Eva vide Giorgia avanzare verso di lei con un entusiasmo che perfettamente si addiceva alla situazione.
Si trovava, infatti, in aula studio dove l'amica le aveva dato appuntamento. Giorgia, però, era arrivata in ritardo e
aveva la faccia di una che non avrebbe permesso che glielo facessero notare.
«Ehi, tutto bene?» azzardò a chiedere Eva.
«Odio la mia vita.»
L'affermazione suonava un po' esagerata e Eva credeva che avesse a che fare con Diritto Pubblico, materia che l'amica aveva cannato ben due volte. La ragazza, però, aggiunse sbuffando:
«Gli uomini sono dei cretini.»
A quanto pareva, la sua barcollante carriera universitaria c'entrava poco con il suo umore ma, banalmente, Giorgia aveva problemi di cuore.
«Si tratta di Alberto?» chiese Eva.
«Alberto? No! Lui ormai è acqua passata, siamo amici. Il cretino è il suo amico. Ieri abbiamo parlato di andare a bere qualcosa, ed ero convinta che intendesse solo noi due. Voglio dire, ad Halloween abbiamo passato il tempo a flirtare, tu che penseresti? Invece, ho appena scoperto che ha invitato anche i suoi amici. Anzi, perché non vieni anche tu stasera? Mi serve manforte, non conosco quasi nessuno. Ha persino invitato delle tipe, colleghe di corso.»
Il tono con cui Giorgia aveva pronunciato la parola tipe, aveva una sfumatura astiosa, tipica della gelosia.
«Stasera?»
«Sì, stasera. Porta anche Romina.»
«Non posso. Sono al ristorante.»
Non era una scusa. Sebbene fossero metà settimana, la signora Adele l'aveva chiamata quella mattina perché avevano un insolito numero di tavoli prenotati per quella sera e ai colleghi serviva una mano.
Eva, tuttavia, non era sicura che avrebbe accettato l'invito dell'amica, se non fosse stata impegnata. La sua diffidenza, infatti, non le permetteva di prendere alla leggera socializzare con persone che non conosceva.
Giorgia fece una smorfia e si mise a tirare fuori i libri dalla borsa.
«Da quando sei tornata, sei una guastafeste, fattelo dire.»
«Guarda che neanche prima ero il tipo che usciva ogni sera, te lo sei dimenticato?» protestò Eva ridendo.
Giorgia rifletté un attimo.
«Questo è vero. Ma speravo che la Spagna ti avesse cambiata. Living la vida loca, hai presente? Mi ti immaginavo andare in giro a bere litri di sangria e a ballare la samba per strada.»
«Mi sa che ti stai confondendo con il carnevale di Rio de Janeiro.» disse Eva ridendo.
L'amica continuò a prenderla in giro.
«Dimmi almeno che hai fatto strage di cuori! I ragazzi spagnoli sono fighi, perciò, capisco se hanno compromesso per sempre la reputazione di quelli italiani!»
L'espressione di Eva divenne improvvisamente seria; il riferimento alla sua vita sentimentale la fece sentire in colpa per non essere stata onesta con l'amica.
«Non c'è stato ragazzo spagnolo allora e nessun italiano adesso.» disse lasciando, però, Giorgia un po' stranita.
«Oddio, che ho detto? Eva, scherzavo, chi se ne frega. Anche io sono un disastro. Hai visto no? Faccio fatica a farmi invitare fuori.»
«Lo so che scherzavi e non hai detto niente di male. Quello che intendevo dire è che non c'è nessun ragazzo perché, insomma... c'è una ragazza.»
Eva aveva adesso la faccia di una che attendeva lo scoppio di un palloncino.
La bocca di Giorgia si aprì in una piccola o e le sue sopracciglia si alzarono. Sembrava stesse avendo difficoltà a trattenere i suoi muscoli facciali e che, in realtà, cercasse di apparire meno sconvolta di quello che era.
«Questo è uno scoop.» disse lasciandosi andare sullo schienale della sedia.
«È una cosa recente.»
«Quindi quando ci siamo conosciute tu...?»
Giorgia non concluse la frase, ma era chiaro cosa stesse chiedendo.
«No, allora non lo sapevo.»
«Adesso, però, tu...?»
Eva fece segno di sì con la testa e temette che Giorgia fosse sul punto di inventare una scusa e andare via.
La ragazza, invece, appoggiò le braccia sul tavolo che le separava e si sporse verso di lei.
«E dimmi la ragazza chi è? L'hai conosciuta qua o in Spagna?» disse ammiccando.
