5. La prossima volta offro io

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Abbracciare la vicina di casa appena conosciuta poteva essere un gesto un po' azzardato, Marta ne era consapevole. Aveva, però, agito di istinto e sospettava che dietro i singhiozzi di Eva ci fosse molto di più della tristezza per non aver fatto in tempo a salvare il povero gattino e che il suo discorso, solo all'apparenza poco coerente, doveva celare un evento in qualche modo traumatico.
Perciò, Marta lasciò che Eva si calmasse tra le sue braccia senza dire nulla e solo quando, finalmente, il pianto cessò, mollò la presa.

«Oddio, scusami non so che mi è preso.» disse la vicina asciugandosi il viso con la manica della giacca.
La mia giacca, pensò Marta mentre nascondeva un sorriso divertito. Non le importava molto dell'indumento, anzi, se fosse servito a qualcosa avrebbe permesso addirittura a Eva di tenerlo.
«Non ti scusare, va meglio adesso?»
Eva annuì debolmente e Marta dovette combattere con tutta se stessa l'impulso di mettere a posto la piccola ciocca di capelli che era rimasta attaccata sul suo viso
«Forse è meglio che ti lasci tornare a casa, ti ho tenuta in ostaggio per troppo tempo.» disse la ragazza con un risolino imbarazzato, mentre rimetteva a posto la ciocca di capelli proprio come avrebbe voluto fare Marta.
«Romina è fuori, giusto?»

Il proposito di non girare premature commedie romantiche era ancora sul tavolo, ma Marta, quando Eva aveva bussato agitata alla sua porta, aveva intuito che la sua coinquilina non fosse in casa e, visto la crisi di pianto che aveva avuto, non le andava di lasciarla sola. Inoltre, in base alla loro ultima conversazione, che Marta ricordava perfettamente, la vicina non disdegnava la sua compagnia.
«Sì, è uscita a cena con delle colleghe e insieme sarebbero andate a una festa.»
Marta si domandò se la festa a cui era andata Romina fosse la stessa a cui aveva fatto riferimento Eva poco prima. Sarebbe stata una strana coincidenza se così non fosse stato.
«E tu hai cenato?»
«No, ero uscita per una pizza, ma poi ho trovato il gatto.»
«Che ne dici, allora, se vado a prendere le pizze e mangiamo assieme? Neanche io ho cenato.»
«Sei gentile, ma non mi va di approfittarne.»
«Figurati, Eva. Semplicemente nessuna delle due ha cenato, tanto vale farlo assieme. Ti va?»
Marta interpretò il mezzo sorriso di Eva come un sì.
«Forza, aspettami a casa, cercherò di fare prima possibile.»

Mantenne la promessa e dieci minuti più tardi, era già davanti all'appartamento di Eva.
«Ma quand'è che aggiustano l'ascensore?» si lamentò la padrona di casa, mentre portava le pizze in cucina. Marta nel frattempo si era diretta verso il bagno per lavarsi le mani.
«Il portiere ha detto che non lo sa,» disse una volta tornata in cucina «ma esiste la possibilità che mi abbia mentito»
Eva che stava mettendo le pizze sui grandi piatti che aveva apparecchiato sulla tavola, si fermò curiosa.
«Non gli piaccio e non fa nulla per nasconderlo.» spiegò Marta, mentre prendeva posto.
«Non ci credo!» commentò incredula la vicina mentre faceva altrettanto.
«Perché no? È perché sono uno zuccherino?»
Quella domanda era stata volutamente provocatoria, ma Eva rispose seriamente.
«Il signor Gino è un uomo gentile e anche un po' all'antica. Mi sembra strano quindi che con te sia scortese.»
«L'hai detto, è un tipo all'antica e, perciò, non è apertamente scortese, ma fa di tutto per non rivolgermi la parola.»
«Con me è tanto gentile. Mi chiede sempre come va.»
«Ci credo che con te è così, sei una bambolina.»
La frase era priva di malizia, questa volta, ma Eva arrossì comunque.

«Quello che voglio dire» Marta cercò di correggere il tiro «è che il tuo aspetto dolce e i tuoi occhioni azzurri attirano la simpatia di un uomo avanti con gli anni che magari ha una nipote quasi della tua stessa età. Con me è diverso. Voglio dire: guardami.»
Eva mise giù la fetta di pizza e la osservò perplessa.
«Il nostro portiere sicuramente non ha un debole per le spilungone con i capelli corti, che vanno in giro sempre in jeans, felpe o giacca di pelle. Per non parlare delle Dr Martens.»
«Oggi hai le sneakers, però.» la prese in giro Eva.
«Sì oggi ho le sneakers, e ti dirò di più, indosso anche vestiti e tacchi qualche volta. Ma da quando il portiere mi ha beccato in divisa....»
«Divisa? Che lavoro fai?»
«Sono un vigile del fuoco.»
«Allora, forse il signor Gino non ce l'ha con te, ma con i pompieri.»
L'ironia di Eva lasciava pensare che non aveva capito quale fosse il punto della sua ospite.
«Credo piuttosto che pensi che il mio sia un lavoro da uomo, il che aggrava molto di più la mia posizione.»
«Aspetta, perché dovrebbe essere un aggravante? E poi di che posizione parli?»
Eva appariva genuinamente confusa.
«Sul serio non hai capito di cosa stiamo parlando?»
L'espressione che Marta aveva sul viso doveva essere di fastidiosa indulgenza, perché la vicina di casa, la stava guardando di traverso, curiosa ma, allo stesso tempo, un po' offesa.
«No.»
«Eva, penso che il signor Gino non piaccia perché ha capito che sono gay.»
Eva adesso aveva la faccia di una che aveva appena avuto un'epifania e a Marta venne il dubbio che forse quel coming out non avrebbe dovuto darlo per scontato e che forse, quando l'altra mattina le era sembrato che la vicina stesse sottilmente flirtando con lei, aveva frainteso tutto.
«E chi se l'aspettava!»

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