8. Un fulmine non cade mai due volte nello stesso punto

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Al ritorno dalla festa, Romina aveva fatto finta di niente e non aveva preteso nessuna spiegazione su quello che era accaduto, tuttavia Eva era certa che Marta avesse fatto un resoconto della serata alla sua migliore amica, perciò, sarebbe stata questione di tempo prima che quest’ultima la tempestasse di domande, soprattutto in virtù del fatto che la mattina dopo, si sarebbero trovate entrambe sullo stesso veicolo per almeno quaranta minuti, un lasso di tempo sufficiente a Romina per condurre un interrogatorio degno della Guardia Repubblicana irachena.
Le ragazze, infatti, quel sabato sarebbero tornate a casa per il fine settimana e Romina si era addirittura portata dietro una valigia piena di vestiti sporchi da far lavare alla madre, nonostante a casa avessero una lavatrice perfettamente funzionante, classe A++.
L'amica, però, una volta seduta sul pullman,  sembrava più interessata alla sua cotta per la ragazza del piano di sotto che al motivo per cui avevano lasciato la festa.

«Hai intenzione di fare qualcosa con Marta?» chiese dopo che Eva gli aveva fornito una versione dei fatti censurata.
«Non so, Romina…non credo di piacerle in quel senso.»
«Ti è stata dietro tutta la serata.»
«Magari è solo gentile.»
«Ti ha fatto praticamente da infermiera, come fai a credere ancora che sia solo gentile?»
Eva alzò le spalle. Quando la sera prima si era ritrovata faccia a faccia con Marta, aveva percepito qualcosa,  come se la ragazza ricambiasse la sua attrazione, ma non poteva essere sicura di non aver frainteso.
«Andiamo, Eva!” insistette Romina «Ieri, quando sei entrata in cucina ti mangiava con gli occhi!»
«Ma va’!»
Eva diede una piccola spinta all’amica, ma non poté fare a meno di sorridere a quel pensiero.
«Sai,» ammise subito dopo, riluttante «credo che potrei averle fatto capire che mi interessa.»
«Cioè?»
«Le ho detto qualcosa del tipo che mi fa stare bene.»
«Wow!» commentò Romina sorpresa «Da te non me lo sarei mai aspettato.»
«Non so, mi è venuto naturale.» disse Eva timidamente.
«Perché, visto che io resto a dormire dai miei, non la inviti a cena a casa?»
«Non posso, lavoro al ristorante stasera.»
«Mmm, peccato.»
«Mica tanto, Ro’, ho chiesto io di lavorare stasera. Volevo avere una scusa per tornare a casa presto.»
Romina conosceva da troppo l’amica per chiedere spiegazioni per quella affermazione.
«Nonna Anna pranza da voi.» disse, senza alcun punto di domanda.
«Esatto e io verso le tre andrò via perché alle cinque devo essere a lavoro.»
«Tu vai a lavoro alle sei.»
«Sì, ma mia nonna non lo sa.»
Anna era la madre di suo padre e fin da quando Eva ne aveva memoria, aveva fatto di tutto per farla sentire inadeguata. Non lo faceva apposta, semplicemente la donna aveva da ridire su tutto e non c’era una volta che un complimento non fosse seguito da una congiunzione avversativa che introduceva una critica. La frase che ripeteva più spesso era “sei carina, ma dovresti perdere qualche chilo”.

Eva arrivò a Loreggia alle undici e mezza. Quando entrò dentro casa fu investita da un prepotente ma confortevole odore di cibo.
Salutò la madre e il padre, che le erano venuti incontro, con un bacio e dato che la nonna non era nelle vicinanze, la ragazza si illuse che non fosse lì con loro.
Nonna Anna, però, spuntò qualche secondo dopo dalla cucina, seguita dall’altra nipotina, Marika.
«E tu che ci fai qui?» disse Eva aprendo le braccia per fare segno alla cugina di andare ad abbracciarla.
Marika le si buttò addosso con troppa veemenza e scatenò la risata generale quando entrambe stavano per cadere.
«I miei sono stati invitati a pranzo da un collega di mamma, ma io mi rompevo andare, perché non conosco nessuno.» disse la ragazzina trascinando Eva in cucina.
«Sto aiutando a fare gli gnocchi.» aggiunse con orgoglio.
«Sai, Marika, tua cugina non mi aiutava mai.»  si intromise la nonna che aveva ripreso a tagliare a tocchetti l’impasto ai quali subito dopo Marika avrebbe dato la forma degli gnocchi.
Quella era una bugia. Eva quando era più piccola, offriva il suo aiuto in cucina, ma alla nonna non andava mai bene come la nipote svolgeva i compiti che le assegnava e così a un certo punto la ragazza aveva smesso di chiedere di dare una mano. Sarebbe stato da kamikaze, però, recriminarlo ad alta voce.
Si limitò, quindi, a scambiare un'occhiata di intesa con la cuginetta, avendo cura di non farsi beccare.

Nelle mie bracciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora