramai,  e si stupì quando vide Eva arrivare dalla direzione opposta alla sua.
«Ehi, bellissima!» disse quando furono vicine davanti al portone. Subito dopo, le posò un bacio sull'angolo della bocca.
Eva rispose con un sorriso stanco.
«Come mai torni così tardi?» chiese Marta mentre aspettavano l'ascensore.
«È stato un sabato infernale, c'era un tavolo di quindici persone che non si decideva a schiodarsi. La serata con le ragazze, invece?»
L'ascensore raggiunse il piano terra e molto cavallerescamente Marta tenne la porta aperta per Eva.
«È andata bene.» disse premendo il numero quattro.
Eva, confusa, chiese:
«Perché non hai spinto prima il tre?»
«Ti accompagno alla porta, non ci siamo viste per tutto il giorno, concedimi questo piccolo momento.»

Il "piccolo momento", però, presto  si trasformò in uno scambio appassionato di effusioni e le chiavi che Eva aveva inserito nella toppa erano appese lì ormai da parecchi minuti; Marta, infatti, con la scusa di darle una buona notte come si deve, aveva delicatamente spinto la ragazza contro la parete e  aveva cominciato a baciarla con passione crescente.
«È tardi, ma è difficile lasciarti andare.» sussurrò Marta a un certo punto mentre mordicchiava il collo di Eva.
«Non farlo, allora, vieni dentro e dormi con me.»
Eva, colta di sorpresa dalla sua stessa affermazione, spinse via Marta.
Evidentemente temeva che l'invito potesse essere frainteso e che quello che stesse chiedendo era qualcosa di più che condividere lo stesso letto per dormire.
Il problema era che in quella settimana il sesso non era ancora stato messo sul tavolo; Marta, però, era sicura di una cosa, non sarebbe stata lei a sollevare l'argomento.
«Oddio,  è uscita male...» cominciò a farfugliare Eva «l'ho detto così senza pensare...ma, forse è meglio di no.»
Marta sorrise rassicurante e  le poggiò una mano sulla guancia.
«Eva, solo perché mi inviti ad entrare a casa, non vuol dire che mi aspetto chissà cosa. Dormire con te e basta va benissimo per me.»
La ragazza le restituì il sorriso e, dopo aver mormorato un timido ok, finalmente girò la chiave nella toppa, per poi  prenderla per mano guidarla dentro casa.
Qualche minuto dopo, le ragazze erano strette l'una all'altra nel letto a una piazza e mezza di Eva. Marta aveva indossato uno dei pigiami di Eva; addirittura aveva chiesto esplicitamente quello coi panda che la ragazza aveva la mattina del loro primo bacio. L'aveva fatto con l'intento di prendere un po' in giro Eva e, infatti, si era beccata una cuscinata in faccia da quest'ultima.
Adesso, Marta, sdraiata sul lato destro, teneva stretta per la vita Eva e da qualche minuto aveva preso ad accarezzarle la spalla con le labbra, disegnando dei piccoli cerchi immaginari.
«Grazie per essere così paziente con me.» disse Eva interrompendo il silenzio che durava ormai da un po'. A Marta non servivano spiegazioni per sapere a cosa si riferisse la ragazza e, dopo aver dato un piccolo bacio sul suo collo, la strinse ancora di più sé, in modo da non lasciare alcuno spazio tra di loro, e rispose:
«Per te aspetterei pure un secolo.»

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