14. Chiedimelo di nuovo

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La sveglia non sarebbe suonata per un'altro paio di ore quella domenica mattina, ma Eva aveva lasciato le braccia di Morfeo da un pezzo.
Il suo riposo, quella notte, era stato disturbato da quanto accaduto la sera prima e ogni volta che la ragazza stava abbandonarsi al sonno, la sua mente veniva attraversata dall'immagine di Michele che l'afferrava per il braccio, facendo ritornare in superficie la paura e la vergogna provate.
A notte fonda, era riuscita ad addormentarsi, ma ancora una volta non doveva essere stato un sonno sereno, perché appena i primi raggi solari avevano attraversato la camera da letto, Eva si era destata.
Stare a letto e rigirarsi sotto il piumone, però, avrebbe solo peggiorato le cose, tanto valeva alzarsi e prepararsi per il turno del pranzo al ristorante, anche se con largo anticipo.

Lasciò la propria camera ed entrò in bagno in punta di piedi. Conosceva Romina e sapeva che l'amica la domenica era solita dormire fino a tardi, tuttavia non voleva correre il rischio di svegliarla ed essere quindi costretta ad averci a che fare. Reduce dalla discussione della sera prima, non era pronta per un altro round e Romina, che raramente lasciava perdere, lo avrebbe sicuramente preteso.

Alle nove e trenta, Eva era pressoché pronta per uscire; l'unica cosa che non aveva indossato era la camicia bianca, che, insieme ai pantaloni neri, componeva la sua divisa, preferendo rimanere ancora un po' coccolata dal tepore che la parte superiore del suo pigiama rosa con i panda disegnati sopra offriva. Mancava, infatti, ancora un'ora prima che fosse necessario uscire di casa.
Eva decise di utilizzare quel tempo per dare un'occhiata agli appunti di sociologia che aveva preso a lezione, presto, però, si rese conto che sarebbe stato tempo sprecato. La stessa cosa che l’aveva distratta la sera prima a lavoro e l’aveva fatta trovare impreparata di fronte a Michele, adesso la stava distraendo dallo studio e la definizione di social congnition continuava a sovrapporsi a quello che era successo due sere prima con Marta.
Valutò l'eventualità di cambiarsi e andare di sotto. Tuttavia, sebbene volesse chiarire con la ragazza, si sarebbe sentita una stupida a piombare a casa sua. Se Marta non l’aveva cercata il giorno prima, voleva dire che credeva non ne valesse la pena.

Stava ancora riflettendo sul da farsi, quando il campanello suonò.
Con enorme sorpresa di Eva, dall'altra parte c'era proprio la vicina, sul cui volto, la ragazza notava il suo stesso impaccio. Anche Marta aveva l'aria poco convinta di chi aveva fatto avanti e indietro su una decisione da prendere.

«Ciao, scusa il disturbo.» disse stringendosi nelle spalle «Vedo che ti stai preparando per uscire.»
«No, tranquilla, manca ancora un po' prima che debba andare a lavoro. Cosa posso fare per te?»
"Cosa posso fare per te?" ripeté nella propria mente Eva che adesso aveva voglia di dare una testata contro il muro. Che razza di frase era da dire alla ragazza che due giorni prima aveva provato a baciarla? Quella formalità era più adatta a una addetta vendite, piuttosto.
«A causa di un imprevisto sono dovuta andare in Germania e, così, ti ho portato una cosa.» rispose Marta indicando un contenitore di plastica che teneva per le mani «Sono tornata ieri, ma, ho messo piede a casa a mezzanotte e non era il caso di suonarti.»
Eva trattenne a stento un sorriso. La ragazza non l'aveva ignorata volutamente e, adesso, addirittura, aveva un pensiero per lei.
«Vieni entra.» disse facendosi da parte per farla passare.

Il contenitore che aveva in mano, spiegò Marta, conteneva dei biscotti al cioccolato fatti dalla donna che lavorava per la sua famiglia da decenni.
Eva apprese che la vicina, dopo il loro disastroso incontro,  aveva dovuto prendere di fretta un aereo per la Germania perché il nonno era venuto a mancare, cosa, però, che non sembrava sconvolgerla più di tanto.
Eva non se ne stupì, quando la sera che avevano cenato insieme, Marta aveva parlato della sua famiglia, che era rimasta in Germania, era stato palese che il loro rapporto non fosse idilliaco. Il che spiegava anche perché la ragazza aveva avuto fretta di tornare in Italia.
«Fransiska fa dei biscotti eccezionali,» concluse Marta «era un peccato non farteli assaggiare.»
Era un pensiero lusinghiero, ma ora che i convenevoli erano conclusi rimaneva l'enorme elefante nella stanza da affrontare e nel tentativo di prendere tempo, Eva relegò la sua ospite nel salotto, mentre lei si rifugiava in cucina con la scusa del caffè.
Quei pochi minuti di isolamento, le furono utili alla per ordinare i pensieri; avrebbe tagliato corto e chiesto scusa a Marta, decise, chiarendo che non c'era niente di sbagliato nell'aver provato a baciarla.

Nelle mie bracciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora