un segno

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«Vabbuó, ma n'aperitivo? Io domani non ci sono, non se ve l'ho detto» sentì Carmine fuori dal camerino. Era Loredana che parlava con le altre due colleghe.
«Teng 'na visita dal fisioterapista»

Lui le stava aspettando, siccome Patrizia non c'era, spettava a lui chiudere il negozio e di conseguenza doveva aspettare tutte e tre.

Erano le sei e dieci, la giornata non si era più movimentata e la cosa positiva fu che finalmente staccó molto prima del solito orario. Non succedeva da settimane.
Si affacciò alla vetrata, il cielo era grigio e non aveva nemmeno l'ombrello dietro. Sperava non si mettesse a piovere.
Quando uscirono, Loredana gli ripetè che sarebbero andate a fare un aperitivo lì vicino. Estesero l'invito anche a lui, ma Carmine rispose che aveva un amico a casa per cena, cosa che era vera, ma per Loredana non sembrò essere così.

«Vabbuó» disse Loredana, una parola che aveva sempre sulla punta della lingua «Come non detto» disse mettendosi una mano nei suoi ricci biondi tinti. «Ci vediamo sabato, allora»

«Ciao ragazze, buona serata» salutó cliccando il tasto del telecomando della cler e si diresse verso la sua Cinquecento.
Entrato in macchina, prese il cellulare per scrivere un messaggio a Sara, dicendole che sarebbe passato per quell'ora per prendere Futura e che ci sarebbe stato Filippo a cena da lui.

Qualcosa però, gli impedì di scrivere alla suocera.

Aveva un messaggio non letto da una persona, ricevuto alle quattro e quarantasette di quel pomeriggio.
Dovette ricontrollare cinque volte il nome del mittente perché non riusciva a concepire nulla di quel messaggio se non la sua assoluta stranezza.

Già che Rosa gli avesse scritto era un bel quesito. In aggiunta, il messaggio sembrava scritto da chiunque purché da lei. E poi la canzone, che conosceva e che non aveva voglia di ascoltare. Perchè?

È uno scherzo pensó.

La stessa cosa che pensó quando la rivide.

Qualcuno si stava spacciando per lei, forse.

Poi tornó serio, anche se c'era veramente poco di serio in tutta quella storia. Una commedia. Tragicommedia. Come sempre.

Si chiese quale fu il processo mentale che la spinse a scrivergli così e gli venne un po' da ridere.

Sbattè il capo sul appoggiatesta del sedile, sperando sempre in quella botta che gli facesse dimenticare tutto, poi pensó che sarebbe dovuto andare a prendere la figlia.
Quindi avvisó Sara e partí.
Ma comunque, a Rosa non lasció nessuna risposta. Non sapeva neanche cosa avrebbe potuto dirle. Cioè, come avrebbe dovuto rispondere a quel messaggio, se mai avesse voluto?

Un grazie? Grazie per avermi mandato una tua canzone?

Se le cose fossero state diverse, probabilmente lei sarebbe ancora su quel sedile vuoto a rubargli il telefono dalle mani e criticare le sue canzoni.

«Ma c' tien sittant'ann?» la sua risata che sentiva solo nelle sue orecchie non se ne andava via.

Si fece far uscire un altro ghigno dalla bocca, tanto era da solo, non doveva dare spiegazioni a nessuno. Solo a se stesso.

Perché ridi, Carmine?

Ridere fa bene, ma l'avrebbe ignorata lo stesso.

Fu salito dalla tentazione di mettere Nisciun e collegarla al bluetooth della macchina, infatti così fece. Anche se qualche istante prima non aveva nessuna voglia di ascoltarla.

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