Eva mise le mani giunte in mezzo alle sue coscie e si strinse nelle spalle. Era un po' a disagio, doveva ancora farci l'abitudine.
«C'è stata una ragazza spagnola, ma adesso mi riferivo a un'altra ragazza.
In realtà l'hai incontrata.»
La fronte di Giorgia si accigliò per pochi secondi per poi distendersi in un espressione di stupore, che stavolta la ragazza non tento di mitigare.
«Romina?!» esclamò.
Eva a quella domanda assurda non poté fare a meno di scoppiare in una risata sguaiata, che fece girare le teste di tutti i presenti. Si ricompose in fretta, un po' imbarazzata per aver attirato l'attenzione, mentre Giorgia sembrava risentita, anche se la sua bocca era lievemente incurvata all'insù.
«Giorgia,» disse Eva cercando di non ridere «ho detto che l'hai incontrata, cioè che l'hai già vista, non che la conosci, perciò non può essere Romina.»
«In effetti... però, siete amiche da tanto.»
«Io direi da troppo per una cosa del genere. Si tratta di Marta, ricordi?»
«Il vigile del fuoco con poca fantasia per i vestiti di Halloween?»
Il tono velatamente polemico dell'amica fece ridere di nuovo Eva, stavolta, però, non si girò nessuno.
«Sì, lei.»
«E quella sera tu e lei, già stavate assieme?»
«No, ci vediamo da un paio di giorni, non stavamo assieme allora.»
In realtà, non era sicura che stessero assieme neanche adesso.
Quello che era successo la sera prima a casa di Marta faceva ben sperare, ma essersi scambiate dei baci sul divano un paio di volte, non era abbastanza affinché Eva si potesse definire la sua ragazza.
«È carina.» disse Giorgia.
«Lo è.»
«E devo ammettere che è anche sexy, la divisa le stava bene.»
«Sì, molto.»
Eva sentì che le proprie orecchie si stavano scaldando, ma Giorgia non infierì e disse in tono casuale:
«Ed ha un auto.»
«Quindi?»
«Può venirti a prendere a Loreggia.»
«Te l'ho detto, Giò, rimango a dormire dai miei stasera e comunque Marta è in caserma. Ora mettiamoci a studiare e diamo un senso a questo pomeriggio.»
Giorgia aprì il manuale di diritto controvoglia.
«Uno penserebbe che le persone queer siano divertenti, invece no. Anche tra di loro ci sono i guastafeste.»
«Ehi!» protestò Eva che, però, non poté fare a meno di sorridere quando Giorgia le fece l'occhiolino.
Una delle sue paure più grandi rispetto a fare coming out non era il rifiuto, ma l'imbarazzo che avrebbe potuto causare alle persone. Non le importava niente degli estranei, ma non sopportava l'idea che le persone a cui voleva bene potessero cominciare a sentirsi a disagio vicino a lei, impacciati come se stessero camminando in una cristalleria con uno zaino da escursionista sulle spalle.
Giorgia, invece, non lo aveva fatto e superato la sorpresa iniziale, aveva accolto la confidenza dell'amica con naturalezza. Era quello che Eva sperava accadesse con tutti, cioè, che cambiasse tutto senza che cambiasse niente e, per come la vedeva lei, non era una richiesta poi così irragionevole.Nonostante le premesse, la sessione di studio non si rivelò, poi, così fallimentare. Giorgia, inaspettatamente, riuscì a tenere la bocca chiusa per un'ora intera, fino a quando cioè aveva dichiarato che aveva bisogno di una pausa, dopo la quale, però, le ragazze non erano più riuscite a riprendere a studiare.
Eva rientrò quindi a casa, ma l'atmosfera gelida che trovò al suo rientro, le ricordò che quel pomeriggio aveva deciso di fermarsi in facoltà con la collega non solo per concentrarsi meglio.
Romina, che stava studiando seduta al tavolo della cucina, le aveva rivolto un saluto a mezza bocca e Eva che invece aveva bisogno di un caffè, per riprendersi da quello pessimo della macchinetta che aveva bevuto i facoltà, prese in considerazione l'opzione di uscire di casa e andare al bar. Poi, però, il buon senso prevalse.
«Mi faccio un caffè, ne vuoi uno?»
L'amica apparve leggermente stupita da quella offerta di pace e rimase interdetta per un paio di secondi.
«Ehm... sì, perché no?»
Eva accese la macchinetta del caffè dandole le spalle.
«Eva, senti, mi dispiace per ieri.» cominciò a dire la ragazza.
Eva si era aspettata una continuazione, Romina però non aggiunse altro.
«Ma...?» la incoraggiò, senza, però, voltarsi.
«Ma, niente Eva. Sei la mia migliore amica e, sì, avrei dovuto curarmi di meno di quello che provavo io e rispettare il tuo volere, ma io voglio solo che tu stia bene.»
«Dispiace anche a me, Romina,» rispose Eva, voltandosi finalmente «so che hai buone intenzioni e non è vero che sei una stronza. L'ho detto per ferirti e non te lo meritavi. Solo....»
Esitò, poso le tazzine che aveva preso, sul piano da lavoro e si sedette di fronte all'amica.
«Solo, Romina, ho bisogno dei miei tempi.»
Romina sorrise e quando vide che Eva aveva ricambiato, chiuse di colpo il libro e esclamò sorniona:
«Allora? Come stanno le cose con Marta?»
Eva rise imbarazzata mentre abbassava lo sguardo.
«Beh, lo hai visto da te, ci hai beccate sul divano.»
«Ok, ma ieri sera era a casa sua, no? Come siete rimaste? State assieme?»
«Boh? Io spero di sì, ma non so come la pensa lei. Abbiamo parlato di altro e poi comunque è presto.»
«E oggi vi vedrete?»
«Lavora. Ma mi ci siamo scritte prima.»
«Se sono cose spinte non le voglio sapere.»
Eva arrossì di colpo e si coprì il volto, mentre Romina aveva cominciato a ridere.
«Ro', ti prego!»
«Leva quelle mani dalla faccia che non ho detto niente di che!»
Eva ubbidì, anche se non era del tutto sicura di aver ripreso il suo solito colorito.
«Quindi è così che andrà da adesso in poi?» disse Romina seria.
«Eh?»
«Sì, tu che mi abbandoni per passare le serate sotto e io qui sola soletta a fare la calza.»
Romina fece finta di asciugarsi una lacrima, la serietà di prima era stata solo ingannevole.
«Ma smettila!»disse Eva, senza però, riuscire a trattenere un sorriso.
«Del resto,» continuò l'amica fingendo per un attimo la voce rotta «sapevo che prima o poi avresti abbandonato il nido per seguire la tua strada. Certo, se avessi dovuto scommettere avrei puntato piuttosto su un pompiere che non su una pompiera.»
«Non credo che pompiera si possa dire. A dirla tutta la denominazione corretta è vigile del fuoco.»
Romina la ignorò e andò avanti.
«Però, la divisa ha comunque il suo fascino e la sera di Halloween, beh Eva, non ti nascondo che Marta ha fatto venire degli strani pensieri anche a me.»
«Romina!»
A questo punto la ragazza non si trattenne più e scoppiò a ridere.
«Ti giuro che scherzavo. Nessun pensiero su Marta.»
«Vorrei ben vedere.» rispose Eva scoprendosi più gelosa di quello che pensava e la sua migliore amica che l'aveva capito ribatté:
«Tranquilla, che è tutta tua.»
«Sono contenta che vi siete trovate.» aggiunse la ragazza, stavolta senza alcun tipo di sarcasmo.
«Dici?»
«Sì, è carina, gentile, simpatica, premurosa.»
«Basta, Romina, o comincerò a pensare che non scherzavi prima.»
«No, dico sul serio. Poi sembri più....»
Romina fece una smorfia con la bocca e socchiuse gli occhi, mentre scrutava Eva.
«Più?»
«È che non ti ho mai visto quel sorriso sulla faccia.» concluse.
Eva arricciò il naso, imbarazzata.
«La fai sembrare una cosa stupida.»
«Al contrario, non lo è affatto. Vorrei trovare qualcuno anche io che mi faccia sorridere così.»
Eva si alzò, mise le braccia intorno alle spalle dell'amica e le diede un bacio sulla guancia.
«Certo che lo troverai.» disse «Anzi, troverai qualcuno che sorriderà come lo scemo grazie a te.»
«Aww...» rispose Romina intenerita.
Durò poco, però, perché un attimo dopo con la sua solita faccia tosta, mollando una pacca sul sedere dell'amica, disse:
«Adesso basta con le smancierie, muovi le chiappe e fai 'sti caffè!»
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Nelle mie braccia
RomanceEva, vent'anni e un trauma alle spalle, fa fatica ad aprirsi perché è piuttosto insicura del proprio aspetto fisico. Marta, vicina ai trenta, è una ragazza introversa che fa fatica a trovare l'amore a causa di una vecchia delusione. Marta e Eva si...